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Maldini-Massara-Pioli e il problema Tatarusanu: rischiare è giusto, sbagliare è umano, ma perseverare...

di Manuel Del Vecchio

Il bello del calcio è che ognuno ha una sua visione, una sua teoria, un suo perché ed un suo colpevole. Nei momenti di difficoltà di una stagione, anche in base alle proprie personali preferenze, ci si ritrova a dover (voler?) puntare il dito su un singolo piuttosto che un altro. Che si abbia torto o ragione è un esercizio magari non sbagliato, ma ingiusto. In uno sport in cui si scende in campo in 11, con 5 cambi a disposizione, con un allenatore e un’area tecnica è ingeneroso fossilizzarsi sul singolo quando la striscia di risultati è negativa. Ciò non vuol dire ignorare o far finta di nulla sui tanti, piccoli e grandi, problemi che messi insieme hanno prodotto questo spiazzante e deludente inizio di 2023 del Milan, con la sconfitta di ieri per 4-0 all’Olimpico contro la Lazio di Sarri che è andata ad intaccare ulteriormente la, notoriamente poca, pazienza dei tifosi rossoneri.

IL PROBLEMA – Tifosi, addetti ai lavori, e perfino giocatori, visto che gli atteggiamenti in campo non nascondono preoccupazione e frustrazione, hanno però trovato il classico punto che mette tutti d’accordo: non si risentirà nessuno, perché è semplicemente la realtà dei fatti, se si puntualizzerà ancora una volta su come Ciprian Tatarusanu stia togliendo ad una squadra già scarica ed impaurita ogni tipo di certezza. La sensazione è che con il rumeno in porta, chiamato a sostituire il lungodegente Maignan ormai dalla fine di settembre, agli avversari basti centrare la porta per creare pericoli mortali, ma non solo. Vista la scarsa attitudine a staccare i piedi dalla linea di porta ed uscire dell’ex Lione basta anche un traversone bel calibrato e teso. E non è finita qui, vista la palese incapacità nel gioco con i piedi del nativo di Bucarest gli avversari hanno ormai capito che pressare alti l’avvio di manovra rossonera, viste anche le caratteristiche dei centrali Tomori e Kalulu, è un qualcosa che premia lo sforzo. Risultato? Senza voler essere esageratamente duri, ma guardando le partite del Milan, soprattutto nell’ultimo periodo, si ha la sensazione di giocare in 10 con una sagoma in porta. Anche ieri contro la Lazio ha le sue responsabilità, ovviamente da dividere con il resto della squadra: se gli avversari arrivano in zone pericolose è perché qualcuno glielo concede. Sul gol di Savic, che tira da ottima posizione ma senza dare forza particolare alla conclusione, arriva il primo peccato mortale: chi ha avuto la possibilità di indossare i guantoni sul terreno di gioco e magari svolgere anche qualche allenamento specifico per la posizione sa benissimo che in quel tipo di situazione, palla dal fondo, tiro con tanto specchio disponibile da posizione ravvicinata, la zona di competenza del portiere è quella più vicina al primo palo: sarebbe impossibile anche solo pensare di essere efficaci nella copertura di tutto lo specchio, quindi meglio massimizzare le possibilità di riuscita in un’area circoscritta e raggiungibile in quella frazione di tempo, che è la stessa area in cui Tatarusanu subisce il gol, andando giù in modo lento e goffo. Goffo è anche l’intervento sul secondo gol biancoceleste, seppur la conclusione di Marusic arriva da posizione ravvicinata: il numero uno rossonero, che aveva coperto bene l’angolo di tiro, provando l’intervento con la gamba favorisce invece l’avversario, facendo passare il pallone sotto l’arto: facile a parole, ma rimanendo “fermo” sarebbe riuscito ad intercettare. Infine, enorme responsabilità, al pari di Kjaer e Kalulu, sul rigore concesso nel secondo tempo. Simon sbaglia completamente l’impostazione dal basso, ma il pallone respinto dalla Lazio va velocemente verso una zona che in teoria sarebbe di competenza del portiere. Ma solo in teoria, perché Tatarusanu non aveva seguito minimamente l’azione e di conseguenza si trovava in una posizione, ancora dentro l’area di rigore, che non gli ha permesso l’uscita per contrastare Felipe Anderson, che ha avuto tutto il tempo di raggiungere la sfera e proseguire nell’azione, culminata nel fallo da penalty di Kalulu.

NOZZE CON I FICHI SECCHI – Ma come ci è arrivato il Milan campione d’Italia in questa situazione? Anche questo è un discorso delicato; la risposta non va più cercata sul campo o in chi manda i giocatori in campo (anche se verrebbe da chiedersi se Vasquez sia davvero peggio di questo Tatarusanu), ma in chi costruisce la squadra. Nessun moto di ingratitudine verso chi, ormai da anni, ha preso un Milan economicamente e sportivamente sull’orlo del baratro e, dovendo fare le nozze con i fichi secchi, si è trovato a prendere decisioni difficili e impopolari, andando però spesso e volentieri sulla strada giusta. Ma quando si è costretti a fare scelte con una coperta corta è impossibile non incappare in qualche errore: la scorsa estate, strana e anomala a causa della trattativa per il rinnovo dei due dirigenti e per il passaggio di quote di maggioranza in corso, Maldini e Massara si sono ritrovati a scegliere sul dove tirare la coperta, consapevoli dei rischi presi. Forti di un’autonomia decisionale guadagnata in fase di trattativa, il duo dirigenziale ha potuto spendere circa 50 milioni di euro in cartellini, dirottando il grosso della cifra su Charles De Ketelaere, classe 2001 del Club Brugge. Alcuni l’hanno visto come un all-in, altri come un investimento prezioso per il futuro, altri come un rischio: quel che è certo che con il margine di manovra economico a disposizione era molto difficile rinforzarsi in modo certo in più ruoli. Maldini e Massara, come hanno spesso fatto, hanno scelto di puntare su un calciatore considerato in rampa di lancio e con un potenziale altissimo, che in caso di esplosione avrebbe generato un plusvalore tecnico ed economico notevole: al momento il rendimento del belga è al di sotto le aspettative, ma non è di certo finita qui: a Milanello sono convinti che il giocatore si farà. Tutto questo preambolo cosa c’entra con Tatarusanu e la scelta di rimanere con il reparto portieri invariato rispetto alla scorsa stagione? C’entra eccome, perché i direttori dell’area tecnica e sportiva hanno dovuto fare, ancora una volta, delle scelte e prendersi dei rischi, che evidentemente al momento non hanno pagato. Maignan, che in carriera non ha mai palesato problemi fisici di questa portata, è fuori ormai da 4 mesi interi, e il suo sostituto designato sta creando solo problemi e confusione. Chi si sarebbe mai aspettato una situazione del genere? Difficile da pronosticare, anche se è vero puntualizzare che è compito dei dirigenti di pensare ad ogni tipo di evenienza e casualità, cercando di prevedere eventuali problemi e criticità. È anche verso però che ci sono diversi gradi di priorità, da classificare anche al tipo di budget a disposizione: evidentemente Maldini e Massara hanno voluto rischiare sul secondo portiere e i fatti, a differenza di molte altre volte, non li hanno premiati neanche un po’.

E ORA? – Un’altra critica da muovere al duo è che una volta preso atto, già prima del Mondiale, che Tatarusanu (e a quanto pare Mirante) è un giocatore che non riesce più a performare ed offrire certezze anche a livelli medio/bassi, com’è possibile non aver voluto chiudere la toppa già nei primi giorni di gennaio portando a Milanello, con ogni tipo di formula, un estremo difensore magari non eccelso, ma che nelle basi e nei fondamenti di gioco possa ridare ad una difesa in difficoltà almeno un pizzico di tranquillità? E poi come può Pioli non prendere atto che al netto del lavoro dei preparatori dei portieri, che in tutti questi mesi hanno fatto di tutto e di più per stimolare Tatarusanu ad uscire dalla sua (presunta) zona di comfort, appare ormai evidente come il giocatore viva sotto un’aura di negatività e sfiducia da parte dell’ambiente circostante? Il detto “sbagliare umano ma perseverare è diabolico” è più che mai attuale.


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