Fino a quindici giorni fa era possibile parlare del Milan utilizzando le stesse identiche parole di cui ci siamo serviti dal mese di maggio. Lodi incontrollate alla solidità della difesa, alla forza di Zlatan Ibrahimovic, alla sua capacità di esserci sempre da protagonista e palesare un’intesa impeccabile con tutti che gli ruotano attorno. Lo straordinario impatto di Boateng, l’esplosione di Abate, ma anche la carenza di titolari e riserve affidabili ed efficaci lungo l’out sinistro. Antonini, Zambrotta e Bonera offrono garanzie limitate e non riescono a conferire alla manovra quell’ossigeno necessario in tantissime occasioni. Non ci riescono adesso come non ci riuscivano nella passata stagione. Galliani lo ha capito per tempo e ha cercato di correre ai ripari, prelevando dall’Olanda un laterale mancino dalle spiccate doti offensive ma – dicono – inaffidabile dal centrocampo in giù, e dalla Francia un giocatore esplosivo e reduce da un ottimo campionato. Emanuelson e Taiwo erano a settembre i due nomi e i due
volti destinati a dare la definitiva svolta al settore più impalpabile dal punto di vista offensivo. Al giro di boa, se tiriamo le somme, ci rendiamo presto conto che il primo ha giocato dappertutto tranne che da terzino sinistro. Lo abbiamo visto (purtroppo non ammirato) da interno e da esterno di centrocampo, da trequartista e perfino da attaccante, senza mai – ahinoi – poter apprezzare un guizzo decisivo. Un gol, un assist, una giocata degna di applausi scroscianti: niente. Allegri ci ha provato e ci sta provando ancora, ma Urby non riesce a ripagarlo. Ha sempre giocato da esterno ed ora si ritrova a dover rifinire e creare superiorità numerica a ridosso delle punte: un alibi di ferro. Ne ha uno anche Taye Taiwo, che viceversa ha giocato sempre e solo da terzino sinistro, senza mai sentirsi pienamente a proprio agio. Ha conosciuto presto l’intransigenza di San Siro, i fischi e i mugugni preventivi, ma non è riuscito a reagire e rimanere tranquillo – non è un’impresa da tutti -, chiudendosi su se stesso prima di finire nel dimenticatoio. Dal tecnico non ha ricevuto una grande mano: Allegri a poco a poco è tornato a preferirgli sistematicamente i tutt’altro che irresistibili Antonini e Zambrotta, e l’uovo è divenuto frittata, che a questo punto è pronta da impiattare, lontano da Milanello, bensì sotto il cielo di Londra: il QPR è pronto a puntare tutto sul nigeriano, che nelle ultime ore ha visto finire senza lacrime la propria esperienza in rossonera. Taye chiuderà alle proprie spalle le porte che Djamel Mesbah ha già trovato aperte. Ora, proiettare sul laterale algerino tutte le aspettative disattese dall’ex Marsiglia non è intelligente. Mesbah non è da Milan, dicono i più, ma parlare in questi termini prima ancora di vederlo indossare e scendere in campo con la casacca rossonera, non ha senso. Così come non avrebbe senso riservare a Djamel la stessa dose di fiducia di cui ha beneficiato Taiwo che, è vero, ha palesato a lunghi tratti limiti poco incoraggianti, ma ha anche giocato poco per subire una stroncatura così netta da costringerlo a togliere i panni della promessa e indossare a malincuore quelli del bidone/meteora. Djamel ha trovato pronto ad abbracciarlo in Via Turati anche Massimiliano Allegri: un segnale importante, un abbraccio riservato non a tutti, un benvenuto che però dovrà avere un seguito di fiducia accertata, consigli, incoraggiamenti, incentivi a migliorare e dare sempre il massimo, ad identificarsi totalmente nei colori che da martedì sono ufficialmente suoi.