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L'espulsione di Allegri e scene da un futuro che non c'è

di Francesco Somma

Un unicum, una rarità, spiacevole senza dubbio, ma soprattutto sorprendente. L’espulsione di Massimiliano Allegri, la seconda in carriera, uno degli episodi negativi della splendida serata vissuta sabato sera all’Olimpico. Unito all’allontanamento di Kevin Prince Boateng e ai due gol incassati dal Milan. Quando tutto sembrava ormai deciso, i giochi fatti e il risultato completamente acquisito, Damato ha gentilmente invitato Allegri a lasciare la panchina e recarsi anzitempo negli spogliatoi. Sarà per la tranquillità infusa dal risultato, sarà perché mancavano pochi spiccioli al triplice fischio, ma il tecnico toscano ha lasciato il campo con altrettanta pacatezza, senza sbraitare e senza circondarsi di assistenti chiamati a placarne le ire. Per giunta, nella conferenza stampa di fine gara, l’allenatore ha spiegato di aver chiarito l’episodio con l’arbitro: “Nessun problema”.
Proprio come non accade praticamente mai sui campi della Serie A, che ci ha abituati a scene da ressa, spesso anche piuttosto imbarazzanti. Senza scomodare José Mourinho, le sue manette e tutto il bagaglio di coups de theatre che all’occorrenza il lusitano era (è) pronto a sfoggiare, basti pensare – che so – ad un Mazzarri qualunque, che se da un lato esalta sempre e puntualmente le prestazioni dei suoi, dall’altro continua ad ignorare il significato del termine “lealtà”, quella che ti fa ammettere i meriti degli avversari, se sono evidenti (come sabato sera), e soprattutto, sei hai perso. O anche, più semplicemente, quella stessa lealtà che ti fa stringere la mano al tuo collega (nella fattispecie Vincenzo Montella) alla fine delle ostilità. Ma non siamo tutti uguali, per fortuna o per sventura, dipende dai punti di vista…


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