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Roby e il Diavolo

di Giuseppe Bosso

Terzo italiano a vincere il Pallone d’Oro dopo Rivera e Paolo Rossi; unico azzurro ad essere andato a segno in tre differenti edizioni dei campionati del mondo, dalla magia all’Olimpico contro la Cecoslovacchia nel 1990 fino al gol della tranquillità contro l’Austria a Parigi nel 1998, passando attraverso le magie in terra statunitense nel 1994.

Esaltante e avvincente la carriera di Roberto Baggio, oggi cinquantenne, per due stagioni in forza al Milan.

Un matrimonio che si sarebbe potuto celebrare già in quella magica (almeno fino alla semifinale contro l’Argentina a Napoli) estate 1990, se un gentilmen agreement tra il presidente Berlusconi e l’avvocato Agnelli non avesse dirottato il fantasista di Caldogno alla corte juventina, rimandando di cinque anni l’approdo a Milanello.

Dove Roby, nonostante incomprensioni con i tre allenatori succedutisi in rassegna (Capello, Tabarez, Sacchi) e il dualismo con l’altro Genio rossonero Savicevic ha lasciato un ricordo indelebile in compagni e tifosi, che nel 1997 lo proclamano attraverso un sondaggio di Forza Milan! Cuore rossonero.

Determinante il suo contributo nella conquista dello scudetto numero sedici della storia milanista, fin dalle prime due giornate quando lui e l’altro grande colpo della campagna acquisti 1995-96 George Weah sono decisivi con un gol e un assist a testa, a ruoli invertiti, nelle vittorie contro Padova (proprio quel campo dove pochi mesi prima si era gravemente infortunato con la Juve, spianando così la strada all’ascesa del giovanissimo Alex Del Piero) e Udinese, colpo di testa vincente del Divin Codino su imbeccata del Re Leone per la prima delle diciannove marcature complessive che caratterizzeranno il suo biennio milanista, conclusosi con una standing ovation il giorno del raduno del disgraziato Milan 1997-98 targato nuovamente Capello, al quale Baggio partecipa avendo già in mano il contratto con il Bologna, dove avrebbe conosciuto la resurrezione e il ritorno in azzurro a furor di popolo.

Baggio per il Milan è anche storia di un avversario incisivo, a cominciare dalla prodezza, per lui centro numero due in serie A dopo la prima marcatura al San Paolo di Napoli nel giorno del primo storico scudetto di Maradona e compagni, datata 20 settembre 1987, Milan-Fiorentina: prima a San Siro per quell’Arrigo Sacchi che avrebbe segnato nel bene e nel male la sua carriera; un gol “alla Baggio”, partito da metà campo, semina la difesa rossonera, scavalca anche Giovanni Galli e, con Diaz che aveva aperto le marcature poco prima, firma quella che (compreso lo 0-2 a tavolino di dicembre contro la Roma) sarebbe stata l’unica sconfitta per il Milan campione d’Italia 1988. Una prodezza simile avrebbe ripetuto anni dopo, nel 1993, con la maglia bianconera, il 17 aprile, anche stavolta partendo da metà campo, anche stavolta scavalcando il portiere rossonero, in questo caso Sebastiano Rossi: 3-1 per la Juve di Trapattoni, con tanti ringraziamenti da parte dell’Inter di Bagnoli e Ruben Sosa impegnata in una rincorsa scudetto che però, alla fine, avrebbe visto prevalere ancora una volta i ragazzi di Capello. O ancora il colpo di testa vincente al Delle Alpi di Torino il 30 ottobre dell’anno dopo, un k.o. che di fatto segna il passaggio delle consegne del tricolore, da tre anni appannaggio del Milan a favore della nascente Juve di Lippi che, ceduto ai rossoneri Baggio, avrebbe poi proseguito il suo ciclo di successi. E ancora la doppietta-vendetta( e assist vincente allo svedese Andersson per il 3-0 finale) contro il tecnico friulano che di fatto lo aveva scaricato al Dall’Ara di Bologna il 19 aprile 1998, che al campione veneto spalanca definitivamente le porte per il Mondiale di Francia e al Milan le porte dell’inferno che si sarebbe di lì a poco materializzato con la sconfitta-beffa nella finale di Coppa Italia contro la Lazio. Coppa Italia che, passato ai cugini nerazzurri,lo avrebbe visto nuovamente, nel 2000, regalare un altro dispiacere a quei tifosi che lo avevano eletto loro Cuore. 


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