Game over
Il Milan chiude un allucinante mese di gennaio nel modo peggiore, ovvero con l'eliminazione dalla Coppa Italia, che doveva essere la Champions League di un povero Diavolo e, invece, è diventata un'ulteriore causa di delusione; non è bastato nemmeno giocare tutta la ripresa con un uomo in più per rimontare lo svantaggio, perchè i rossoneri ci hanno messo grande impegno, hanno preso d'assalto l'area laziale, ma in fondo hanno fatto solo il solletico a Berisha. La sconfitta e la conseguente eliminazione sono figlie di un paio di braccia galeotte: la prima è quella di Albertazzi che ha causato il rigore decisivo trasformato da Biglia; la seconda è quella di Pazzini, che si è aiutato in fase di controllo prima di segnare uno splendido ma vano gol in acrobazia; aggiungiamoci il millimetrico fuorigioco di Cerci nel finale che ha portato all'annullamento del gol che avrebbe consentito al Milan di giocare i tempi supplementari contro una Lazio fiaccata dall'inferiorità numerica e si può dar ragione a Inzaghi che ha parlato di episodi sfortunati in una partita in cui i suoi ragazzi, a suo dire, non hanno demeritato, ma bisogna onestamente ammettere che nel primo tempo era stata la Lazio a giocare meglio e a fare la partita e che il Milan non è riuscito a sfruttare nemmeno la favorevole circostanza di giocare più di metà partita in superiorità numerica e questa è un'aggravante se si pensa che nel finale è stata proprio la Lazio ad andare più vicina al gol del raddoppio e viene da chiedersi cosa sarebbe successo a parti invertite, cioè con il Milan in inferiorità numerica (meglio non pensarci...). E' stata la notte della contestazione alla vecchia dirigenza, impersonata nell'immaginario collettivo da Galliani, contestato da curva e tribuna; Inzaghi è stato sostenuto a gran voce dalla Sud, che non ha fatto mancare l'incitamento alla squadra per tutti i novanta e più minuti, visto che si trattava di una partita decisiva, ma all'inizio gli striscioni esposti in transenna hanno fatto capire l'ultrà pensiero: appoggio e fiducia al tecnico, bocciatura per i giocatori a parametro zero e per la vecchia dirigenza che li ha presi con tale formula, con l'implicito sostegno alla nuova dirigenza, impersonata da Barbara Berlusconi.
Inzaghi affronta quella che potrebbe essere la sua ultima partita da allenatore del Milan (molti hanno già intonato il "de profundis" per Pippo) con molti problemi di formazione a causa delle tante assenze: in difesa c'è la sorpesa Albertazzi a sinistra, non tanto per una ritrovata fiducia nel ragazzo, quanto perchè non ci sono alternative, ora che anche Armero sembra in procinto di lasciare Milano; completano il reparto Alex, Rami e Abate; a centrocampo Montolivo è affiancato da Poli e Muntari, mentre in attacco c'è Pazzini centravanti con Menez e Cerci ai lati. San Siro è gelido e spettrale, con meno di 10000 spettatori radunati in Curva Sud, primo anello arancio e tribuna rossa e una sparuta rappresentanza di tifosi laziali al primo anello verde. Evidentemente il popolo rossonero non la pensa come Inzaghi e non considera la Coppa Italia una sorta di Champions League in miniatura che può dare lustro a una stagione complicata, anche perchè gli ultimi disastrosi risultati e la fredda serata di un giorno feriale non convincono certo la gente a passare un paio d'ore allo stadio.
Non succede molto nella prima mezz'ora, una lunga fase di studio in cui le due squadre fanno davvero poco per prevalere una sull'altra; la Lazio mantiene il possesso palla e fa la partita, il Milan prova qualche fiammata ma si dimostra ancora in stato confusionale e manca il gioco di squadra, perchè tutte le potenziali occasioni pericolose nascono da iniziative personali, in particolar modo di Menez, ma anche di Cerci; il francese prova a risolvere la partita da solo, parte spesso verso la porta provando a saltare nugoli di avversari, ma inevitabilmente finisce con lo sbattere contro uno di essi, perdere palla e scatenare l'irritazione dei tifosi rossoneri. La mancanza di tranquillità dei giocatori di Inzaghi appare evidente in avvio, quando Abate sbaglia un retropassaggio lanciando involontariamente Klose verso la porta di Abbiati, ma fortunatamente il tedesco mette sopra la traversa. Ancora una volta non c'è traccia della bava alla bocca invocata da Inzaghi e il Milan sembra sempre più timido e in soggezione di fronte a una Lazio che in parità numerica gioca sicuramente meglio. La prima vera occasione per i rossoneri arriva dopo la mezz'ora ed è una conclusione ravvicinata di Menez che non sorprende Berisha e quando il primo tempo sembra destinato a concludersi placidamente sullo 0-0 arriva l'episodio che si rivelerà decisivo, ovvero l'ingenuo controllo di braccio di Albertazzi sul cross di Radu che provoca il calcio di rigore trasformato da Biglia che spiazza Abbiati. La partita diventa una montagna ripidissima da scalare per un Milan sfiduciato, perchè la Lazio è messa meglio in campo e ora può controllare con tranquillità la situazione, ma i laziali si complicano la vita per colpa di Cana, che si fa ammonire due volte in quattro minuti e viene espulso. L'episodio ridà fiducia ai tifosi rossoneri sugli spalti e alla squadra in campo, perchè c'è tutta una ripresa a disposizione per tentare di ribaltare il risultato.
Il Milan prova a partire forte e ad assediare nella propria area una Lazio che si chiude efficacemente e con ordine; i rossoneri, con Honda al posto di Muntari e conseguente 4-2-3-1, premono sull'acceleratore, provano a sfondare sulle fasce e centralmente ma faticano a trovare spazi; i minuti passano e succede poco dalle parti di Berisha e bisogna aspettare la seconda metà del tempo per vedere un tiro in porta, che sarebbe anche vincente se non ci fosse quel controllo di braccio che porta all'annullamento di un gol "pazzesco" e non solo perchè segnato da Pazzini, ma anche perchè è davvero di pregevole fattura. Il fischio di Rocchi strozza in gola l'urlo dei tifosi rossoneri e spegne la musica troppo frettolosamente diffusa dagli altoparlanti per celebrare un gol che non c'è. Il Milan è sempre più confusionario e disunito, manca la lucidità necessaria per rendere efficaci gli attacchi e la Lazio, seppur in inferiorità numerica, non solo non fatica a difendersi, ma prende coraggio e riparte in contropiede e, di fatto, costruisce le occasioni più pericolose anche in questa ripresa, legittimando il vantaggio e andando vicina al raddoppio più di quanto il Milan non vada vicino al pareggio (mediti Inzaghi prima di commentare la prestazione dei suoi definendola molto positiva), visto che Keita colpisce il palo e Onazi si divora il raddoppio; siamo già nel recupero, nel Milan sono in campo da qualche minuto Van Ginkel e Suso al posto di Poli e Albertazzi, ma cambia poco e i sogni dei tifosi rossoneri muoiono ancora per colpa del fischietto di Rocchi che annulla la rete di Cerci per un fuorigioco millimetrico ma che pare esserci. Finisce male per il Milan e i giocatori escono a testa bassa senza nemmeno salutare i tifosi, in particolar modo quelli della curva, che li hanno sostenuti a gran voce e questa è una brutta figura, peggiore anche della sconfitta, che rende ancora più amara la serata.
Inzaghi incassa a sorpresa la fiducia di presidente e società e continua la sua avventura sulla panchina del Milan nonostante la sconfitta, l'eliminazione e il fatto di non avere più obiettivi da raggiungere anche se siamo solo a fine gennaio: a dieci punti dal terzo posto, lontano anche dalla zona Europa League, fuori dalla Coppa Italia, ora è davvero difficile trovare le giuste motivazioni per chiudere degnamente la stagione, ma il vero obiettivo ora deve essere riscattarsi al più presto e iniziare la ricostruzione dalle macerie di questo Milan reduce da quattro sconfitte nelle ultime sei partite e che ha iniziato in modo pessimo il 2015. Bisogna rialzarsi al più presto, bisogna onorare la maglia, bisogna tentare di risalire in classifica senza pensare a un posto in Europa, ma solo a tornare a vincere e convincere, perchè questo povero Diavolo che non ha più obiettivi da raggiungere non piace proprio a nessuno e mette tanta tristezza e malinconia.