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INCHIESTA MN - Milan, un circolo vizioso di bilancio che ti costa 38 milioni l'anno, ma una alternativa c'è

di Matteo Chiamenti

Lo sappiamo, parlare di calcio e bilancio è solitamente una pratica un po’ stucchevole e che lascia non poco amaro in bocca. Questa volta però Milannews ha voluto provare a sviluppare un percorso propositivo in materia di finanza, una ricerca di risposta alla semplice domanda “come si può rimanere competitivi, se si può, senza che siano necessari continui esborsi?”. Ebbene, in termini finanziari possiamo tradurre la parola “esborsi” con la più logica pratica aziendale, ovvero il cosiddetto aumento di capitale (in parole povere i proprietari di una società aggiungono nuovi soldi nel patrimonio netto della stessa, solitamente per evitare una diminuzione dello stesso dovuto alle perdite).

In Italia negli ultimi 5 anni lo scudetto se lo sono spartiti Milan e Inter, garantendosi al contempo una Champions League a testa (evitiamo di considerare, per fini pratici, altri trofei). Parallelamente a queste imprese sportive, i soci delle due milanesi hanno dovuto procedere ad aumenti di capitale per un valore complessivo di 582,5 milioni di euro circa (spartiti non equamente tra i bilanci che vanno dalla stagione 2006/2007 a quella 2010/2011), come evidenziato qualche settimana fa dal settimanale Milano Finanza. Il Milan, in particolare, ha ‘’ripianato’’ il capitale con 190,2 milioni di euro negli ultimi cinque anni,. Facendo un media molto grezza si tratta di 38 milioni di euro all’anno: insomma, un sacco di soldi.


Il  vero problema del sistema calcio, al di là delle ben note problematiche italiane (mancanza di stadi di proprietà, sconveniente rapporto costi biglietto/efficienza strutture, poca cura ai settori giovanili, ecc…) risiede nell’ormai inevitabile circolo vizioso di spese per i club cosiddetti ‘’top mondo’’.  Proprio recentemente Michel Platini, presidente Uefa ha ribadito il concetto al premio Facchetti: "Il fair play finanziario in questo periodo di crisi è importantissimo. Non capisco perché, mentre l'economia sta soffrendo, le squadre di calcio debbano avere tanti debiti. Le squadre non devono spendere più soldi di quanto incassano"
Anche la realtà dei fatti dimostra la gravità della questione, basti pensare che il fantastico Barcelona di Leo Messi e soci, per non parlare del mouriniano Real Madrid, hanno visto peggiorare non poco le proprie casse negli ultimi tempi. Verso la fine del 2010 il debito netto accumulato dal Barcelona, complici le spese più elevate rispetto agli incassi, è passato dai 329 milioni del giugno 2009, a 442 milioni, mentre i debiti lordi raggiungevano i 552 milioni di euro. Si trattava della prima volta in sette anni che il Barca si trovava coi conti in rosso. Parallelamente il debito del Real Madrid si è triplicato dal 2000 al 2009 arrivando a toccare quota 683,3 milioni di euro il 30 giugno 2009. Vi è però una sostanziale differenza tra queste problematiche e quelle estere, elemento che rappresenta probabilmente la chiave di volta del problema stesso; Real e Barca si sono rimesse in sesto in brevi tempi. Come? La risposta è semplice. Real e Barca hanno deciso di impegnarsi in un progetto di investimento programmatico con lo scopo di rafforzare il fatturato societario ( basti pensare ai quasi 200 milioni spesi recentemente dal Real per rendere migliorare lo stadio). Il Barcellona, dopo lo shock della gestione La Porta il consiglio si sta chiudendo la stagione 2010/2011 con una perdita contenuta di 9,3 milioni di euro. Le perdite sono spiegate da oneri finanziari di circa 11 milioni di euro, che potrebbe essere correlato al prestito ottenuto in precedenza il club la scorsa stagione, di 150 milioni di euro il quale servirà fattivamente al rilancio finanziario della società stessa. Oltretutto il “tesoro” del club catalano è costituito dalla rosa dei giocatori, che in bilancio è iscritta ad un valore nettamente inferiore a quello reale e quindi generatore di enormi plusvalenze. Il Real Madrid invece è riuscito addirittura a chiudere l’ultimo esercizio 2010/2011 in positivo ed è forte di un incremento sostanzioso del fatturato che lo porta ad essere il primo club in Europa per ricavi, con 480 milioni di euro.

Presa coscienza della potenza economica delle squadre straniere (non vanno nemmeno dimenticate le inglesi, con Manchester United e Arsenal con un fatturato rispettivamente di 367 e 283 milioni di euro. In particolare il Manchester è tornato in utile nel 2010/2011 con 10,2 milioni di sterline mentre la giovane compagine di Wenger è al nono utile consecutivo, pari a 12,6 milioni di sterline), tale da permettere brevissimi “ribaltamenti” di conto economico dall’attivo al passivo, viene da chiedersi quale sia il destino delle squadre italiane, in particolare quello del nostro amato Milan. La risposta analitica e catartica al tempo stesso ce la fornisce un analista finanziario specializzato nel settore calcistico, contattato per l’occasione dalla redazione di Milannews: “Sicuramente la situazione italiana è economicamente stagnante, anche se non la definirei necessariamente preoccupante. E’ vero che il confronto con altre big straniere, specialmente a livello commerciale e di marketing è piuttosto impietoso, ma è anche ineluttabile che il nostro paese si regge su un solidissimo bacino d’utenza, ovvero i tifosi italiani. Oltretutto mi fa piacere citare esempi virtuosi di gestione presenti nel nostro paese, in primis l’Udinese, una realtà che ha fatto della sana gestione finanziaria un suo punto di forza. E’ chiaro che gestire una squadra con ambizioni di vittoria nazionale e internazionale come il Milan è cosa ben diversa e non ci si può far forti solo delle plus valenze in bilancio dovute alle cessioni illustri. Il Milan, considerando la struttura finanziaria in essere, deve sfruttare questi ultimi periodi precedenti all’entrata in vigore effettiva del fair play finanziario, procedendo speditamente verso un dispendioso piano di investimenti in strutture e valorizzazione commerciale del brend. Un primo passo positivo è avvenuto ormai due stagioni fa con l’avvio di una precisa politica sui giovani, rafforzando le rose relative; uno sforzo che vedrà i suoi frutti nei prossimi anni. A livello immediato invece bisogna seguire il più possibile la via tracciata dalla Juve con lo stadio di proprietà. Laddove non fosse possibile procedere immediatamente all’avvio di un progetto di questo tipo, è necessario comunque attivarsi per incidere concretamente con migliorie a livello strutturale negli impianti di riferimento. La partita non deve essere solo un intervallo ricreativo, ma bisogna far nascere nel tifoso italiano la concessione anglosassone della stessa, ovvero un appuntamento prestabilito al quale dedicare diverse ore, con diverse offerte ricreative in loco (per esempio la possibilità di trattenersi in store, bar, musei, dedicati) a tutto vantaggio dell’ambito commerciale della società beneficiaria. Sono comunque fiducioso che alla fine anche il calcio italiano saprà riprendersi perché, nonostante tutte le problematiche sopra descritte, una squadra come il Milan possiede il quinto fatturato europeo per consistenza oltre a un importante valorizzazione del brand”.

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