Guardiola, il sogno proibito. Ma Spalletti è il prescelto
Inutile giocare a carte nascoste. Pep Guardiola: c’è stima reciproca (visita presidenziale nello spogliatoio inclusa), c’è interesse (almeno unilaterale) ma è un matrimonio che non s’ha da fare. Per mille ragioni. Prima su tutte l’ingaggio che Pep andrebbe a prendere, gravando sulla già fragili casse rossonere. A fare un biennale costerebbe 28 milioni, diventando così il più pagato a bilancio: più di Robinho (che a gennaio saluterà la compagnia), più di Mexes, più di Pato. In secondo luogo, attenzione ad innamorarsi dei giocatori del Barcellona o di qualsiasi loro nobile discendente: in Catologna tira un’aria strana da un po’, accuse più o meno fondate da parte di Fuentes – wikipedia per chi non conoscesse l’Operation Puerto – e dei giornali castigliani, malattie ‘particolari’ che colpiscono i giocatori (ma non solo), esplosioni atletiche fuori norma. E se a questo si aggiunge la presenza di Xavi e Iniesta a fare gioco al centro del rettangolo verde, il quadro è dipinto ed esposto. Un capolavoro alla Dalì.
Guardiola resta un grande uomo, un signore spaventoso per i canoni italici. Un cavaliere tratto dai romanzi di Dumas catapultato in un’era di truffaldini e mariuoli. E di certo al nostro calcio farebbe benissimo. Resta l’atroce dubbio che fuori dalla sua terra possa incappare in qualche difficoltà. Perché si gioca in maniera diversa, perché la pressione è opprimente, perché la creta con cui iniziare a plasmare il vaso non è di primo livello, ma piuttosto friabile.
E così largo a Spalletti, altrettanto stimato, più conosciuto nello Stivale. Che lascerà lo Zenit a fine stagione. Non lo dice nessuno ad alta voce ma è lui l’uomo del prossimo Milan di giugno.