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La (nuova) solita storia

di Francesco Somma

Non è stata una stagione entusiasmante, giusto per utilizzare un eufemismo. Anzi, è stata una stagione disastrosa, la più disastrosa di sempre. E’ stata una stagione costellata di infortuni, ma questa non è una novità, è la regola, con cui Alexandre Pato sta imparando a convivere. Con cui tutti quelli che fanno il tifo per lui, hanno imparato a convivere. Ci sono riusciti talmente bene da abituarsi a non chiedergli più nulla, ad accontentarsi: della serie “quello che arriva è tutto in più”. Che, di suo, può anche andar bene. Anzi, è la strada migliore per imparare ad apprezzare ciò di cui si dispone, a fare tesoro del proprio potenziale e apprendere come valorizzarlo. Tutto fila, fino a un certo punto, e precisamente fino a quando non ci ricordiamo di chi stiamo parlando: di Alexandre Pato. Una promessa costata 22 milioni di euro, un investimento top, un acquisto su cui Via Turati ha sempre pensato di fondare il futuro. Ma il tempo, che di solito è galantuomo, con Pato è stato un mascalzone, e camminando si è divertito a minare un terreno sempre più zeppo di ostacoli. Un cammino complicato come pochi, per chi ha la classe di un grande giocatore, ma le gambe e i muscoli, fragili come grissini. Eppure, con il tempo, quelle gambette e quelle braccia esili, piene di fame e voglia di arrivare, sono diventate colonne. Mirabili fuori, friabili dentro, incapaci di reggere il peso delle ambizioni. Del giocatore, dei tifosi, ma anche della società. Che con una nuova stagione all’orizzonte, ha in mente vecchi programmi, in stile “sarà la stagione della rinascita per Pato; quella del battesimo definitivo”. E soprattutto, quella dei “finalmente risolti problemi muscolari”. Del resto, il brasiliano è guarito. Ancora una volta, sì. Le ultime lo vogliono vittima di uno sbilanciamento, di una forbice troppo ampia relativa alla potenza del muscolo: fortissimo davanti, debole dietro. Insomma, sta per cominciare un nuovo vecchio anno, con l’aggravante di un’aumentata consapevolezza (all’interno del gruppo), di non poter più contare sull’eterno astro nascente: però si va avanti, tra l’ostinazione di avere ciò che non si può e l’incapacità di capire che certe storie, a un certo punto, vanno semplicemente chiuse.


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