Gipo lo Sceriffo
Tra tutti i nomi di coloro che sono stati accostati ed hanno contribuito alla storia del Milan, il suo è indubbiamente uno dei più ricorrenti; ma è altrettanto vero che, forse, a tanta “notorietà” non corrisponde una autentica conoscenza da parte dei tifosi rossoneri di ciò che questo personaggio ha realmente fatto per la nostra società. Il personaggio in questione è Giuseppe Ferruccio Viani, detto “Gipo”. Quasi dieci stagioni alla corte del Diavolo, impegnato a ricoprire in modo impeccabile tutti i ruoli, a parte quello del calciatore che, paradossalmente, aveva svolto per la maggior parte della sua carriera agonistica con la maglia dei cugini dell’Ambrosiana. Allenatore, direttore tecnico e sportivo, uomo di raccordo tra la squadra e la presidenza, organizzatore di tutta la struttura societaria: la sua poliedricità lo ha reso uno dei più straordinari personaggi del calcio di tutti i tempi. Oltre a tutto ciò, a renderlo celebre è stato anche il fatto di aver dato vita con il Paron Nereo Rocco ad una accoppiata straordinaria, un rapporto di amore-odio che ha fornito alla letteratura pallonara un numero infinito di aneddoti straordinari.
Giuseppe “Gipo” Viani (nativo di Treviso) era un ottimo mediano che cominciò a tirare i primi calci nelle squadre della sua terra prima di essere acquistato (nel 1928) dall’Ambrosiana Inter. Con i nerazzurri milanesi trascorrerà 7 stagioni, vincendo, al fianco di Meazza, l’unico scudetto della sua carriera da calciatore (1930). Dopo quella nerazzurra, vestirà per 4 stagioni la maglia della Lazio, quindi quella del Livorno e della Juventus.
A Gipo piace la bella vita, e così, una volta smesso di giocare, si ritrova con una famiglia sulle spalle e senza una lira in tasca; dopo aver tentato (vanamente) di arruolarsi nei paracadutisti, decide di proporsi a tutte le squadre di serie C come giocatore-allenatore, e trova un ingaggio a Siracusa. Ma è alla guida della Salernitana (in B) che Viani comincia a costruire la sua leggenda. Per rimediare alle carenze difensive dei granata, decide di dare vita ad un nuovo modulo che passerà alla storia con il nome di Vianema, che altro non era che il “catenaccio”. Il centravanti Piccinini (il padre del telecronista Mediaset Sandro) venne retrocesso davanti alla difesa, mentre tale Buzzegoli venne spostato nella posizione di libero. Privata della punta centrale, la Salernitana basò tutto il suo gioco d’attacco sulle ali, un vero inedito che sorprese tutti gli avversari e che permise ai campani di volare in serie A. Dato che nello stesso anno Nereo Rocco fece uso del libero nel suo Padova, i due si contesero per tutta la loro vita la primogenitura del modulo. Ormai la carriera da trainer del Gipo è lanciata, e dopo aver allenato il Benevento, la Lucchese, il Palermo, la Roma ed il Bologna, nel 1956 si guadagna la panchina del Milan: inizierà così una avventura straordinaria. Il presidente Rizzoli gli affida un’ottima squadra, e Viani non delude. Aiutato dai gol di Gastone Bean (17), il tecnico trevigiano centra la conquista del titolo italiano al primo colpo. Nella stagione successiva (1957/58), il suo Milan sfiora l’impresa più clamorosa: nonostante un campionato disastroso, i rossoneri conquistano la prima finale di Coppa Campioni della loro storia, perdendola immeritatamente contro il grande Real Madrid soltanto ai tempi supplementari (3-2).
Le sue grandi capacità “gestionali” spingono il presidente Rizzoli ad affidargli il compito di Direttore Tecnico; in pratica a Gipo Viani viene affidata la supervisione tecnica della squadra, ma nello stesso tempo deve occuparsi di fare il mercato e di gestire i rapporti tra società e calciatori. In altre parole diventa il primo esempio di manager a tutto tondo del calcio italiano. Nello svolgimento di questo delicato ruolo viene aiutato dal suo carattere forte, tanto da meritarsi l’appellativo di “sceriffo”.
L’idea a Rizzoli l’aveva fatta venire anche la capacità dimostrata da Viani di gestire e lanciare alla guida della Nazionale Olimpica (4° posto a Roma ’60) una serie di giovani calciatori rossoneri (Trapattoni, Pelagalli, Salvadore e Trebbi). A quella spedizione Olimpica aveva partecipato anche il diciassettenne alessandrino Gianni Rivera, un talento che il Milan aveva già acquistato sul finire della stagione precedente. La storia di Rivera al Milan rappresenta una delle più grandi vittorie di Gipo Viani col Milan. Nereo Rocco (chiamato al Milan proprio da Viani) non sembrava molto convinto di far giocare titolare quel “bambin rachitico”, ma dovette scontrarsi col durissimo muso di Viani che gli impose di tenere Rivera: “ Finchè sarò al Milan io, Rivera giocherà qui. Lui sarà il nuovo Schiaffino”. Come andò a finire lo sappiamo tutti, e lo stesso Paron ammise che Viani c’aveva visto giusto.
Sotto la sapiente “regia” dello sceriffo, nascerà e si affermerà il primo grande ciclo del Milan di Rocco, culminato nella conquista dello scudetto della stagione 1961/62 (magistrale, da parte del DT, la scelta di Dino Sani come sostituto del “disdattato” inglese Greaves nonostante Rocco spingesse per il padovano Humberto Rosa) ma soprattutto in quella della prima Coppa dei Campioni rossonera del 1963 a Wembley contro il Benfica.
Dopo la conquista del trofeo più prestigioso, il presidente Rizzoli lascia il Milan; lascia anche Rocco, e comincia a venire meno la magia di quegli anni. Nella stagione 1963/64 comincia a prendere forma il “caso Altafini”, e Viani non si fa condizionare da tutto quello che Altafini ha rappresentato per il Milan. Josè (ribattezzato proprio da Viani “il coniglio”) finisce fuori rosa e si rifiuta di tornare in Italia in quanto non riesce a concordare col Direttore il rinnovo del suo contratto. Nonostante l’assenza del brasiliano, Viani riesce ad allestire col nuovo allenatore Liedholm un Milan eccezionale, che domina le prime 20 partite di campionato (7 i punti di vantaggio sull’Inter). Dopo molte insistenze del presidente Riva, Altafini torna in Italia e rientra in squadra, ma proprio quell’episodio rovinerà tutto, portando il Milan a perdere uno scudetto già conquistato. Anche stavolta Viani aveva dimostrato che ad aveva ragione lui, ma ormai il danno era fatto. Forse anche per questa vicenda, alla fine di quella stagione Gipo Viani decise di lasciare il Milan. Dopo 9 stagioni e quasi 400 partite (da allenatore e Direttore Tecnico) finiva la grande era milanista di Gipo Viani. Un rapporto ricco di storie e di grandi successi che gli conferiscono di diritto un posto privilegiato nella storia del club di via Turati. Tanti ruoli ma un denominatore comune: arrivò sempre prima degli altri!
di Gianpiero Sabato