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UP & DOWN - Zero a zero, vuoto a rendere. Inzaghi vive nel 2Q15

di Michele Pavese

Ho ancora negli occhi e nella mente i derby di Champions League disputati nel 2003 e nel 2005. Ogni tanto rivedo nei miei incubi Ronaldo sfrecciare tra Ba e Desailly e superare Seba Rossi con un pallonetto chirurgico. Sono solo i primi ricordi che riaffiorano nel momento in cui scrivo, pensando alle sfide tra Milan e Inter. Vorrei che qualcuno mi dicesse che dal "Triplete" a oggi siano passati 50 anni, o che Zanetti e Maldini si siano ritirati all'epoca della Guerra Fredda. Non trovo spiegazione logica a un declino così rapido, a questa netta involuzione in un lasso di tempo così breve. Provo una sorta di smarrimento nel commentare oggi un match tra due formazioni situate in nona e decima posizione in classifica, alle spalle di Torino, Genoa e Sampdoria e a 30 punti (trenta) dalla Juventus capolista. Milan e Inter hanno ben pensato, dopo aver mancato qualsiasi obiettivo, di non farsi del male nell'unica partita che ancora avesse un senso in questa disastrata stagione. Lo 0-0 finale è la perfetta sintesi della sensazione di vuoto che ha attanagliato i 75000 di San Siro e i milioni e milioni di telespettatori. Ci hanno provato di più i nerazzurri, soprattutto nella ripresa, quando è emersa la differenza a livello di gioco (minima, ma c'è) tra le due contendenti. L'Inter è più squadra, prova a creare l'opportunità con il fraseggio, con azioni corali, non si affida al caso e alle invenzioni dei singoli. Il Milan è il solito Milan, un po' più compatto e molto fortunato sulle decisioni arbitrali. Quello che ne scaturisce è un pareggio, o meglio, un risultato nullo, che rende perfettamente giustizia ai valori espressi durante tutti questi mesi. Nulli, per l'appunto.

COSA VA - Diego Lopez, Alex, Bonaventura e Suso sono gli unici a meritare la sufficienza. Per il portiere spagnolo dobbiamo ringraziare il buon Carletto, che ha preferito tenere il totem Casillas (scelta non proprio ottimale) consegnandoci il miglior numero uno che si sia visto a Milanello dai tempi del fumogeno lanciato a Dida (12 aprile 2005). Diegone è decisivo in un paio di occasioni e dà sicurezza a una difesa che spesso va in tilt, soprattutto a causa di alcune amnesie degli esterni. Alex, al rientro dopo diverse settimane, guida il reparto arretrato con grande esperienza, chiudendo tutti i varchi e concedendo poco allo spauracchio Icardi. Sulla straordinaria duttilità di Jack ci siamo soffermati già tante volte: quello che sorprende sempre è il suo innato senso tattico, che lo porta a trovarsi al posto giusto nel momento giusto in ogni situazione. Buona la prima per Suso. Prima volta da titolare e primo derby disputato dall'oggetto (non più) misterioso, finalmente schierato da Inzaghi e autore di una buona prestazione, in particolare nella fase finale del primo tempo, quando con personalità aiuta i compagni a prendere il sopravvento sugli avversari e si rende protagonista di alcune discrete giocate personali.

COSA NON VA -  Durante le prime uscite in maglia rossonera, Luca Antonelli si era distinto per la straripante condizione fisica e per la grande concentrazione sia in fase difensiva, sia in quella offensiva. Con il passare delle giornate, però, l'ex terzino del Genoa ha subito una preoccupante involuzione; Antonelli non riesce più a rendere al massimo per tutti i 90' e cala vistosamente nell'ultima mezzora. Il trio di centrocampo, nonostante una prova di grande sacrificio, non ha garantito quella qualità necessaria per sbloccare la situazione. Ci si attendeva qualcosa in più da Van Ginkel, dopo l'ottima impressione destata nelle ultime apparizioni; l'olandese, invece, si è limitato a svolgere il solito compitino, dimostrando di non essere completamente maturo. Capitolo attaccanti: Menez ha l’indolenza di un cavaliere solitario al quale interessa solo la gloria personale; Cerci e Destro non hanno spostato di una virgola gli equilibri dell’incontro, anche se hanno avuto a disposizione pochi minuti per incidere. Gli unici pericoli per Handanovic sono arrivati da un paio di conclusioni da fuori area effettuate da Suso. Poco, troppo poco per sperare di vincere.  

IL MISTER - Inzaghi sembra uno dei personaggi dei romanzi di Haruki Murakami, in particolare 1Q84. Nel libro, i protagonisti vengono trascinati in una sorta di mondo parallelo, dove nel cielo risplendono due lune. Nel 2Q15 di Pippo (d'ora in poi chiameremo così l'universo in cui vive il nostro mister) il Milan non è stato inferiore all'Inter, paga i risultati negativi dei mesi di gennaio e febbraio e l'assenza di elementi indispensabili come Montolivo. Non c'è traccia delle difficoltà nella costruzione della manovra, della Menez-dipendenza, dei cambi inspiegabili, delle pochissime occasioni create in ogni gara, della confusione nelle dichiarazioni e negli schemi. Nel mondo di Inzaghi, l'amore per la squadra viene sublimato e portato a livelli irrazionali (un po' Dante e Beatrice). Una dimensione onirica dove non esistono difetti, dove potrebbe addirittura arrivare una riconferma. Perché in fondo non è difficile capire che 2Q15 sia stato creato da penne ben più fini di Murakami (le stesse del "supercompetitivo" e "siamo a posto così"), e che il buon vecchio e innamorato Pippo sia solo una (e inesperta) vittima/conseguenza di un declino cominciato circa un decennio fa. 


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