La speranza che diventa utopia
Ci sono cose che vanno fatte a caldo ed altre che è sempre meglio fare a freddo. L’ode e l’esaltazione di una vittoria importante devono sempre seguire quest’ultima; l’analisi e l’approfondimento della prova del singolo è invece preferibile tenerli buoni dal day-after in avanti. E quando ti accingi a farla, specie sei stai parlando dei colori che hai nel cuore, lo fai con la speranza di dire cose belle, di riversare sulla pagina l’emozione che ti ha regalato la prestazione di un giocatore della tua squadra. Ma se l’atleta in questione è Clarence Seedorf, l’ultimo Clarence Seedorf, purtroppo nemmeno un lontano parente del fuoriclasse che la scorsa primavera ci ha deliziati con prestazioni valevoli a cucire una fetta importante di Scudetto, l’impresa diventa difficile. L’ultimo Clarence Seedorf, che mostra un evidente disagio quando chiamato ad inventare a ridosso delle punte, ma anche a ben vedere fa fatica anche nel ruolo che in teoria è suo con la “S” maiuscola: quello di mezzala sinistra. Dopo un primo tempo giocato sulla falsa riga dell’immobilità palesata praticamente da tutta la squadra, con l’ingresso in campo di Maxi Lopez, l’olandese è passato sulla linea dei centrocampisti al posto di Nocerino, da cui purtroppo non ha ereditato la verve e l’intensità di gioco. Ce l’avessero qualche anno fa, “Seedorf dovrebbe giocare come Nocerino”, avremmo giustamente gridato all’eresia, e invece oggi lo diciamo lucidamente: una buona dose della voglia e della fame del centrocampista napoletano non guasterebbero affatto al nostro n.10. Ma ci sono che è meglio augurarsi a caldo, altre che vanno conservate per i giorni successivi, altre che è meglio archiviare direttamente nella cartella “Utopia”.