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Un romano-carioca a Milano

di Milan Day

Quando arrivò e si presentò con una capigliatura che lo faceva sembrare ad uno dei Jackson Five, nessuno si sarebbe aspettato che la sua storia si sarebbe intrecciata con quella del Milan, e quindi con la nostra, per oltre trent’anni.
Anche perché, benché fosse giovanissimo, non si può certo dire che arrivasse accompagnato dalla fama del ragazzo dal gran talento “che avrebbe fatto la differenza per molti anni a venire”.
Al contrario, arrivò con la fama del giocatore rude e cattivo, del terzino aggressivo che spesso eccedeva i limiti del regolamento.

Non dimentichiamo che in quegli anni il numero 2 (o terzino destro) era quello preposto alla marcatura della seconda punta avversaria (o il numero 11), e non certo a fluidificare lungo la fascia (a quello ci doveva pensare il terzino sinistro, il numero 3).

E Mauro Tassotti sembrava incarnare alla perfezione quel ruolo di marcatore spietato.
Talmente spietato che dovette subire una fila di insulti ed accuse quando in un derby dei primi anni Ottanta, con una entrata un po’ scomposta, con la suola della scarpa impattò la faccia dell’interista Lele Oriali, procurandogli una ferita che necessitò di qualche decina di punti di sutura.

Ma Mauro, a differenza di altri, non andava certamente fiero di quella fama da duro ed anzi cominciò a lavorare per liberarsene una volta per tutte, anche perché non coincideva per niente con il suo carattere timido.
Ed allora succede quello che non t’aspetti, e cioè che il brutto anatroccolo si trasformi in uno stupendo cigno, e che dall’incontro con Nils Liedholm nasca la prima vera evoluzione del terzino moderno, perfetto esecutore dei segreti che governano la linea difensiva del modulo a zona.

Con tanto lavoro, sacrificio e spirito di abnegazione, scoprimmo che quei piedi erano in grado di trattare il pallone in maniera sopraffina, e che, uniti alle doti difensive che non gli erano mai mancate, avevano fatto nascere uno dei calciatori più completi della storia in quel ruolo.
Ed allora, per descriverne la grandezza, per tutti divenne il nuovo “Djalma Santos”, e cioè l’erede del terzino della nazionale brasiliana campione del mondo del ’58 e del ’62.

A contribuire a quella crescita ed a fargli perdere la timidezza ci pensò anche l’incontro con la sua futura moglie Antonella, giovane milanese che lo fece integrare perfettamente nella vita di Milano e che lo fece diventare padre di Niccolò e Lucrezia.

Nato nel quartiere romano di San Basilio, Tassotti era cresciuto ed aveva esordito in serie A con la Lazio appena diciottenne, e con i biancocelesti poco dopo aveva vissuto la vicenda del calcio scommesse: fu lì che i destini del “Tasso” e quelli del Milan si incrociarono.
Siamo nel 1980 e le due squadre vengono retrocesse in B, e nella necessità di fare mercato senza grandi mezzi economici danno vita ad uno scambio di giocatori: il giovane Tassotti a Milano in cambio dei “maturi” Bigon e Chiodi.
Nasce così una storia infinita, una storia che ancora oggi è ben lontana dal pronunciare la parola fine.

Dell’evoluzione della storia dai tempi di Giacomini, Radice e Castagner a quelli di Liedholm abbiamo già detto, ma quello che non abbiamo detto è che ciò che Mauro aveva assimilato in quegli anni fu propedeutico per quello che sarebbe successo di lì a poco...(continua)


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