Il gioco sui terzini, questo semisconosciuto
Errare è umano, perseverare è diabolico. Il Milan di Roma contro la Lazio, per stessa ammissione di Allegri, ha ripetuto gli stessi errori del derby non riuscendo a portare a casa un risultato che sarebbe stato molto importante per il futuro del campionato. Per l’ennesima partita contro squadre che si chiudo i rossoneri, privi di un vero e proprio fulcro di gioco come lo è stato Alberto Aquilani fino all’infortunio alla caviglia, non sono riusciti ad organizzare manovre offensive ficcanti e decisive salvo rari casi affidati, guarda un po’, a verticalizzazioni veloci ma sempre e soltanto nel cono centrale della difesa avversaria. La verità è che i rossoneri, come già detto, non riescono ad allargare il campo nelle loro manovre e, di conseguenza, non si aprono gli spazi in mezzo dove gli uomini di movimento e d’inserimento come Nocerino e Ambrosini avrebbero potuto far male. Manca qualità in mezzo al campo, un regista puro che sappia cambiare gioco con la complicità dei compagni ma questo è dovuto anche a dei limiti strutturali nella rosa. Abate, che sta crescendo sempre, è un grande centometrista ma non viene mai servito sulla corsa per crossare di prima e quando parte palla al piede tende sempre, in prossimità del lato corto dell’area di rigore, a rientrare verso il centro piuttosto che proseguire la corsa tentare il traversone in mezzo. Inoltre, il buon Ignazio, vuole sempre il pallone sui piedi e anche per questo il fattore sorpresa, che si aveva sempre con Cafu, viene a mancare. Dall’altra parte il nuovo arrivato Mesbah prova spesso ad andare senza palla e a mettere in mezzo dei cross con il mancino (merce rarissima in quel di Milanello) ma anche in questo caso il problema è sempre quello di trovare il tempo giusto per il traversone. Emanuelson e Antonini, paradossalmente, messi a sinistra e a destra, sarebbero capaci di andare sul fondo e crossare. Ma forse stiamo chiedendo troppo.