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De Sci ed El Sha, coppia d'oro ma quanto è difficile crescere

di Luca Guazzoni

Quanto è difficile crescere! Passare dalla spensierata gioventù al complesso meccanismo del rendersi adulto ed indipendente. Per tutti. Calciatori compresi. Anzi, per loro ancora di più. Perché, sotto lo sguardo vigile di milioni di spettatori (televisivi e scalmanati da stadio), non possono mostrare alcuna debolezza comprensibile alla loro età. Ed è qui che sorgono i primi problemi. Sentirsi umani e non superuomini, giocatori sublimi ma non unici come si era abituati fino a poco tempo prima. Perché la Serie A è un’altra cosa rispetto alla B o alla Primavera. Figurarsi una Nazionale. L’Olimpo dove tutti noi saremmo voluti arrivare e dove solo pochi fortunati hanno messo i piedi e gli scarpini. Una fortuna che è capitata nel mese di agosto – e contro la rappresentativa inglese, la più nobile - a Stephan El Shaarawy e Mattia De Sciglio. Una bella responsabilità per i due 19enni di Allegri. Che hanno evidentemente reagito in maniera diversa, come era lecito aspettarsi: basti vedere le due partite contro Sampdoria e Bologna. Lo specchio del carattere dei due ragazzi d’oro. Contro la Samp il Faraone è entrato in campo pronto a spaccare il mondo, eccitato per tutta quella pressione che la stampa gli aveva messo sulle spalle. Era reduce dal debutto azzurro e voleva dimostrare che il suo destino era quello di rimanerci in quel giro lì. Quello che conta. Steccando però l’appuntamento, esattamente come al Dall’Ara. Risultato? Due sostituzioni rimediate e la bocciatura (momentanea) di Prandelli. De Sciglio invece (che contro i Leoni invece ha solo visto la gara da spettatore privilegiato) è partito titubante, timido, quasi impacciato. Venendo fuori alla distanza con prepotenza. E migliorandosi a Bologna dove è stato uno dei più positivi – seppur con qualche incertezza -. Guadagnandosi un ‘vedremo’ per la Nazionale (e visto l’infortunio di Balzaretti nulla è impossibile). Perché la gioia dell’esordio in nazionale può provocare giramenti di testa. Normale, è l’arrivo in quota. Dà vertigini. E’ carattere si diceva. Il primo è un guascone, un ragazzo convinto (giustamente) della sua forza e dalla cresta alta. Uno che interrompe un’intervista ad un compagno con la sua sfrontata irriverenza e la sua irruenta simpatia. L’altro invece è stato allevato da ‘mamma chioccia’ Milan: volto pulito, taglio di capelli anonimo, mai fuori dalle righe, umiltà e massima dedizione alla maglia. Il divo e l’antidivo. Da non sottovalutare poi la componente fisica, che è figlia diretta del ruolo. ElSha è nel biennio in cui deve mettere su chili e massa, senza perdere rapidità e agilità. Per resistere alle cariche dei difensori e continuare a mantenere la leggerezza nel dribbling. Qualche passaggio a vuoto diventa quasi obbligatorio nella strada per la maturazione. DeSci invece deve pensare solo alla corsa, alla forza aerobica e anaerobica per percorrere la sua fascia dieci volte in più e una volta in più dell’avversario diretto. Ed è incredibile pensare a cosa potrà diventare se continuerà i progressi mostrati sul campo con questo atteggiamento. Due ragazzi di 19 anni, età complicata. Divisi tra la voglia di emergere in un mondo di campioni e l’obbligo di non montarsi la testa tra essi. Quanto è difficile crescere


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