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Un povero Diavolo cade per la seconda volta

di Davide Bin

A questo punto viene spontaneo pensare che la tripletta di Pazzini a Bologna sia stata la classica "foglia di fico" che ha mascherato le "vergogne" di un Milan non trascendentale nemmeno al Dall'Ara, ma che addirittura a San Siro ha mostrato il peggio di sè nelle due partite di campionato disputate; dopo la Sampdoria anche l'Atalanta fa festa sul prato semi-sintetico dove i rossoneri non hanno mai nè vinto nè segnato in partite ufficiali ed è già giunto il momento di profonde riflessioni per capire cosa stia succedendo ad una squadra che sarà sì indebolita, ringiovanita, rinnovata, ma che è troppo brutta per essere vera; mi spiego: mi rifiuto di pensare che, presi singolarmente, i componenti della rosa del Milan e in particolare gli undici giocatori schierati nelle formazioni di partenza da Allegri siano inferiori ai colleghi di Sampdoria e Atalanta, quindi si può essere d'accordo con chi sostiene che il problema sta nella testa, perchè questa squadra è bloccata, impaurita, spaventata e ogni giocatore aspetta che sia qualcun altro a trascinare i compagni. Il pallone scotta fra i piedi, la mente non è serena e si assiste con impotenza ad errori grossolani e impensabili per giocatori di serie A. Eravamo preparati ad un Milan diverso (in peggio) rispetto alla passata stagione, ma così è troppo e, soprattutto, è difficile vedere l'uscita dal buio tunnel della crisi in cui la squadra si sta infilando; la partita contro l'Atalanta era un banco di prova importantissimo per dare continuità al successo di Bologna e provare a fare il salto di qualità e averla fallita è grave, soprattutto per le ripercussioni che potrebbe avere su un ambiente già depresso e che rischia di vedere l'autostima scendere a livelli minimi. L'Atalanta non ha rubato nulla, ha giocato con ordine e compattezza, chiudendo tutti i varchi ad un Milan che, comunque, si bloccava già da solo, visto che era già di per sè senza gioco e senza idee; i bergamaschi non si sono limitati a difendersi, ma si sono proposti pericolosamente anche in avanti, una volta capito che i rossoneri erano ben poca cosa; vittoria tutto sommato meritata, quindi e questo è ciò che più preoccupa, anche se, come successo nella partita contro la Sampdoria, il Milan avrebbe potuto anche evitare la sconfitta nel generoso finale all'assalto, se uno dei tanti palloni vaganti in area fosse stato deviato in rete da un piede di un giocatore rossonero, invece di attraversare in modo innocuo lo spazio davanti alla porta di Consigli. Una brutta sconfitta, non c'è che dire e all'orizzonte c'è l'esordio in Champions League, sempre a San Siro e bisogna assolutamente evitare un terzo capitombolo che aprirebbe scenari impensabili e potenzialmente devastanti.

San Siro è ancora una volta semivuoto; le cifre ufficiali parlano di quasi 35000 spettatori, ma presuppongono che tutti gli abbonati siano presenti e, sinceramente, non mi sembra proprio così; anche da Bergamo non c'è stato l'esodo che si era visto in altre occasioni e l'unico settore abbastanza pieno è la Curva Sud, in cui ci sono alcuni vuoti ma anche molti tifosi bresciani, gemellati con quelli rossoneri e rivali di quelli bergamaschi. Insomma solito stadio desolatamente mezzo vuoto ma la curva tenta in tutti i modi di sostenere i ragazzi con un buon tifo prima, durante e anche dopo la partita, provando in tutti i modi a coprire gli impietosi fischi del resto della stadio con cori di incoraggiamento nonostante la deludente sconfitta. Allegri propone una squadra con una difesa tutta italiana (Abate, Acerbi, Bonera e Antonini), un centrocampo con capitan Ambrosini affiancato da due olandesi (De Jong e Emanuelson) e un attacco con Pazzini ed El Shaarawy supportati da Boateng. Nessun stravolgimento tattico e pochi cambi anche a livello di formazione per tentare di trovare un po' di continuità, ma nonostante tutto il gioco non decolla, in un primo tempo con molte ombre e poche luci: la manovra è frammentaria e confusa, mancano ordine, geometrie e idee e l'unico che prova a dare tutto ciò è proprio chi avrebbe tutto il diritto di essere spaesato, cioè De Jong, alla prima da titolare in una squadra in cui è arrivato da poco tempo; l'olandese si piazza davanti alla difesa, a volte in fase di inizio azione fa addirittura il centrale aggiunto e si mette in mostra con il suo dinamismo e con un gioco magari semplice ed elementare ma preciso e ordinato, laddove molti suoi compagni di distinguono solo per la confusione e per errori madornali, come quelli di Antonini e Acerbi che nella stessa azione regalano per ben due volte la palla agli avversari e vengono graziati solo dal palo che respinge il rasoterra di Denis. Lo spavento risveglia un po' i rossoneri dal torpore e, finalmente, si vede un tiro in porta da parte di El Shaarawy, ma Consigli è attento e reattivo sulla velenosa conclusione del Faraone e anche sul clamoroso tentativo di autorete di Bellini. Le due squadre giocano praticamente alla pari e già questo non è un buon segnale, visto che per logica e blasone ci si attenderebbe un Milan più convincente rispetto all'avversario che, invece, tiene il campo con ordine e non disdegna di spaventare spesso e volentieri Abbiati e tutti i tifosi rossoneri sugli spalti, sempre più sconcertati e solo occasionalmente rincuorati da qualche conclusione da lontano (Ambrosini, ancora El Shaarawy e Boateng, ma sulla prima due è attento Consigli, mentre la terza non inquadra la porta).

Nessuna buona novità nella ripresa: il Milan non decolla ed è l'Atalanta a rendersi più pericolosa. Nemmeno l'ingresso di Nocerino al posto di Ambrosini cambia l'inerzia della partita, perchè il Noce è la pallida copia del magnifico incursore ammirato nella scorsa stagione e ha le polveri bagnate anche davanti alla porta nell'unica occasione in cui un pallone vagante gli passa vicino proprio a pochi passi dalla rete. E siccome al peggio non c'è mai fine, arriva il gol dell'Atalanta a complicare ulteriormente le cose: il diagonale di Cigarini è preciso e velenoso, ma Abbiati forse va giù troppo lentamente e viene inesorabilmente battuto. Una partita già tutta in salita diventa una sorta di Mortirolo ripidissimo da scalare per gli uomini di Allegri, che tenta il tutto per tutto mandando in campo Bojan, ma incredibilmente ad uscire è El Shaarawy, uno dei più attivi e che poteva essere utile in un finale tutto all'assalto, visto che era stato suo il tiro in porta più pericoloso della ripresa fino a quel momento, che poteva essere vincente se fosse stato un po' più angolato. A volte bisogna osare qualcosa per raddrizzare una partita, mentre Allegri si limita a sostituzioni fra pari ruolo, senza azzardare cambi di modulo o assalti all'arma bianca con tante punte e la conferma viene dalla terza ed ultima sostituzione, con Constant al posto di Emanuelson, molto generoso ma spesso evanescente. Come contro la Sampdoria il Milan è anche un po' sfortunato e l'emblema è un pallone che attraversa tutta l'area e che ben tre rossoneri (Boateng, Acerbi e De Jong) non riescono a deviare in rete per una questione di millimetri. Il Milan è smarrito e confusionario e la generosità da sola non può bastare, mentre l'Atalanta è sempre più sicura e convinta e non soffre poi troppo per contenere lo sterile tentativo di rimonta dei rossoneri: cross sbagliati sia in movimento che da palla ferma (corner), Pazzini che riceve pochi palloni e, soprattutto, difficili da giocare e, così, la vera occasione è quella dell'Atalanta, con Moralez che costringe Abbiati alla miracolosa deviazione sopra la traversa. Il doppio passivo sarebbe stato umiliante per un Milan generoso e poco più, ma la sostanza non cambia e la sconfitta arriva comunque e viene accolta con i fischi dallo sconcertato e deluso popolo rossonero.

Difficile capire e stabilire se sia una quastione di gambe, di testa o di chissà cos'altro, ma bisogna fare in fretta a rianimare una squadra senz'anima; serve una scossa ma è difficile trovare il "defibrillatore", cioè il giocatore che riesca a trascinare i compagni; la sensazione è che più che Ibrahimovic o Thiago Silva, comunque fondamentali, a questa squadra manchi la "vecchia guardia", cioè quei giocatori che erano le colonne portanti dello spogliatoio e davano l'esempio, anche e soprattutto nei momenti difficili. Il Milan ha sempre avuto un gruppo di "senatori" che ora non c'è più e la mancanza si comincia ad avvertire in modo preoccupante. Questo è davvero un povero Diavolo e San Siro è diventato terra di conquista nelle prime due partite casalinghe, cosa che non avveniva da tantissimi anni; il rischio ora è proprio questo, cioè di aggiornare tanti record negativi dopo che per anni erano stati aggiornati quelli positivi. Bisogna invertire la tendenza il prima possibile, magari già martedì nella sfida di Champions League, ma ora anche il modesto Anderlecht comincia a far paura ad una squadra che non sa più cosa voglia dire segnare e vincere in casa sua.  


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