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MN - Sviluppo interno, limiti del mercato e mancanza di collaborazione: ecco perché il Milan vuole la sua U23

di Pietro Mazzara

La giornata odierna ha portato in dote diverse notizie (Sky e Tuttosport) in merito al fatto che il Milan si stia muovendo, in maniera molto importante per la creazione della propria formazione Under 23. Una notizia che stiamo seguendo da tempo, figlia di una necessità progettuale non più rimandabile all’interno di un club che, come aveva ricordato anche Gerry Cardinale nei suoi primi manifesti programmatici, punta a sviluppare sempre di più la propria academy per costruirsi in casa giocatori che, sul mercato, o non ci sono o costerebbero decine di milioni di euro. 

Ovviamente serviranno gli incastri giusti, servirà il posto in Serie C e questo si saprà solo a giugno, ma i motivi che stanno spingendo il Milan a lavorare in maniera vera e seria sulla sua Under 23 sono dettati da fattori di sviluppo, di regolamenti e di opportunità che fino a pochi anni fa, quando la Juventus ha fatto da apripista, non erano minimamente attuabili.

Sviluppo interno
Avere la propria formazione Under 23, nei piani del Milan che abbiamo potuto carpire, vorrebbe dire tenere sotto stretta osservazione, quotidiana, quei giocatori ritenuti futuribili per la prima squadra ma che non sono ancora del tutto pronti per un approdo fisso nella rosa dei grandi. Un esempio su tutti: Francesco Camarda. Il baby bomber della Primavera, che tra un paio di mesi farà 16 anni e potrà firmare il suo primo contratto triennale da professionista, ha sì fatto il suo esordio in A, ma non è minimamente pronto, né fisicamente né tatticamente, a fare un salto così ampio. Ecco, è questo il punto: pensate e un Camarda che possa compiere il suo percorso di crescita giocando, con la maglia del Milan, ma in Serie C, laddove si respira ancora calcio vero e meritocratico. Ma come lui ci sarebbero tanti altri ragazzi che sono oggi in Primavera e che potrebbero rimanere in rossonero, ma giocando nella terza serie, con la possibilità di sbagliare – certo – ma anche di crescere in un ambiente adulto, cosa che oggi il campionato Primavera non dà.

Interessi e disinteressi
Una volta, i grandi club mandavano i loro talenti più grezzi a farsi le ossa in squadre di provincia, che garantivano un impiego costante di questi giocatori per poi darli formati a Milan, Inter e Juventus. Oggi queste società satellite, in sostanza, non esistono più né in A, né in B né in C. I club nostrani, ormai, non fanno più niente per niente e dopo un iniziale entusiasmo nell’accogliere i giocatori delle big nelle loro rose, ecco che poi gli fanno passare davanti calciatori più pronti. In più, con la limitazione a sette prestiti imposta dalla Fifa, è praticamente impossibile per i grandi club selezionare una “società satellite” nella quale far confluire i propri giocatori che necessitano di fare esperienza. Il Milan, sotto questo punto di vista, ha ben chiaro il fatto che sarà sempre meglio una crescita interna rispetto al rischio, ormai troppo alto, di vedere marcire in panchina in B o in C alcuni dei propri ragazzi. A giugno se ne saprà certamente di più, ma il Milan va avanti. Le strutture di Milanello sono pronte, al vaglio ci sarebbe la scelta dello stadio dove far giocare – eventualmente – l’Under 23 in Serie C poiché il “Vismara” non ha i requisiti minimi per poterlo fare.  


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