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Il diavolo cerca un'anima

di Emiliano Cuppone

La prova di sabato sera ha aperto ufficialmente la crisi in casa Milan, dopo sole tre giornate, infatti, i segnali che arrivano dal campo sono a dir poco scoraggianti.
La squadra non ha gioco, trova il gol con una certa difficoltà e balla pericolosamente in difesa, ma ciò che più spaventa è che sembra di vedere un gruppo senz’anima. L’alibi degli addii importanti regge fino ad un certo punto, è giunto il momento di smetterla di voltarsi indietro e rimpiangere i leader di un Milan che non c’è più e concentrarsi sul presente e su una squadra che, seppur ridimensionata, sembra comunque costruita per fare meglio di così.
Sabato tutti, a partire da Allegri, hanno ribadito che la squadra sembra troppo timorosa, che non è tranquilla, che non riesce ad essere serena e spregiudicata come dovrebbe e potrebbe. Bene, a chi addebitare la colpa se non all’uomo al comando? Chi dovrebbe infondere serenità ad un gruppo nuovo e talentuoso che necessità di una guida dal polso saldo, se non colui il quale manda la squadra in campo? Massimiliano Allegri predica bene, ma razzola male. Chiede ai suoi di avere più coraggio, eppure è stato lui a togliere dal campo El Shaarawy (fino a quel momento il migliore in campo) per inserire Bojan, quando la squadra era sotto e non riusciva a reagire. Il livornese non ha avuto il coraggio di spingersi in avanti, di cambiare modulo ed elevare il tasso tecnico ed offensivo di una squadra che con l’Atalanta non ha mai visto la porta, chiede serenità e spregiudicatezza ad un gruppo smarrito che vede nel suo condottiero un uomo timoroso e fin troppo conservativo.
Se il tecnico ha le sue colpe innegabili, non è da meno il gruppo dei “vecchi” che, Massimo Ambrosini a parte, è venuto meno nel momento più importante. Il capitano ci ha messo anima e cuore finchè è rimasto in campo, ha provato a suonare la carica, ma da solo non può vincere le partite. Per il resto tutti fin troppo abulici, vani, poco incisivi, svagati, quasi con la testa altrove. Primo su tutti Boateng, impegnato più a cercare l’eurogol e la giocata d’antologia che a giocare per una squadra che forse non sente più sua. Il ghanese tira da posizione impossibile ogni volta che gli arriva il pallone, non cerca mai il dialogo e non si degna di rincorrere gli avversari, lasciando ampio spazio a Cigarini per il gol del vantaggio orobico. Un giocatore irriconoscibile che sembra aver perso la grinta che ne ha fatto le fortune, la speranza è che non stia pensando più al suo tornaconto personale che a quello della squadra, che non abbia solo voglia di mettersi in vetrina per palcoscenici che lo intrigano maggiormente.
Timoroso Abate al rientro, mai incisivo in avanti, confusionario, ha provato l’iniziativa andando puntualmente a chiudersi in vicoli ciechi verso l’interno, mentre Pazzini agognava un cross fatto bene. Antonini dall’altra parte è apparso frettoloso, a tratti distratto, ripetendo per due volte lo stesso errore in pochi minuti con un lancio per gli attaccanti di Colantuono. Bonera è stato impreciso, mai leader vero della difesa, incapace di gestire l’irruenza di un Acerbi che troppo spesso c’ha messo foga negli interventi e nelle sgroppate offensive.
E’ un Milan che non sembra aver leader veri, a partire da un allenatore che non riesce ad infondere fiducia, nessuno in campo che possa prendersi la libertà di tirare le orecchie allo svagato Boateng di questo inizio di stagione, nessuno che sappia trascinare i nuovi. Un diavolo che, capitano a parte, sembra non avere il carisma necessario a rispecchiare il blasone di una squadra gloriosa come quella rossonera. La speranza è che la sconfitta abbia portato consiglio ad Allegri e che la cena a casa di Ambrosini abbia serrato le fila, perché il Milan ha bisogno di un cambiamento e di un riscatto immediato, sin da domani.

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