Il Milan non c'è più
Niente da fare, il Milan ormai è in coma profondo e nulla riesce a risvegliarlo: una squadra senza gioco, senza idee, senz'anima, che corre poco, è in stato confusionale, regala palloni agli avversari, tira in porta una sola volta in novanta e più minuti, non c'è con la testa e con le gambe e colleziona figuracce mentre ai vertici societari ci si dichiara felici di questo Milan e si afferma nuovamente (errare è umano, perseverare è diabolico...) che non lo si cambierebbe con altre squadre. Il Milan sprofonda sempre più in basso, ma ciò sembra non interessare minimamente a chi ha deciso di accettare passivamente qualunque figuraccia pur di non investire più sulla squadra ma solo in megasedi e stadi, quasi fosse a capo di una società immobiliare e non calcistica; ormai è evidente a tutti l'inadeguatezza della squadra e di chi la guida, ma la colpa non è di chi scende in campo, ma di chi lo ha inserito nella rosa del Milan, così come la colpa non è di chi allena, ma di chi ha messo sulla panchina del Milan un allenatore inesperto ma che con il suo carisma e con il suo rapporto speciale con i tifosi rossoneri poteva fare da prezioso parafulmine e attirare simpatie e consenso nei confronti di una squadra evidentemente non competitiva ma sulla quale non si aveva intenzione di investire per migliorarla. L'ennesima penosa prestazione di un'autentica Via Crucis anticipata è andata in scena all'Olimpico di Roma, dove il Milan si è portato presto in vantaggio e poi ha smesso di giocare come già successo in altre occasioni, consegnandosi con incredibile arrendevolezza a un avversario che ha segnato tre reti nella ripresa ma avrebbe potuto farne almeno il doppio cominciando già nel primo tempo, in cui ha tagliato a fette la morbidissima difesa rossonera ma poi ha sbagliato molto in fase di conclusione. Il dato impietoso è quello dei tiri in porta: 18-2 a favore della Lazio e le due conclusioni rossonere sono il gol di Menez e un sospiro di Pazzini nel finale, a partita ormai compromessa; per il resto il nulla più totale, perchè è apparsa evidente la mancanza di gioco, la confusione mentale, il non saper cosa fare del pallone, la fragilità di centrocampo e difesa, la mancanza di incisività in attacco e la ciliegina sulla torta è la follia di Mexes che si è fatto espellere perdendo la testa e tentando di strozzare un avversario. Ovviamente non si è vista la bava alla bocca invocata da Inzaghi, almeno non nel suo significato positivo, ovvero quello di feroce determinazione, ma solo nella sua accezione negativa, cioè di affanno totale nel vano tentativo di rincorrere avversari più veloci e determinati. Questo Milan sta andando alla deriva e bisogna fare qualcosa per salvarlo, perchè avanti di questo passo il futuro appare davvero nerissimo e lo ha capito anche la Curva Sud che per la prima volta in questa stagione ha perso la pazienza e ha contestato la squadra chiedendo (invano) di tirare fuori gli attributi.
Inzaghi inventa l'ennesimo Milan diverso: difesa obbligata con Abate a destra, Mexes e Alex centrali e Armero a sinistra; la novità è a centrocampo, con Van Ginkel che affianca Poli e Montolivo, mentre in attacco a sorpresa non c'è Cerci, dirottato in panchina, ma El Shaarawy, con Menez centravanti e Bonaventura a completare il tridente. E' questo il Milan chiamato a cercare il riscatto dopo il deludente avvio di 2015, anche se l'avversario è la Lazio, battuta all'andata ma nel frattempo cresciuta e migliorata, mentre i rossoneri sono in fase di involuzione. L'Olimpico è tutt'altro che pieno, ma ormai questo è il destino degli stadi italiani e c'è anche una discreta rappresentanza di eroici tifosi rossoneri, che non abbandonano la squadra al loro triste destino nonostante gli ultimi risultati negativi. L'avvio di partita è confortante, perchè la Lazio prova subito a fare la partita, reclama un rigore per un presunto fallo di Bonaventura su Radu, ma poi è il Milan a segnare, grazie a Menez che ruba palla al distratto Basta, si invola verso la porta e realizza il suo decimo gol in campionato. Partita tutta in discesa? Nemmeno per sogno, anche se sembra azzeccata la previsione che contro la Lazio il Milan si sarebbe trovato a suo agio, in quanto più abile a sfidare in contropiede squadre che fanno la partita e lasciano spazi, piuttosto che squadre chiuse e arroccate in difesa come le cosiddette provinciali. Invece, come già avvenuto nelle ultime occasioni, nemmeno sbloccare il risultato in fretta agevola il Milan, anzi lo convince a chiudersi e fermarsi, lasciando l'iniziativa agli avversari. La Lazio affonda facilmente da ogni parte, la difesa rossonera non oppone la minima resistenza e il gol potrebbe arrivare da un momento all'altro, ma l'imprecisione dei giocatori biancocelesti salva i rossoneri dalla capitolazione già nel primo tempo. Su Candreva devia Mexes, Klose non è preciso nel colpo di testa, ancora Candreva vede vanificato il suo tentativo dalla miracolosa parata di Diego Lopez, poi tocca a Parolo non trovare la giusta coordinazione e in più ci sono altri palloni spioventi in area che non trovano la deviazione vincente; nel finale seconda recriminazione della Lazio per una tirata di maglia di Mexes a Mauri in area, ma dopo un tale assedio il Milan riesce ad andare al riposo in vantaggio, pur avendo fatto pochissimo, giusto qualche azione di alleggerimento, per meritare un vantaggio che appare casuale e immeritato.
Ciò che non è successo in un tempo intero, accade improvvisamente nei primi cinque minuti della ripresa: prima è Parolo a deviare in rete indisturbato un cross di Klose, poi Montolivo non si capisce con Mexes, un retropassaggio diventa il suo miglior assist della partita ma per un avversario, ovvero Klose, che si invola verso la porta e batte Diego Lopez sul primo palo. Milan colpito e affondato in due mosse e ciò che spaventa è l'inesistenza della difesa, incapace di chiudere su Parolo e la confusione mentale del centrocampo, in particolare del capitano Montolivo, che dovrebbe essere il trascinatore e, invece, non solo non si prende la responsabilità di dirigere il gioco e iniziare l'azione, lasciandola ai vari Mexes, Alex, Abate o Armero, ma completa il disastro regalando palla agli avversari. Piove sul bagnato quando uno dei pochi a salvarsi, ovvero Bonaventura, deve uscire dal campo per un infortunio alla spalla, sostituito da Cerci; Inzaghi tenta il tutto per tutto inserendo anche Pazzini al posto di Van Ginkel e cambiando modulo (dal 4-3-3 al 4-2-3-1), ma nemmeno un mago con la bacchetta magica potrebbe rivitalizzare una squadra ormai scomparsa dal campo e che viene invitata dai propri tifosi a tirare fuori la grinta e a lottare. Pazzini prova a fare da sponda su qualche rilancio dalle retrovie e ci mette la solita voglia ma con risultati modesti e il disastro si completa nel finale: prima Candreva fila via indisturbato sulla sinistra e mette al centro un pallone invitante e ancora una volta colpisce in negativo l'inconsistenza della difesa rossonera, che consente a Djordjevic un primo tentativo (pallone ciccato con tanto di grave infortunio alla caviglia) e a Parolo di ribadire in rete il gol che chiude una partita in verità mai aperta; poi Mexes impazzisce e reagisce a un fallo di Mauri litigando con l'avversario, prendendolo per il collo e innescando una rissa, con i compagni che tentano invano di portarlo lontano e calmarlo. Finisce nel peggiore dei modi, con l'ennesima sconfitta e una sensazione di impotenza che fa davvero spavento e umilia i tifosi rossoneri, increduli di fronte a una squadra di fantasmi che non riescono più a combinare alcunchè di buono. Difficile salvare qualcuno, più facile invitare tutti a vergognarsi per prestazioni irritanti e indisponenti da parte di giocatori che avevano promesso di metterci l'anima, su invito anche del loro allenatore e, invece, sembrano svogliati e per nulla interessati al triste destino di una squadra che sta affondando. Le colpe sono di tutti e nessuno si tiri indietro, anche ai vertici societari; ci vuole voglia, ci vuole convinzione da parte di tutti per riportare il Milan ai livelli che merita, perchè di brutte figure ne ha già fatte abbastanza e la pazienza è ormai finita.