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Pioli: "Impressionato dalla serenità di Gazidis, la sua forza è anche la nostra. Siamo una famiglia, tutto il mondo Milan è con lui"

di Manuel Del Vecchio

In occasione di un evento speciale con BMW, Automotive Partner e Premium Partner dei rossoneri, mister Stefano Pioli ha concesso un’intervista “insolita”: una bella chiacchierata a bordo di una BMW nel tragitto che da Casa Milan porta a Milanello. Queste le sue dichiarazioni:

Che rapporto hai con questa città? “Milano è una bella città, moderna, viva, all’avanguardia. Zone preferite? Mi piace molto camminare, alla sera esco a cena con mia moglie e ci piace andare nella zona centro a piedi”.

Sulla BMW che sta guidando: “Macchina veramente bella, confortevole, elegante. Le macchine sono un dei pochi vizi che ho, mi piacciono le macchine potenti non perché vado eccessivamente forte ma perché mi piace sapere che se ho voglia ci posso andare. Due ruote? Da ragazzino non ho mai avuto lo scooter, ma da diversi anni, soprattutto a Parma, mi piace usare lo scooterone”.

Un parallelo BMW-Milan, sono due grandi marchi. Guidare una macchina così può essere avvincente e stimolante come guidare una squadra di calcio? “Assolutamente sì, sei consapevole di avere a disposizione qualcosa di prestigioso, di importante. Ti stimola, ti motiva a dare il massimo”.

Essere allenatore ed essere sempre in movimento ti ha cambiato? “Assolutamente sì, il nostro modo di viaggiare è particolare. Quando viaggiamo nel pre partita non vediamo niente, siamo concentrati sulla partita. Abbiamo abitudini consolidate quindi ad esempio se andiamo a giocare a Roma, Napoli o Torino difficilmente esco dall’albergo. Per fortuna mia moglie è un’amante dei viaggi, mi ha permesso non dico di girare tutto il mondo, che è comunque una cosa che abbiamo in mente di fare in futuro, ma di visitare tanti posti bellissimi. Mia moglie è più per i monumenti, le chiese, le strade, invece a me piace viaggiare per vedere le persone. Magari lei va dentro la chiesa, io rimango fuori per guardare le loro abitudini, cosa fanno, come si vestono. Mi piace andare anche in posti poco conosciuti per capire come si comporta la gente comune”.

Fa tutto tua moglie o prenoti tu? “C’è una regola nella nostra famiglia: io faccio un lavoro in cui devo fare scelte giornalmente, sulle altre cose, soprattutto sulle vacanze, decide sempre lei, non so mai dove mi porta. Mi sorprende? Qualche volta sì. Il più delle volte mi dà qualche indizio, ma è sempre lei che sceglie. Non è mai successo che mi portato in un posto che non mi sia piaciuto. In questi termini è molto affidabile”.

Mare o montagna? “La mia vacanza preferita sarebbe metà e metà. Amo il mare, però alla fine non mi piace tanto stare in spiaggia a cuocermi sotto il sole. Se avessi un mese a disposizione fare 15 giorni al mare e 15 in montagna. La montagna è più rilassante, ci sono anche tante cose da fare. Mi piace andare in bicicletta. Mi piace camminare, mi piace mangiare, fare una partita a carte. Quest’anno con la gioia del fatto che siamo diventati nonni abbiamo preferito rimanere in Versilia vicino a nostra figlia con l’opportunità di vedere spesso il nipotino. Siamo rimasti in Versilia tranne che per 5 giorni in cui abbiamo fatto visita ad un amico a Formentera”.

La montagna ti ispira una bella passeggiata in bicicletta, vero? “La mia altra grande passione sportiva è sicuramente il ciclismo. Mi piace praticarlo e anche vederlo. Adoro le telecronache di Magrini, mi emozioni. Qualche anno fa ero più in forze e ho fatto dei bei giri. MI rilassa. Mi piace andare con i miei amici stretti ma anche da solo, quando ho bisogno di stare tranquillo e di pensare. Mi piace quando posso andare sulle colline parmigiane dove non c’è traffico”.

Nel tuo calcio prendi qualcosa dal basket? “Io sono amante dello sport ad alto livello di qualsiasi genere. Ad alti livelli si può prendere sempre qualcosa a livello di motivazione o anche a livello tecnico. Qualcosina ho provato a portarlo dal basket ma sono due sport molto diversi. Però magari sulle palle inattive qualcosa possiamo averlo portato via”.

Dopo il ciclismo e il basket? “Il tennis. Berrettini mi ha entusiasmato, ma anche Sonego come Musetti, Sinner, Fognini. Abbiamo tennisti di alto livello. Quest’estate c’è stato il binomio dell’Italia agli Europei con Berrettini, secondo me hanno trasmesso la faccia bella dell’Italia. Al di là dell’aspetto tecnico tattico in cui sicuramente Mancini ha fatto molto bene io ho apprezzato come i giocatori si guardavano tra di loro e come guardavano Mancini, e lo sguardo di Berrettini così determinato ma anche sereno. È un’estate che dal punto di vista sportivo ci ha regalato emozioni ed atteggiamenti positivi, ne avevamo bisogno. Non è stato solo un aspetto calcistico, c’è stata un’empatia tra di loro che ci ha coinvolto tutti. Avevamo bisogno di festeggiare insieme dopo tanti mesi chiusi in casa. Tutti abbiamo sofferto per questa pandemia”.

Tutti gli allenatori vorrebbero poter contare su questa magia? “Tutti partiamo con ambizioni molto grandi, ma possiamo ottenerle solo se noi stessi ci mettiamo a disposizione del gruppo. Se riusciamo a rinunciare a qualcosa per noi stessi e metterlo a disposizione del gruppo allora abbiamo grandi possibilità di ottenere quello che vogliamo e anche di più. In ogni partita c’è un momento in cui devi soffrire e aiutare il compagno, e se non sei così generoso e non ti senti di appartenere ad un gruppo poi l’obiettivo viene meno. Se fai mezzo metro in meno, se fai una corsa in meno, se dici una parola in meno poi lo paghi. Adesso il limite tra vincere e perdere una partita è davvero sottile, se ci metti qualcosa in più hai possibilità di vincere”.

Rinunciare a qualcosa che ti appartiene per darla al gruppo fa parte dello stile Milan, vero? “Io devo dire che lo stile Milan e il senso di appartenenza che respiriamo e viviamo tutti i giorni a Milanello è ormai dentro di noi. È vero che va sempre coltivato, stimolato, riacceso, ma c’è sempre questa forza e spirito di gruppo, anche vedendo i nuovi ragazzi: Giroud, Maignan… Sono tutti ragazzi che hanno valori importanti e sono persone di spessore. Poi chiaramente non si può avere solamente belle persone e giocatori normali, noi dobbiamo abbinare certi valori morali a qualità tecniche sempre importanti. È presto per dire dove possiamo arrivare, l’importante è essere ambiziosi. Dobbiamo esserlo, sapendo che le difficoltà ci saranno, ma se hai grandi ambizioni gli ostacoli puoi superarli. Credo che questo gruppo abbia una grande voglia di far bene e di rendere onore alla maglia che indossiamo”.

Mister, sbaglio se associo questa tua passione e queste idee così chiare alla figura di tuo papà, Pasquino, che ti ha trasmesso il nobile sentimento dell’amore per il calcio? “Il ricordo più bello, la sensazione più bella è che con mio padre mi sono sempre sentito al sicuro, mi ha dato sempre una sicurezza forte. Vedevo in lui una figura seria e responsabile. Mio padre ha fatto per tutta la vita due lavori, la sua passione per il calcio ci portava in giro. Mio padre mi ha sempre trasmesso il valore per essere una persona seria, educata, che cerca di fare il meglio per essere sereni ed equilibrati. Mio padre e mia madre si sono divisi i compiti. Anche se giocavo male o facevo qualche errore per mio padre c’era sempre qualche giustificazione, mia madre invece era ed è molto più dura nei giudizi ed è giusto così”.

Ci racconti un aneddoto su tua mamma Marialuisa: “So che i miei fratelli e i miei nipoti quando vedono la partita con mia mamma non riescono a gestirla, è molto impulsiva, molto vulcanica. È molto rispettosa dei momenti, la chiamo io. Poi quando passa qualche ora si intenerisce se capisce che è un momento particolare, però poi non riesce a non dirtele le cose (ride, ndr)”.

Come va la guida? “È una macchina veramente comoda, la guida è semplice”.

L’essere nonni: “L’ho sempre sentito dire che diventare nonni è un’emozione fantastica, si perde un po’ la testa e in effetti sta succedendo così. Essere nonni ti da consapevolezze diverse. Quest’estate me lo sono goduto molto, in bicicletta sul seggiolino, sul passeggino. Ora ha due anni, comincia a parlare e a comunicare. Ha già toccato il pallone, ma ora è nel momento macchinine. Mia figlia ovviamente guarda tutte le partite del Milan, lui ha imparato il nome di Kessie ed è bellissimo perché mentre guardavamo le partite dell’Europeo si buttava a terra e diceva “Che fallo Kessie” (ride, ndr). Gli ho regalato adesso il kit completo di Franck. Presto ci sarà l’incontro dal vivo”.

Per un allenatore è difficile essere padre? “No. Tra l’altro io alleno dei ragazzi che sono molto più giovani dei miei figli. Soprattutto noi che abbiamo tanti ragazzi stranieri, che arrivano da altri paesi e altre culture e sono qua da soli, avere delle figure come me e i miei collaboratori, con cui possono parlare delle loro difficoltà, delle loro abitudini, di cosa hanno bisogno, credo che sia utile anche a loro per avere meno difficoltà in questa nuova esperienza”.

Quindi l’allenatore è anche essere un po’ un padre? “Nella mia visione sì, soprattutto nei miei giocatori sottolineare i comportamenti, gli atteggiamenti… Chiaramente a 18 anni non puoi avere ancora tutto ben definito su come ti devi comportare, da professionista e da persona. Tutto quello che loro stanno pensando di fare io l’ho già fatto 30 anni fa, cercare di dargli dei consigli su delle situazioni che possono affrontare credo che possa aiutarli a farli crescere. I nostri ragazzi hanno 20 anni, ma se ci pensi il nostro ambiente ti fa crescere in fretta e quindi ti sembrano più adulti. Ma poi quando ci vai a parlare sembrano davvero ragazzi di 19-20 anni, con i loro pensieri e le loro preoccupazioni. Poi sembrano sempre così spavaldi ma non è sempre così. Ma poi lavorare e vivere questa realtà come il Milan e queste pressioni per un ragazzo giovane non è così semplice. Avere persone che possano aiutarti a superare queste difficoltà può essere utile”.

Un po’ come gli amici: “Quando penso agli amici mi viene in mente la musica, ce l’ho sempre in ufficio come sottofondo. Una canzone di Cocciante dice “Un amico se lo chiami di notte scende in strada e prende anche le botte, e poi magari te le ridà”. Gli amici sono quelli che ti prendono per quello che sei, quelli che esaltano i tuoi pregi e coprono i tuoi difetti. Non ho tantissimi amici ma ho amicizie dove anche lì mi ritrovo solide e forte, so di avere persone che ci sarebbero sempre in caso del bisogno”.

La figura di Barbara nella tua vita: ti ho conosciuto sempre come una persona molto riservata, ma quel “Ti amo” regalato alle telecamere dopo quell’Atalanta-Milan per festeggiare un traguardo e per ricordare il tuo amore a Barbara (la moglie, ndr), ha sicuramente rappresentato qualcosa di importante: “È chiaro, era la data del nostro anniversario e io e Barbara stiamo insieme da quando abbiamo 16 anni. Barbara credo che sia stata la persona che mi ha aiutato a crescere e migliorare, è una persona molto brillante e intelligente. Non è facile essere moglie di un professionista che si porta a casa il lavoro, è inevitabile che sia così, e spesso si porta a casa le delusioni, le preoccupazioni, i pensieri. Ma le hai sempre avuto la sensibilità, l’intelligenza di capire quando e come intervenire e dire certe cose. La sua curiosità mi ha permesso di viaggiare molto e viaggiare molto ti apre anche la testa, le idee su tante cose. È vero che quando eravamo ragazzini io pensavo già al matrimonio e ai bambini, lei invece pensava giorno per giorno. Diciamo che tra i due sono stato io a insistere di più. Ma poi le cose hanno funzionato”.

L’amore può aiutare un allenatore a diventare un uomo più forte? “Assolutamente sì perché se sei a posto nella tua vita e nell’amore il tuo equilibrio interno ti può aiutare a rendere meglio. Io sto bene in tutto quello che faccio, mi sento di poter dare tutto quello che ho e anche di più. Quando c’è qualcosa che non funziona il tuo equilibrio ne risente e non riesci ad esprimere tutto quello che è il tuo potenziale”.

C’è stato un atto di coraggio importante che è quello di Ivan Gazidis, che ha voluto “denunciare” la sua malattia, ma poi la sua denuncia è diventata un incitamento alla vita per tutti coloro che devono combattere il cancro. Che cosa ha provato Stefano Pioli di fronte a quelle parole? “Sono rimasto impressionato dalla sua serenità, la sua forza sarà anche la nostra forza. Vederlo così determinato, sereno e convinto di poter affrontare questa battaglia e di poterla vincere ci sta dando un’emozione che sentiamo. Tutto il mondo del Milan è con Ivan perché è uno di noi e noi siamo una famiglia, sa che adesso stiamo pensando a lui. Forza Ivan!”.


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