.

Cosa hanno in comune il Milan ed il gioco dell'oca? Più di quanto si pensi

di Manuel Del Vecchio

Dopo il derby, vinto con grande merito, il messaggio che allenatore e alcuni giocatori, come Gabbia, hanno mandato chiaramente è stato: "Ora bisogna avere continuità per dare il giusto valore a questa vittoria". Due settimane dopo siamo a qui commentare per dire che purtroppo no, non è stata data continuità. Il fuoco si è già spento, ed è successo nel momento peggiore possibile: prima della sosta, con due settimane di niente da colmare con i nuovi, evidenti, problemi dei rossoneri.

Vincere aiuta a mettere un po' di polvere sotto il tappeto, continuare a farlo fa pulire anche il tappeto, invece perdere com'è successo ieri è come svuotare il bidoncino dell'aspirapolvere direttamente nel centrotavola. Siamo al 7 ottobre ed il Milan di Fonseca NON ha vinto il 60% delle partite giocate: tra Serie A e Champions League si contano tre vittorie, due pareggi e quattro sconfitte. Gli infortuni sono dodici, di cui sette muscolari. Sedici gol fatti, tredici subiti. C'è sicuramente tempo per migliorare, ma anche per fare peggio. Siamo ritornati, o forse non si è mai smesso, alla roulette della scorsa stagione: ogni partita poteva finire serenamente 1-X-2: nelle vittorie, tranne che con Venezia e Lecce, avversari di livello infimo, il Milan ha anche rischiato di non vincere. Nelle sconfitte e nei pareggi il Milan è andato vicino tanto così dal non lasciare punti per strada.

I motivi? Sempre gli stessi. Pochi ricambi, superficialità che porta ad errori grossolani, inizio di match anemico e finale all'arma bianca quando ormai è tutto compromesso. In mezzo, vedi ieri e contro la Lazio, anche qualche episodio che fa apparire lo spogliatoio come un posto di caos e disobbedienza (quando non è così). Prima l'ammutinamento di Theo e Leao, poi i rigori calciati senza seguire le indicazioni dell'allenatore sul battitore designato: brutta la scena di Tomori che salta (ah, se avesse saltato così anche sul rinvio di De Gea...) per togliere la palla a Pulisic e consegnarla all'amico Abraham.

E quindi il Milan si è riscoperto fragile, in campo e fuori. Fonseca sembra andare dritto con le proprie idee, senza muoversi di un millimetro: prima del derby è andata bene, ora no. Il calcio alla fine è semplice: quando si vince è tutto ok, quando i risultati non arrivano si mettono in discussione i massimi sistemi. Poco equilibrato, ma al Milan (in teoria) si gioca per vincere titoli. E se si vuole vincere queste quattro sconfitte quando siamo ad ottobre sono già troppe. Con la vittoria contro l'Inter Fonseca e la squadra avevano riacceso entusiasmo tra i tifosi dopo mesi turbolenti di proteste e fischi. Bonus già bruciato, si torna al punto di partenza come nel gioco dell'oca. Solo che lì è la sorte a decidere il destino dei partecipanti, nel calcio sono i giocatori e l'allenatore a determinare. Per ora lo stanno facendo più in negativo che in positivo: ogni volta che sembra di essere a buon punto nel percorso puntualmente si va indietro invece che avanti.


Altre notizie
PUBBLICITÀ