Il Milan va a fondo ma Ibra non esce dal personaggio. Serve altro da chi comanda
Aspettavamo Zlatan Ibrahimovic, tutti ci siamo chiesti dove fosse in queste settimane mentre nel Milan si scatenava il caos. È rientrato lunedì, ha preso parola ieri sera. E l'impressione, ancora una volta, è stata quella di un dirigente che non vuole uscire dal suo personaggio.
"Comando io, sono io il boss e tutto il resto lavora per me" è una dichiarazione che raramente (per non dire mai) si sente da parte di un dirigente di un club. È successo, non con queste parole, con certi proprietari di società di Serie A. Ma erano, per l'appunto, proprietari. Il pre-partita di Sky è stato più frecciate ed ego che sostanza, il riferimento a non meglio precisati "gatti" che si avvicinano non appena il leone (cioè, Ibrahimovic) va via. Non ci sono state risposte su Theo e Leao. Il gelo con Zvonimir Boban, proprio lui che contribuì al suo ritorno al Milan da calciatore. "Comando io, sono il boss" ha reiterato. Il solito Ibra come quando giocava, solo che in giacca e cravatta e all'inizio di un percorso dirigenziale queste parole suonano diversamente.
Lo stesso Ibrahimovic che mette in chiaro di essere il capo di tutto e tutti non ci ha messo però la faccia al termine della partita. Mandando davanti ai microfoni un Paulo Fonseca già in difficoltà e costretto ad essere ripreso dagli ospiti in studio sulle marcature sui calci piazzati e sul modulo. Quel Fonseca scelto da lui e che in una situazione del genere doveva essere difeso a pochi giorni di un derby che il Milan ha già perso 6 volte nelle ultime 6 partite. Tutto questo dopo la contestazione dei tifosi nel finale di gara, una cosa mia vista dopo 5 partite, nemmeno nel breve periodo di Giampaolo.
Lo scenario è preoccupante, di risposte confortanti non ne abbiamo avute. Semmai la solita presunzione che se nel suo periodo da calciatore abbiamo accettato e per la verità anche apprezzato, da dirigente un po' meno. Perché Zlatan è stato un grande calciatore, ma al momento sta dimostrando di essere un grande dirigente di se stesso, più che del Milan. E certe affermazioni pesano. Come diceva Michele Apicella, alias Nanni Moretti in Palombella rossa: "Le parole sono importanti".