Sei mesi di Milan e Allegri ha suturato la ferita con 32 punti: la convalescenza rossonera ora offre ottimismo
La foto a corredo del pezzo è più che mai esplicativa di questa seconda metà dell'anno del Milan. Allegri tende le mani a tranquillizzare tutti: "Calma". Quasi a dire: "Ci penso io". Non siamo neanche a metà del guado, ma c'è già una certezza: per uscire dalla depressione calcistica in cui versava tutto l'ambiente al termine della scorsa, disgraziata, stagione serviva per forza uno come Allegri. Pioli aveva esaurito la carica ben prima della separazione avvenuta a giugno 2024, con Fonseca non è mai sbocciata la scintilla e quella di Conceiçao si è esaurita subito, il tempo di una fumata di sigaro.
I risultati? Milan ottavo, finale di Coppa Italia persa, uscita dalla Champions League al limite del vergognoso, comportamenti in campo (e fuori) non consoni e una dirigenza giustamente contestata dal tifo, organizzato e non. Ennesima rivoluzione estiva, cessione di un pezzo (una volta?) importante come Theo, querelle sui rinnovi di Maignan e Pulisic. Incertezze e fastidi. Eppure il Milan è secondo in classifica, con una partita in meno, ad un solo punto dall'Inter capolista. Derby e scontri diretti vinti, una sola sconfitta in campionato nonostante le tante e ripetute assenze. È cambiato tutto dall'oggi al domani?
Ovviamente no. Però Allegri, e nonostante i tanti detrattori amino sguazzare nella fanghiglia della corsa al demerito, è l'artefice principale di questo cambio di rotta. Uno, sa come si lavora, allena e vince in Italia. Due, è rispettabile e rispettato (si dovrebbe aprire una bella parentesi su come i calciatori diano "rispetto" a targhe alterne ma non è il momento). Tre, è benvoluto dai tifosi. Quattro, ha il carisma e le spalle abbastanza larghe per uscire illeso dal tritacarne che è l'ambiente Milan. Cinque, a zero: Mayulu. Battute a parte, ci si può ricollegare ad uno dei momenti più belli sportivamente del 2025 per sottolineare una cosa importante: il tifoso milanista deve tornare a gioire delle proprie cose, e non delle sconfitte altrui. O meglio, non solo. Il Milan deve tornare nuovamente rilevante e per farlo bisogna seguire Allegri quando dice che questo è un club in cui vincere è la normalità: è quando si perde che si deve pensare ad un'eccezione.
Chi non ha tante simpatie per l'allenatore livornese a questo punto penserà: "Che noia, l'ennesimo pezzo leccaculo verso questo allenatore". Anche se si vuole far finta di non vedere i fatti di campo, concreti e tangibili, i calciatori in rosa non perdono occasione per spendere belle parole verso il mister. L'ultimo, in ordine di tempo, è stato Rabiot ieri a Sky: "Secondo me la cosa che ha cambiato il Milan dall'anno scorso a quest'anno non è un giocatore, non è la squadra, ma è proprio l'allenatore con il suo staff. Conosciamo tutti Allegri: è bravo, è molto importante per una squadra avere un allenatore così bravo a livello sia di calcio, sia umano. Se incide sulla nostra testa? Sì, molto. Sappiamo che il calcio non è solo una questione di gambe e questo il mister l'ha capito da tanto. È vero, con lui c'è un rapporto diverso: mi ha parlato da sùbito molto, mi ha aiutato a livello della mentalità. Lui mi capisce, a volte anche senza parlare. Non capita con tutti”.
Allegri e Landucci dal canto loro ricambiano spesso, e nelle interviste post partita parlano continuamente di un gruppo disponibile e responsabile. A Milanello è finalmente tornata l'armonia e, almeno lì a Carnago, il pallone è al centro di tutto. Come andrà a finire la stagione è ovviamente tutto da vedere, ma quella frattura che l'anno scorso sembrava insanabile è stata suturata e sta guarendo. In sei mesi Allegri ha tirato fuori il kit di pronto soccorso e si è messo al lavoro: "Tranquilli, ci penso io".