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Per rialzarsi bisogna rompere con il passato

di Matteo Calcagni

L'Atalanta, con una difesa attenta ed un gioco organizzato, ha messo in luce i problemi dei rossoneri, ancora ancorati psicologicamente al passato. A partire dal sistema di gioco, fino al comparto motivazionale, l'undici di Allegri sembra vivere ancora di ricordi, ricercando invano gli sguardi di Ibrahimovic e Thiago Silva. Lo si è visto nei retropassaggi imprecisi che, fino all'anno scorso, venivano tramutati in oro dal centrale brasiliano. Lo si è constatato in fase offensiva, dove l'assenza di idee (e di un factotum svedese), ha portato ad un sovrautilizzo del tiro dalla lunga distanza. Per abbattere le difese uncinate non servivano schemi elaborati e ghirighori corali, bastava lasciare palla a Zlatan ed attendere fiduciosi. Mancando queste due (straordinarie) risorse, il Milan deve obbligatoriamente voltare pagina, sfruttando le caratteristiche degli uomini a disposizione. Partiamo dal sistema di gioco. Il 4-3-1-2, modulo non facile da ricreare senza determinati interpreti, rischia di diventare uno dei grandi limiti di questa squadra. Se non si possiedono le risorse tecniche per assaltare frontalmente i fortini, bisogna cercare di aggirarli ed attaccarli lateralmente. Per farlo, oltre ad una determinazione superiore, è necessaria una maggior presenza sulle fasce laterali. I soli terzini, le cui incursioni vengono limitate o bloccate sul nascere dal pressing avversario, non sono sufficienti per scardinare retroguardie serrate come quella bergamasca. E' inevitabile, dunque, provare strade alternative: 4-3-3, 4-2-3-1 o addirittura 4-4-2. D'altronde, osservando le peculiarità degli uomini a disposizione, non possiamo non notare la diffusa capacità di giocare sull'esterno. El Shaarawy, Emanuelson e Constant sono giocatori in grado di ricoprire posizioni decentrate, così come Bojan e Robinho, anche se con filosofie spiccatamente offensive. Coprire le fasce, oltre ad aprire nuovi orizzonti in attacco, aiuterebbe senza dubbio la fase difensiva, non proprio ineccepibile in questo primo scorcio stagionale. Allegri deve avere il coraggio di cambiare qualche sfumatura, pur attingendo dalla stessa tavolozza di colori. Un altro passo decisivo, e forse più importante, sarà quello mentale. La squadra non sembra aver metabolizzato le cessioni illustri, come in molti temevano durante l'estate. Ignazio Abate, intervenuto nel postpartita, ha fotografato perfettamente la situazione: "E' una questione mentale, dobbiamo crederci di più. Non è possibile che la partenza di due campioni ci mandi in depressione. C'è mancanza di convinzione e di fare risultato". Per certi versi, si è ripercorso l'avvio che la squadra ebbe nel 2009, quando fu ceduto un numero uno come Kakà. La svoltà, in quel caso, arrivò ad ottobre, quando Leonardo decise di abbandonare il rombo per passare ad uno schema più sfrontato. I giocatori ritrovarono fiducia e consapevolezza, sognando lo scudetto e raggiungendo un terzo posto che altrimenti non sarebbe mai arrivato. Anche questa volta, in un modo o nell'altro, si dovrà cambiare rotta, rompendo col passato e ritrovando il vero top player: l'entusiasmo.


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