Ascoltare la piazza è intelligenza o debolezza? Il caso Lopetegui è uno specchio fedele dei tempi rossoneri. Maggio mese di ricordi ma soprattutto di decisioni future

Ascoltare la piazza è intelligenza o debolezza? Il caso Lopetegui è uno specchio fedele dei tempi rossoneri. Maggio mese di ricordi ma soprattutto di decisioni futureMilanNews.it
venerdì 3 maggio 2024, 00:00Editoriale
di Luca Serafini

L'ostracismo dei tifosi del Milan nei confronti di Julien Lopetegui ha riempito le cronache dei giornali sportivi europei. A quelli oltre confine può apparire persino un po' isterico ed eccessivo, ma a quelli di casa nostra lo scenario dovrebbe essere più chiaro o - comunque - affrontato con una visione d'insieme ampia e approfondita.

Il tecnico spagnolo avrebbe un curriculum persino migliore di Thiago Motta e De Zerbi, per esempio, ma questi ultimi due sono decisamente più esperti di serie A e in generale del nostro calcio, avendoci giocato e avendoci allenato. Il tifoso rossonero è convinto di avere un prototipo competitivo, sebbene migliorabile con qualche acquisto mirato, ma di avere necessità di un pilota sicuro, di una guida esperta. Lopetegui avrebbe potuto essere un profilo appetibile se il congedo da Stefano Pioli fosse stato più edulcorato dalla conquista di un altro trofeo, dopo lo scudetto del '22, o da una stagione assai diversa da quella deludente che si sta chiudendo. In questo momento, però, un profilo un po' contraddittorio come quello dello spagnolo non convince perché non è associato alle ambizioni che la gente si aspetta di condividere con il club.

Mi interrogo su questo tema, infatti. Fare retromarcia dopo un'ondata così imponente e decisa in contrasto alla candidatura di Lopetegui, è simbolo di debolezza o di intelligenza? Poco meno di 4 anni fa il Fondo Elliott decisa di soprassedere all'ipotesi Rangnick non perché la piazza lo osteggiasse, ma perché obiettivamente la squadra aveva iniziato un percorso di gioco, risultati e chimica con Pioli (condiviso e supportato sia da Maldini dirigente che da Ibrahimovic giocatore) che fecero pensare a un rischio inutile un cambio del pilota. Vero che se un'azienda crede ciecamente, follemente, incondizionatamente in una cosa, dovrebbe perseguirla ad ogni costo anche a costo di sfidare l'umore popolare, ma questo vale secondo me più per un giocatore che per un tecnico. Qualcuno di voi ricorderà come (in assenza dei social) la tifoseria aveva contestato la scelta dello juventino Pippo Inzaghi che aveva fatto privare il Milan di Zenoni, gioiello in erba dell'Atalanta, tanto per fare un esempio. Del resto la piazza, o una parte di essa, è anche quella convinta che Sacchi (e Guardiola) il calcio lo abbiano peggiorato e non migliorato, che Ancelotti sia un fortunato catenacciaro, che Capello vinceva solo grazie ai campioni a Milano, Roma e Madrid. Potrei andare avanti per ore. Parte della piazza, oggi, non vorrebbe neppure Conte... Non ha convinto tutti Gesù Cristo, figuriamoci un allenatore di calcio.  

Qui, adesso, siamo di fronte a un bivio profondamente diverso. L'idea Lopetegui si fonda (si fondava) sulle sue idee di gioco e sulla possibilità di lavorare in sintonia con le strategie societarie, ma il solo accostamento a club come Wolverhampton e Siviglia ha suscitato malumore, per definizione, mentre le sue parentesi alla Nazionale spagnola e al Real Madrid furono piastrellate da contraddizioni soprattutto caratteriali.  

Questa vicenda rispecchia bene lo scenario che si vive in quest'epoca dalle nostre parti. La squadra è tornata competitiva, per piazzamenti e partecipazioni, in Italia e in Europa, ma è il momento di alzare ulteriormente l'asticella e rinnovare le ambizioni perché la storia parla di trofei, non piazzamenti e partecipazioni. Quelli sono tornati ad essere raggiunti con regolarità, ma sono le coppe e i titoli a dover fare la differenza.

Non c'è nessuna certezza che chiunque altro al posto di Lopetegui possa arrivarci prima e meglio, a Casa Milan lo sanno benissimo. Non credo nemmeno alla narrazione di mini schieramenti interni dove Tizio sarebbe l'allenatore di Moncada, Caio quello di Furlani, Sempronio quello di Ibra e a cascata ognuno avrebbe il suo candidato come per una lista civica indipendente. Lo trovo singolare e vagamente oltraggioso. Di sicuro, è il momento che ci siano coesione e unità di intenti: ogni scelta importante è discussa e sofferta, poi però la decisione dev'essere condivisa e sostenuta.

Cosippure la squadra ha il dovere di sposare una compattezza clamorosamente mancata nelle ultime 2 tormentate settimane, per arrivare seconda e toccare gli 80 punti: non sarebbero un contentino, ma una dimostrazione della presa in carico di responsabilità, rispetto e senso del dovere. Un impegno nei confronti dei tifosi.

Maggio è il mese dei ricordi, della storia: scudetti, coppe (tra poco sarà il trentennale di Milan-Barcellona 4-0), gioie e qualche cocente delusione. In questo momento è invece il confine tra presente e futuro per cui servono armonia, lucidità, visione. E, ancora una volta, coraggio.