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In campionato no, in Champions no... Almeno nel Derby è possibile aspettarsi un sussulto d'orgoglio da parte della squadra?

di Manuel Del Vecchio

A vedere Milan-Liverpool, ottimo inizio della squadra che però si è poi sciolta come il burro in padella al primo gol subito, l'umore dell'ambiente milanista verso il derby di domenica sera è plumbeo. La squadra arriva da sei stracittadine consecutive perse tra tutte le competizioni (Champions, Supercoppa e Serie A) e con un allenatore che dopo sole cinque partite ufficiali (1 vittoria, 2 sconfitte e 2 pareggi) già traballa: per Fonseca la sfida con i nerazzurri può già essere fatale.

Ma per parlare del tecnico rossonero, e anche di chi l'ha scelto, ci sarà modo e tempo. Il focus di questi giorni è anche su chi scende in campo, visto che non è bastata neanche una partita d'eccellenza contro una delle squadre più forti al mondo per tirare fuori il fuoco e l'orgoglio. I gattini paventati da Ibra nella burrascosa intervista a Sky Sport nel pre partita di Milan-Liverpool a quanto pare sono stati quelli scesi in campo. A vedere repliche e riassunti di tutti gli altri match del primo turno di Champions League si nota come anche la meno favorita tra le squadre abbia onorato la competizione scendendo in campo con il coltello tra i denti e la consapevolezza di star giocando il torneo più importante a livello di club.

Atteggiamento che tra i giocatori del Milan non si è visto, così come non lo si era visto in Europa League contro la Roma, in questo avvio di campionato o in tante altre occasioni. Sembra essere tornati alla denuncia di Stefano Pioli di diversi anni fa, quando dopo una sconfitta esterna a Roma pronunciò un'amara verità: "Sembra che qui perdere, pareggiare o vincere non faccia differenza".

La squadra è costantemente piatta, nel bene o nel male. Sembra non scomporsi mai del tutto, ma non sembra neanche che vada alla morte per superare le tante difficoltà che si presentano. Non c'è mordente, non c'è appartenenza se non a parole o nei post social, non c'è voglia di assumersi responsabilità. O almeno, questo è quello che traspare dall'esterno.

Ora c'è il derby. Il Milan si è fatto piccolo piccolo contro il Liverpool mentre l'Inter, nonostante un turnover ragionato, si è scoperta degna di sedersi al tavolo delle grandi d'Europa dopo un pareggio sofferto, tanta legna e catenaccio (non che sia un difetto se la situazione lo richiede), contro il Manchester City di Haaland e Guardiola primo in Premier League. Eppure la classifica attuale dice: Inter 8 punti, Milan 5. Una vittoria, per quanto insperata in questo momento, vorrebbe dire agganciare i cugini e dare un discreto slancio ad una stagione che, sembra, bisognerà passare continuamente in trincea con l'elmetto. A meno che chi scende in campo non decida finalmente di dare un sussulto, un segnale o una speranza ad un ambiente che ne ha disperatamente bisogno. Lo faranno? 


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