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Montelongo: "Il Milan mi prese come terzino, ma non era il mio ruolo. Fui intimidito da tutti quei campioni"

ESCLUSIVA MN - Montelongo: "Il Milan mi prese come terzino, ma non era il mio ruolo. Fui intimidito da tutti quei campioni"MilanNews.it
mercoledì 8 maggio 2024, 16:00Che fine ha fatto?
di Gaetano Mocciaro

Che fine ha fatto Bruno Montelongo? Nella nostra rubrica alla ricerca dei vecchi rossoneri di cui abbiamo perso le tracce ritroviamo l'esterno uruguayano, arrivato in rossonero nell'estate del 2010 e successivamente trasferitosi al Bologna. Tornato da qualche anno in patria, Montelongo oggi ha 36 anni, gioca ancora e ha idee chiare per il futuro. In esclusiva per MilanNews.it.

Bruno Montelongo, cosa fai oggi?
"Gioco in un squadra piccola che si chiama Villa Espanola, seconda divisione uruguayana. Qui c'è un calendario diverso, infatti Iniziamo a giugno".

Nel frattempo hai anche cambiato ruolo, rispetto ai tempi del Milan
"Questa è una cosa che voglio chiarire subito. Io non sono mai stato un terzino, bensì un esterno di centrocampo o un numero 8".

Da cosa è nato l'equivoco?
"Guarda, io dovevo andare al Palermo. Era tutto fatto, il mio procuratore Paco Casal trova l'accordo con Maurizio Zamparini per un contratto di cinque anni. Poi il presidente ci fa capire che vuole mandarmi in prestito per un anno, allora Paco ha rifiutato e mi ha portato al Milan, ma da terzino destro perché ci sarebbero state più possibilità di essere ingaggiato".

E così sei finito in rossonero, dove però non hai giocato mai
"Casal aveva avvertito il Milan, dicendo che avrei avuto bisogno di 3-4 mesi per adattarmi. Speravo in effetti che dopo qualche mese avrei avuto una chance, ma evidentemente il mio livello non era sufficientemente buono".

Così ti ha detto l'allenatore?
"No, sono io che sono andato a parlare con Mauro Tassotti per sapere se qualcosa non andava. Lui mi ha risposto che mi vedevano come esterno di centrocampo e non come terzino. E per come giocava la squadra non c'era possibilità. Sia per il sistema di gioco di Allegri, sia perché anche se avessi voluto giocare a centrocampo davanti c'erano mostri sacri come Pirlo, Gattuso, Seedorf, Ambrosini. I migliori erano lì".

Insomma, l'escamotage del tuo procuratore ti è valso l'ingaggio ma non il campo
"Paco mi diceva: se diventi un po' più aggressivo vedrai che puoi giocare a tutta fascia. Ma con Zambrotta e Oddo, più un giovane Abate non c'è stato niente da fare".

L'unico gettone è con la Primavera, segni anche un gol
"Poca cosa per me. Alla fine venivo dalla Serie A uruguayana, sfidavo le grandi squadre del paese in stadi grandi. Il livello della Primavera era davvero troppo facile, come tornare indietro alle giovanili al mio paese".

Certo, dal piccolo River Plate di Montevideo al Milan c'è un bel santo
"Ti dirò che questo shock è quello che non mi ha permesso di trovare spazio. Questi giocatori li vedevo alla playstation, poi all'improvviso me li ritrovo compagni di squadra. Ricordo la fila dello spogliatoio: Ronaldinho, Montelongo, Ibrahimovic. Il brasiliano, poi, non lo dimenticherò mai quando mi ha visto per la prima volta. Per prima cosa mi dice: 'Hola, Bruno'. Pensavo: 'Ma davvero Ronaldinho sa il mio nome?'. E mi ha subito dato il suo numero di telefono, dicendomi: 'Per qualsiasi cosa sono a disposizione'".

Con chi andavi più d'accordo?
"Per una questione di lingua e affinità culturale con i brasiliani, ma in generale con tutti i sudamericani. Cercavo di ascoltare tutti, che erano dei fenomeni".

Qualcuno che ti ha sorpreso maggiormente?
"Ibrahimovic. Un uomo con quel fisico, così grande eppure così tecnico mi ha lasciato senza parole. Faceva impressione, anche per la sua presenza. Ricordo ancora quando vidi dalla tribuna il suo scontro con Materazzi...".

A proposito di scontri, siamo nel 2010, l'anno dell'incredibile rissa Ibra-Onyewu
"Non ci crederai ma in qualche modo ho contribuito a questa rissa (ride, ndr)".

Addirittura?
"Sì, tutto è partito da una partitella in cui ero nella squadra di Ibra. C'è stato prima uno scontro dove i due si contendevano il pallone e Ibra ha fatto chiaramente fallo. Fermiamo l'azione, ma Ibra no, mi passa la palla e mi intima di proseguire: 'Bruno, fai gol. Se il mister non fischia devi continuare. Fai gol'. Ed era arrabbiato".

E tu?
"Sono titubante, ma alla fine faccio la giocata, gol. Onyewu va per riprendere il gioco e vedo Ibra che prende la rincorsa e fa un salto in lungo con tutte e due le gambe, su Onyewu. Una patada per fargli chiaramente male. Onyewu vede, fa in tempo a saltare ed è pronto a scontrarsi faccia a faccia. Ed è partita una lite epica: due giganti, due dinosauri. Era impossibile dividerli tanto erano grossi, non so quanto sia durata ma fu qualcosa di pazzesco".

È vero che ti voleva il Manchester United?
"Sì, quando non trovavo spazio al Milan il mio procuratore mi ha detto: vieni, parliamo un po': hai questa possibilitò di andare allo United, ho parlato con Sir Alex Ferguson. Aveva visto qualche video e gli ero piaciuto. Poi non so cosa sia successo, perché non se n'è più fatto nulla".

Si è concretizzato invece il passaggio al Bologna
"C'era anche il Napoli su di me perché c'era l'eventualità che dovessi rimpiazzare Maggio, che poi non è partito. Quindi vado al Bologna, dove avrei avuto più chances di giocare, inoltre per me ambientarmi era facile, dato che c'erano già 4 uruguayani. Purtroppo mi faccio male al ginocchio e non metto piede in campo".

Credi che i problemi fisici abbiano condizionato la tua carriera?
"Tantissimo. Mi sono fatto male al ginocchio sinistro tre volte. La prima volta potevo andare al Real Madrid, ma mi faccio male. Poi al Bologna e una terza volta nel 2020. Ricordo con affetto che dopo lo stop a Bologna mi hanno chiamato tutti i giocatori del Milan per rincuorarmi. Non me l'aspettavo".

Hai già pensato a cosa fare una volta appesi gli scarpini al chiodo?
"Mi sono già attivato, ho fatto il corso di allenatore e potrei già allenare qui. Diciamo che un ruolo in cui mi vedo fra due-tre anni, devo solo prepararmi. Ho un mio piano: prima l'Uruguay, poi una grande squadra sudamericana, poi l'Europa".

Segui ancora il Milan?
"Certamente. Vedo Théo Hernandez e ripenso: pensa se ce l'avessi fatta, quello poteva essere il mio posto".

Rimpianti?
"Sono stato troppo umile, timido. Il troppo rispetto per i campioni che erano di fronte a me è stato controproducente perché in fin dei conti eravamo compagni di squadra. Diciamo che sarebbe stato meglio andare prima al Bologna, per avere un impatto meno traumatico e farmi trovare pronto. Passare da uno stadio lo di 5mila persone in Uruguay a San Siro per me era un passo troppo grande".

Consigli per gli acquisti dall'Uruguay?
"Io dico al Milan, tieni d'occhio Luciano Rodriguez. Esterno d'attacco, 20 anni, gioca nel Liverpool di Montevideo. Ha vinto l'anno scorso il Mondiale dell'Under 20, per me è da prendere subito prima che sia tardi. Anche perché voglio raccontarti questo aneddoto..."

Prego
"Nel 2017 sono andato a giocare in Spagna, all'Extremadura. Ho fatto amicizia col boss della squadra. Quando sono tornato in Uruguay mi ha chiamato per chiedermi se ci fossero dei giovani uruguayani a basso costo che potessi suggerirgli. Gli dico: 'Guarda, qui al Fénix dove gioco io c'è un ragazzo davvero forte, si chiama Manuel Ugarte. Prendilo'. Costava 3 milioni più il 10% per futura rivendita, hanno ritenuto che fossero troppi. L'ha poi preso il Famalicao, poi lo Sporting e infine il Paris Saint-Germain per 60 milioni. Diciamo così, un po' di occhio per i buoni giocatori ce l'ho (ride, ndr)".