"Baby face", probabilmente il piu' grande di tutti!
Nella immaginaria Hall of Fame rossonera gli spetta, sicuramente un posto di rilievo.
Fate largo, irrompe Roberto Rosato, uno dei più grandi difensori della storia del calcio italiano, forse il più grande di tutti.
E’ sempre difficile stilare delle graduatorie fra giocatori appartenuti ad epoche diverse: le grandi evoluzioni tattiche non rendono la cosa semplice, ma non è azzardato sottolineare come i difensori, nel corso degli anni, abbiano lentamente perso la capacità di “marcare” gli attaccanti avversari.
Forse il ruolo oggi è un po’ più complesso rispetto al passato, ma la sensazione è quella che gli interpreti “più anziani” fossero più completi. Ed è proprio per questo che Rosato si gioca, a buon diritto, il ruolo di titolare nell’ipotetico undici milanista più forte di sempre.
Lo chiamavano “Baby face”, faccia d’angelo, come i gangster americani degli anni trenta, quelli che dietro un sorriso da bambino nascondevano un implacabile killer-instinct.
Lui era così: si incollava all’attaccante avversario più forte e lo annientava senza pietà.
L’impostazione da centromediano gli aveva insegnato a marcare sia a uomo che a zona, e gli aveva anche insegnato a praticare la tattica del fuorigioco; fu uno dei primissimi esempi di stopper in grado di impostare il gioco dalle retrovie.
Nonostante ciò, nel corso della sua carriera si fece soprattutto notare per le sue doti di marcatore.
La cosa da sottolineare è l’eleganza e la classe con cui interpretò il ruolo: marcatore arcigno con eccezionali doti atletiche che però raramente faceva ricorso al fallo per fermare “il nemico”.
Ambidestro, bravo nel gioco aereo e nel teakle, veloce nei movimenti e molto determinato: il tutto nonostante le sue “proverbiali” gambe ad ics.
Rosato non ci mise molto a farsi notare: a poco meno di diciotto anni esordì in A con la maglia del Toro, a ventidue vestì per la prima volta la maglia azzurra della Nazionale di Fabbri (ad Amburgo contro la Germania).
Ma fu col Milan che trascorse la parte più importante e vincente della sua lunga carriera.
Dopo sei stagioni granata e dopo l’esperienza dei Mondiali d’Inghilterra, nell’estate del 1966 il presidente rossonero Carraro lo portò in rossonero per la considerevole cifra di 400 milioni di lire.
Ad accoglierlo il neo allenatore rossonero Silvestri, che dopo un inizio un po’ difficile riesce a riportarlo ai consueti livelli.
Sarà, però, con l’arrivo del Paron Nereo Rocco, tecnico che lo aveva già avuto a Torino e per cui Rosato aveva una vera e propria dedizione, che “il Martello di Amburgo” (così ribattezzato dopo l’esordio in azzurro) conoscerà la sua definitiva consacrazione e diventerà difensore di statura internazionale.
In sette stagioni rossonere vincerà tutto, ma soprattutto... (continua)