La panchina di Allegri e quel precedente di Zaccheroni...
Allegri come Zaccheroni, una situazione che a distanza di dodici anni sembra riproporsi, un copione già visto il cui finale potrebbe mettere in preallarme l’attuale tecnico rossonero. Il perché del paragone? Facciamo qualche passo indietro nel tempo: estate 1998, il Milan deve rifondare dopo le ceneri dell’era Tabarez, Sacchi-bis e Capello-bis: un undicesimo e un decimo posto, decisamente troppo per una squadra che pochi anni prima aveva strapazzato il Barcellona in Coppa dei Campioni. Si punta su un tecnico giovane, dalle fresche idee che ha portato una provinciale come l’Udinese per la prima volta in Europa, fautore del 3-4-3. Il dogma del 4-4-2 rossonero per una volta viene messo da parte, si costruisce la squadra con pedine funzionali al tecnico: arrivano quindi Helveg e Bierhoff, più onesti giocatori che si riveleranno sorprendenti come Sala e Guglielminpietro. Partita a fari spenti la squadra mantiene un ritmo da passista, mai in fuga ma con una costanza incredibile. Quest’ultimo aspetto farà la differenza quando la Lazio avrà il suo momento di amnesia sul finale di stagione, Zac mette la freccia e vince lo scudetto al primo colpo. L’anno successivo l’impresa non riesce, nonostante uno Shevchenko in più che però all’epoca dei fatti non era ancora il fenomeno che si rivelò. Il Milan arriva terzo, dietro Lazio e Juve e Zac si fa confermare, anche se il rapporto non è più come prima. Estate 2000, mercato praticamente immobile. Ci si aspettano rinforzi poiché siamo nel periodo di vacche grasse e i rossoneri appartengono al club delle “7 sorelli”. Le altre 6 si rinforzano, A Zac solo nel finale arriva il “contentino” Redondo, per giunta infortunato. Un segnale poco incoraggiante. Il malcontento sulla difesa a 3 inizia ad aumentare, la proprietà vuole tornare al 4-4-2: i risultati in campo non aiutano, stavolta il Milan viaggia in zona Zoppa Uefa, il rapporto è sempre più logoro e si aspetta il pretesto per porre la parola fine è l’eliminazione contro il Deportivo La Coruna nella seconda fase a gironi di Champions. Arriva il benservito all’indomani e la coppia Cesare Maldini-Tassotti traghetterà la squadra fino a fine stagione, prima di consegnare in mano a Fatih Terim le chiavi.
Estate 2010, la gestione Leonardo è durata appena una stagione e lo scudetto ormai è un ricordo sempre più sbiadito. Dopo l’era degli ex milanisti la dirigenza, come fu per il 3-4-3 di Zac, fa un’eccezione chiamando dal Cagliari Massimiliano Allegri, un tecnico che la maglia del Milan l’ha indossata solo per una tournee post campionato. I sardi con lui hanno vissuto due stagioni tranquille, oltre le proprie possibilità con una difesa solida e valorizzando giovani che avevano faticato a imporsi (Astori, Lazzari, Matri). Al primo anno gli arriva un fenomeno (Ibrahimovic) un campione (Robinho) e qualche giovane interessante (Boateng, Papastathopoulos). I rossoneri inciampano solo alla seconda giornata, poi impiegano pochissimo a passare in testa alla classifica. E ci restano fino a fine stagione. Lo scudetto torna dopo 7 anni, Allegri è ovviamente stra-confermato. Stavolta i grossi nomi non arrivano, ma Allegri riesce a valorizzarli comunque, vedi Nocerino, inaspettato bomber della stagione. Lo scudetto stavolta sfugge, fra infortuni, gol di Muntari e autogol in partite alla portata (Fiorentina). Qualche dissapore inizia a vedersi: quarti di finale, Milan-Barcellona. Si nota come Berlusconi discuta animatamente con Galliani, evidente il suo dissenso sul modo di giocare della squadra. Non piace il modulo, non piace la filosofia di gioco. Allegri però resiste, in fondo il Milan nelle ultime due stagioni ha totalizzato più punti di tutti. Anno terzo, come ai tempi di Zac il mercato porta poco, soprattutto in proporzione a quanto si è perso. Può arrivare Zé Eduardo, Allegri non lo vuole e lo invita a fare un provino. Il brasiliano, offeso, rifiuta. La dirigenza a questo punto accontenta il tecnico, gli porta Bojan e De Jong. E a fine mercato Galliani parla di scudetto. Abbuonata la sconfitta con la Samp, pre-Bojan e De Jong, i rossoneri vincono a Bologna se pur non esaltando troppo. A breve la prova della verità, la Champions incombe e in un girone sulla carta alla portata è vietato fallire. Le 6 partite in coppa saranno il primo vero banco di prova per verificare quanto è salda la panchina di Allegri. A Zac costò caro uscire in un girone con Deportivo, Galatasaray e Paris SG pre-sceicchi.