Kalulu: "Con il Milan sono cresciuto in tutto e posso crescere in tutto. In Italia la gente ti ama davvero"
Nella mattinata di oggi la Rivista Undici ha pubblicato un'intervista al difensore rossonero Pierre Kalulu, che oggi inizierà il suo percorso nell'Europeo under 21 con la Francia. Il classe 2000, dopo aver parlato della sua passione per la moda, si è concentrato anche sul Milan e su vari aspetti della esperienza rossonera, a partire dal ricordo della gara di Sassuolo che ha consegnato lo Scudetto al Diavolo più di un anno fa: "A essere sincero non avevamo paura prima di Sassuolo-Milan. C’era un po’ quell’adrenalina di sempre, quella che hai prima di ogni partita, ma sapevamo di aver lavorato bene durante la settimana e durante tutta la stagione ed eravamo tranquilli. Non c’era più tensione del solito".
Sul rapporto con Maldini: "Maldini mi ha aiutato di più a capire quanto conta il calcio in Italia. Il tifo è pazzesco, la gente ti ama davvero. Quando andavamo in trasferta lui era sempre il più acclamato, anche se ha smesso di giocare più di dieci anni fa"
Sul suo arrivo in Italia: "Quando sono arrivato al Milan non solo non avevo mai giocato come professionista, ma non giocavo a calcio da tanto tempo in assoluto, perché c’era stata la pandemia. Non scendevo in campo da marzo. Non ho pensato alla pressione o al fatto di essere stato pagato poco. Ho solo detto: finalmente posso tornare a giocare a calcio”
Miglioramenti in rossonero: "Sono cresciuto in tutto. Sono più forte, più veloce, più libero di testa, le cose mi vengono più naturali"
In cosa può migliorare crescere ancora: "In tutto! Posso essere ancora più deciso, soprattutto nei duelli aerei, e posso sempre leggere meglio le partite. Questo fa la differenza ad alto livello"
Sulla posizione in campo: "Per essere perfetto devi saper giocare ovunque. Ti aiuta tantissimo: se vuoi essere titolare in un grande club, devi poter aiutare la squadra dove ne ha bisogno"
Sullo stile di gioco: "Devi essere aggressivo sia in fase offensiva sia in fase difensiva, devi avere la volontà di comandare il gioco e non di subirlo. Questo tipo di calcio mi piace tantissimo"
Il ricordo della finale Mondiale 2006: "Ricordo che siamo andati a casa dei miei cugini, eravamo tanti bambini, c’erano tre o quattro famiglie tutte insieme, un ambiente bellissimo. La finale era alla sera, ma siamo andati là già alle tre del pomeriggio. È stata l’unica partita di quel Mondiale che ho visto veramente, dal primo all’ultimo minuto, ero piccolo, avevo solo sei anni. Non capivo tutto, ma ricordo la sensazione di vedere tutti i miei parenti con un po’ di paura, tensione, eccetera… Lì ho capito che il calcio è una cosa che ti fa sentire vivo. Forse è per questo che sono diventato un calciatore"