Boban: "Via dal Milan per un'intervista sacrosanta. Amo i rossoneri ma lasciatemi dire quel che penso"
Lungo intervento di Zvonimir Boban ai microfoni di Radio Deejay. Ospite di Ivan Zazzaroni e Fabio Caressa nel corso della trasmissione: "Deejay Football Club", l'ex rossonero ha toccato diversi temi:
Dov'è che non hai inciso?
"Magari nel cambiare la cultura verso la passione calcistica che dev'essere sempre il principio delle cose. Non ho fatto granché a cambiare la solita tecnocrazia e i politici del pallone che quando si arriva a scegliere, scelgono sempre o la politica o il proprio interesse. Lì non sono servito a niente. Per il resto calcisticamente ho fatto un po' di cose, ripulito un po' la FIFA nei primi tre anni. Ma la gente non pensa alle grandi istituzioni, soprattutto non pensa se lavorano correttamente e se non succedono più danni o scandali come nel passato".
Sul caso delle curve e le infiltrazioni mafiose
"Abbiamo sempre saputo che c'erano delle cose strane, con tanti che avevano degli interessi strani. Questo preoccupa, non è facile nemmeno per le società. Non posso a priori accusare la gente di non so cosa hanno fatto".
Sull'addio da dirigente al Milan. Perché è avvenuto?
"Per un'intervista che io ho trovato sacrosanta. Dopo pochi mesi ci siamo trovati a non avere né appoggio né fiducia. Loro volevano portare Rangnick, avevano cominciato a parlare. Noi non siamo riusciti ad avere un chiarimento. In quel momento lì dopo la correzione del mercato, dopo il cambio allenatore dove abbiamo avuto anche il coraggio di ammettere un nostro errore che non pensavamo, ma l'abbiamo commesso in buona fede. Dopo il mercato di gennaio, con l'arrivo di giocatori importanti come Kjaer, Saelemaekers e Ibrahimovic e la cessione di Suso e Piatek, non siamo riusciti a chiarire la nostra posizione, così ho dovuto farlo pubblicamente perché la proprietà già ha cominciato ad avere contatti con Rangnick per la stagione successiva, cosa che si è verificata anche nella stessa intervista che Rangnick ha fatto. Io ho fatto un'intervista a 'La Gazzetta dello Sport' credo molto corretta e loro mi hanno licenziato per giusta causa. Siamo ancora in tribunale, mi spiace ma la vita è così".
Come sono i tuoi rapporti con Paolo Maldini?
"Sono ottimi rapporti. Io e Paolo siamo amici, credo e spero che lo saremo per tutta la vita. Non ho problemi con nessuno: amo, tifo e guardo con grandissimo interesse il Milan. Ho sentito tanti commenti, ma io sono così come sono, dico quello che penso".
Dente avvelenato col Milan?
"Ma che c'entra il Milan? Il Milan non c'entra nulla con la proprietà. Se tifi Milan, ami il Milan, lo ami e basta. Capisco che alle persone non piacciano i pensieri imposti, ma io non impongo: dico la mia. Magari non avrò ragione e quando non avrò ragione lo dirò. Ma devo dire quel che penso, anche per il bene del Milan. Ma non sono io a muovere i fili, dico la mia come tutti. Anche la gente che vede le partite, nove volte su dieci la pensa alla stessa maniera. C'è stato un problema perché io ho detto che il Milan per un'ora non ha giocato bene contro il Bayer Leverkusen: chi dice che ha giocato bene non capisce nulla di calcio. Se questo è il problema cosa ci posso fare?".
Giovanni Branchini sostiene che sia scaduto il livello del calcio internazionale. Sei d'accordo o il problema è un altro?
"Vediamo sempre meno quegli assi che c'erano nelle squadre, quel romanticismo che c'è sempre piaciuto. Già negli anni '80 iniziava a delinearsi questo tatticismo. Discorso quindi vero in parte ma non sono completamente d'accordo: ad esempio gli 8 che dribblano non ci sono più. I 10 ormai li abbiamo stra-ammazzati da tempo. Col 4-4-2 abbiamo ammazzato le mezzali. Col 4-3-3 del Barcellona è tornato almeno l'8 con Iniesta che era l'ideale. Io ne ho pagato il prezzo di questo tatticismo, ho dovuto fare o il mediano davanti alla difesa o l'ala sinistra. Lo dico da anni che ci sono sempre meno centrocampisti che ci ispirano e danno la bellezza e trattengono la bellezza del calcio. E che abbiano coraggio. Ma adesso anche questo gioco con i portieri è assurdo".
Sei andato via dal Milan e anche dalla UEFA. Non può essere che tu non sia adatto per certi ruoli dirigenziali?
"Probabilmente sì. Sono stato quasi quattro anni in FIFA, tre in UEFA, poi bisogna vedere le cose. Alla FIFA sono andato via perché avevo voglia di provare col Milan, visto in che situazione si trovava e visto che anche Paolo mi aveva chiamato per aiutarlo e per stare insieme in un'esperienza che poteva significare una vita per me. Dalla UEFA sono andato via sono andato per dei principi ma bisogna entrare nel merito delle cose".
Possiamo dire che sei seduto sui valori e mai sulle poltrone
"Spero e credo di sì".
Sul caso Diarra
"È una storia complicata, molto strana e pesante. Sembra che il ragazzo sia stato abbastanza maltrattato per delle leggi applicate incorrettamente. Credo che tante regole siano buone e le istituzioni salvaguardano molte cose. Credo nelle istituzioni ma anche loro devono fare meglio".