UNA TIGRE NEL MOTORE!
Tre stagioni, solo tre stagioni, ma molto intense, la stessa intensità che ci metteva in ognuna delle 115 partite disputate con la maglia del Milan. La brevità dell’esperienza rossonera non gli ha, tuttavia, impedito di diventare una delle leggende del nostro club, dal momento che è stato un elemento insostituibile di quella che è stata la squadra di club più forte di tutti i tempi, quella guidata da Arrigo Sacchi. Quella squadra era piena di giocatori di grande talento, ma senza la presenza e l’apporto di Angelo Colombo, non sarebbe stata quel meccanismo perfetto che per un triennio incantò le platee di tutto il mondo. I compagni lo adoravano perché i suoi polmoni erano sempre a disposizione della squadra per tutti i 90 minuti della partita, i tifosi lo adoravano perché gli riconoscevano un impegno ed una dedizione assoluta: a nessuno è mai passata per la mente l’idea che Angelo Colombo avesse terminato una gara senza aver dato tutto. E’ opportuno precisare che Colombo non era solo “quantità”; Colombo era un centrocampista che univa alla corsa delle qualità tecniche di buonissimo livello, oltre ad essere un centrocampista dalle ottime capacità di inserimento e dalle buone doti realizzative. Il fatto che fosse un giocatore completo l’aveva già fatto vedere prima di arrivare al Milan. Dopo essere cresciuto nel Monza (prima nelle giovanili e poi in prima squadra dal 1979 al 1984), nella stagione 1984/85 fu portato in serie A, ad Avellino, da Pier Paolo Marino. Quella stagione lo lanciò definitivamente ad alto livello; sotto la guida dell’allenatore irpino Angelillo, Colomba giocò dietro le punte Ramon Diaz, argentino, e Geronimo Barbadillo, peruviano. In quel ruolo fece benissimo, disputando tutte e 30 le partite e realizzando ben 6 gol. Durante quel campionato gli mise addosso gli occhi il Direttore Sportivo dell’Udinese, un certo Ariedo Braida, che lo portò in Friuli nell’estate del 1985. A Udine disputerà due stagioni, anche se ad un livello leggermente inferiore alle aspettative. Ma ormai “l’Angelo biondo” aveva fatto l’incontro che gli avrebbe cambiato la sua vita da calciatore. Infatti, Ariedo Braida, passato nel frattempo al Milan, non fece fatica a portarlo a Milano per metterlo a disposizione del nuovo allenatore Arrigo Sacchi, colui stava mettendo in piedi il progetto del nuovo Milan berlusconiano. Oggettivamente Colombo arrivò tra lo scetticismo generale, o perlomeno quasi tutti pensavano che avrebbe potuto rappresentare solo un buon rincalzo dell’undici titolare. E l’inizio, effettivamente, non fu dei più semplici. Sacchi era un tecnico emergente ed innovativo, molto attento ai particolari e molto esigente. Fu proprio il tecnico di Fusignano a raccontare un aneddoto relativo a Colombo per mettere in risalto i grandi progressi che il centrocampista di Mezzago aveva compiuto grazie “al lavoro e all’umiltè”. Uno dei primi giorni del ritiro estivo Sacchi interruppe l’allenamento per urlargli “caro Colombo, fare pressing non significa correre molto, ma significa correre bene”. Fu la svolta. Per niente scoraggiato da quelle parole, Angelo lavorò duramente fino a diventare un giocatore imprescindibile di quel Milan. La corsa instancabile della sua folta chioma bionda lungo la fascia destra diventò un simbolo di quel Milan vincente, al punto che divenne celebre il soprannome che gli affibiò il cantore delle storie rossonere, Carlo Pellegatti: Angelo Colombo, “la littorina della Brianza”!
Colombo fa il suo esordio in estate in Coppa Italia (il 23 agosto 1987 contro il Bari), ma per essere lanciato da titolare dovrà aspettare la terza giornata di campionato. Il Milan, reduce dalla sconfitta interna contro la Fiorentina, va a Cesena, e Sacchi decide di buttare dentro Colombo nell’undici titolare al posto di Bortolazzi. Il Milan gioca una grande partita ma non va oltre lo 0-0, tuttavia proprio al termine di quella gara il tecnico rossonero stupirà tutti dichiarando “oggi ho capito che il Milan vincerà lo scudetto”. Angelo Colombo si prese la maglia da titolare numero 4 e la conservò per tre anni interi!
Il Milan 1987/88 quello scudetto lo vinse per davvero, completando con la rimonta sul Napoli un percorso entusiasmante, fatto di risultati eccezionali accompagnati da un gioco spettacolare. Il contributo di Colombo fu importantissimo anche sul piano realizzativo. Alla nona giornata, contro il “suo” Avellino, segnò il gol che diede l’avvio alla vittoria rossonera (finì 3-0); alla 16ma giornata segnò il gol decisivo (1-0) che permise al Milan di battere il Pisa. Ma il gol più importante Colombo lo segnò il 3 gennaio 1988 alla 13ma giornata. A Milano arrivava il Napoli di Maradona capolista, e la gara si mise subito male, a causa del gol di Careca al 10’. Fu proprio Angelino Colombo a segnare con un gran destro il gol del pari che diede avvio alla strepitosa rimonta del Milan che travolse i partenopei per 4-1. Quel giorno, probabilmente, ci fu la piena consapevolezza di tutto l’ambiente milanista che si poteva veramente vincere l’undicesimo scudetto come aveva detto quel “folle” di Sacchi. Ma al di là dei gol, l’apporto di Colombo alla conquista del tricolore fu gigantesco.
Il meccanismo rossonero era praticamente perfetto, e lo diventò ancor di più con l’arrivo di Rijkaard. Nella stagione 1988/89 comincia l’epopea “europea” del Milan, e Colombo ne sarà una colonna. Al di là dl campionato (30 presenze su 34 e 3 gol), Angelo giocherà da titolare tutte e nove le partite che porteranno il Milan alla conquista della terza Coppa dei Campioni della sua storia. Quello della finale contro lo Steaua a Barcellona, è ricordato da Colombo come “il momento più bello della mia esperienza in rossonero”.
Ma la corsa di Colombo non si ferma lì! La stagione successiva (1989/90) sarà quella del bis in Coppa dei Campioni. Ancora una volta per “la littorina” sarà un percorso completo: sarà presente in tutte le partite di quella edizione di Coppa dei Campioni, e disputerà proprio in finale contro il Benfica a Vienna la sua ultima partita con la maglia del Milan. E’ il 23 maggio 1990, e con la Coppa tra le mani Angelo Colombo saluta per sempre (da calciatore) il Milan.
Oltre ai trofei ricordati in precedenza, il palmares con la maglia rossonera sarà arricchito da una Supercoppa Italiana, una Supercoppa Europea ed una Coppa Intercontinentale.
Nell’estate del 1990, a 31 anni, lascia il Milan e va al Bari di Salvemini per sostituire un altro Angelo, Carbone, che nel frattempo prendeva il suo posto al Milan (con fortune un po’ diverse). Due stagioni in Puglia e poi l’inattività per due anni prima di togliersi lo sfizio di giocare un anno (1994/95) nel campionato australiano con la maglia del Marconi Stallions.
Dopo il ritiro il Milan non si è dimenticato di Colombo e lo ha richiamato per farlo lavorare nel suo settore giovanile, per cinque anni come allenatore e per cinque anni come responsabile e coordinatore. Ora, con grande entusiasmo, ha deciso di fare il salto passando dai bambini ai grandi, e nell’attesa di arrivare ai massimi livelli, ha cominciato con l’allenare in serie D il Montebelluna.
Naturalmente, non possiamo che fare ad Angelo il nostro “in bocca al lupo”, con la speranza di vederlo presto su una panchina prestigiosa.
Per ora lo ringraziamo per tutto quello che ha fatto: anche se sono state solo tre stagioni, vedere la faccia di Angelo in tutte le foto dei trionfi (tanti) del Milan sacchiano, ci ha dato l’impressione di aver vestito quella Maglia per una vita e lo ha fatto entrare nella leggenda.
di Gianpiero Sabato
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