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MN VI LEGGE IO, IBRA - Il primo vero amico, i consigli di Van Basten e la lite con Van Gaal

di Francesco Somma

Perché le biografie di calciatori e attori, soprattutto se prestigiosi, riscuotono sempre un grande successo editoriale? Perché consegnano al mondo gli aspetti nascosti, i lati del carattere e della vita che non si vedono, e che le telecamere non sempre riescono a catturare. Zlatan Ibrahimovic è sicuramente uno dei personaggi pubblici più chiacchierati al mondo, e la sua biografia, 'Io, Ibra', non può non far rumore. Sono tanti gli aspetti che hanno suscitato scalpore e interesse: giorno dopo giorno Milannews.it racconta ai propri lettori gli stralci più interessanti del libro edito da Rizzoli, e li commenta. C’eravamo lasciati, insieme a Ibra, con il Malmö ormai alle spalle, e l’Ajax in un orizzonte più che prossimo. L’arrivo ad Amsterdam significa per il ventenne Zlatan l’incontro con una nuova realtà umana e soprattutto calcistica: “In Svezia quando ricevevo palla avevo un po’ di tempo per scegliere la giocata migliore, qui invece bisognava fare tutto subito, e nel miglior modo possibile, ma soprattutto, se in Scandinavia avevo sempre il pubblico dalla mia parte, all’Amsterdam Arena i tifosi erano esigenti, e se tipo vincevamo solo uno o due a zero ci contestavano. Ricordo che una volta ci lanciarono contro di tutto all’uscita dallo stadio, dovetti aspettare e andar via con la scorta. Era assurdo!”. Ma le prime difficoltà Zlatan le incontra con una quotidianità diversa, con la solitudine e con un inizio a dir poco deprimente. Una villetta a Diemen, tranquillo sobborgo a pochi passi dalla capitale, dove il nostro n.11 trascorre ore

inzuppate di noia e videogiochi, alle prese con un ambiente inospitale e un frigo sempre vuoto: “Non che questa fosse una novità per me (vedi articolo sulla prima parte del libro, ndr), ma quando arrivai ad Amsterdam ero a secco di soldi, chiesi aiuto a Beenhakker, ai miei genitori, ma niente, dovevo arrangiarmi da solo. Fu allora che pensai di chiamare quel giovane brasiliano arrivato all’Ajax insieme a me…”. Se oggi Maxwell è uno dei più cari amici di Ibrahimovic, oltre che compagno di squadra in Olanda, Spagna e Italia, il merito è in gran parte di quel periodo. Ibra è solo, al verde, con un frigo vuoto in una casa assolata: “Lo chiamai, gli chiesi se potevo stare un po’ da lui, mi disse che potevo certamente e mi aiutò molto ad ambientarmi in quel periodo così complicato. Mi raccontò della sua vita in Brasile, del legame che aveva con suo fratello morto in un incidente stradale, io feci lo stesso con la mia vita, e capii fin da subito che avevo di fronte un bravissimo ragazzo. Ecco, se devo trovargli un difetto, dico che è troppo buono”. Ibra comincia a segnare, mentre sulla panchina dell’Ajax Ronald Koeman rileva Co Adriaanse, con il quale il centravanti non riuscirà mai ad instaurare un rapporto, ma paradossalmente (molto paradossalmente, vista la fama che lo accompagna oggi) i gol arrivano più negli impegnativi confronti di Champions League che durante gli impegni nella mediocre Eredivisie: “Gli avversari forti mi hanno sempre stimolato”. Particolare da non trascurare, Ibra indossa la maglia numero 9, quella appartenuta a Van Basten, e lo considera una vera e propria responsabilità: “Sentivo una pressione enorme per questa cosa, Van Basten è un grandissimo ed era come se lo sentissi sempre addosso, poi lo conobbi e capii che persona era. All’inizio di fronte a lui mi sentivo come un ragazzino, poi mi ci abituai, prima di ogni partita avevamo una serie di gag divertenti insieme, del tipo scommesse sui gol che avrei segnato”. Uno, nessuno: “Ma sei matto? Saranno almeno due. Stronzate, scommettiamo? Andavamo avanti così tutto il tempo, mi dava un sacco di consigli ed era davvero un figo, uno che andava dritto con le sue idee e se ne fregava dei capi”. A tal proposito, Zlatan cita un episodio interessante, risalente a quando veniva criticato per tornare poco in difesa e non aiutare la squadra a sufficienza. Fu assalito dai dubbi, cominciò a chiedersi quanto ci fosse di vero in quelle critiche e, non trovando una risposta, chiese aiuto a Van Basten. E sapete quale fu il consiglio del Cigno? “Non ascoltare mai gli allenatori! Non devi sprecare le tue energie a difendere, tu la squadra la servi al meglio attaccando a segnando reti, non sfiancandoti per tornare indietro”. Zlatan fece suo il consiglio, e se oggi è così letale e decisivo dal centrocampo in su, il merito va, in parte, anche a Marco Van Basten. Che a quei tempi rappresentava la faccia più pulita e simpatica dell’ambiente capitolino,
l’esatto contrario di Louis Van Gaal, con cui Zlatan fatica non poco a capirsi: “A quei tempi Koeman era allenatore e Van Gaal direttore sportivo, un tipo burbero e severo, voleva fare il dittatore ma non aveva il minimo guizzo negli occhi. Come giocatore non era mai stato niente di speciale, e nel club parlava di giocatori come di numeri, io ero felice quando non avevo a che fare con lui”. Poi Zlatan racconta un aneddoto significativo. All’Ajax di tanto in tanto si organizzano incontri di valutazione tra giocatori e tecnico, a cui allora prendeva parte anche Van Gaal: non il tipo di situazioni che andavano particolarmente a genio ad Ibra, ma tant’è. Zlatan entrò, Koeman sorrideva, gli spiegò che malgrado le ottime prestazioni meritava non più di un otto, per non aver lavorato abbastanza in fase difensiva. Ibra accettò serenamente, non aveva nulla contro Koeman, ma ad un tratto nella questione si intromise Van Gaal, chiedendogli: “Lo sai come si gioca in difesa”, Ibra rispose: “Spero di sì”, ma a quel punto il ds attaccò spiegandogli cose che lo svedese aveva già sentito decine di volte, come i movimenti che compie il nove quando il dieci attacca a sinistra, e così via. Ibra resistette finché poté: “Tu puoi anche buttar giù dal letto ogni singolo giocatore alle tre di notte e chiedergli come deve difendere. Lo sappiamo già, e sappiamo che sei stato tu a inventare questo sistema. Ma io mi sono allenato con Van Basten e lui pensa tutto il contrario”.  Van Gaal rimase a bocca aperta: “Prego???”. “Van Basten dice che il nove deve risparmiare le sue energie per attaccare e fare gol, e detto sinceramente io non so più a chi dare ascolto. A Van Basten, che è una leggenda, o a Van Gaal”. Zlatan spiega di aver sottolineato in particolare il nome Van Gaal, come se si trattasse di una persona assolutamente insignificante. E Van Gaal come reagì? “Bolliva letteralmente di rabbia”. “Ora devo proprio andare”, concluse Ibrahimovic, e uscì…

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