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Bertolacci: "Non mi sento arrivato, non mi basta semplicemente essere al Milan. Ho sempre apprezzato Seedorf"

di Thomas Rolfi

Andrea Bertolacci ha parlato ai microfoni di 'Bomber', inserto della 'Panini Magazines'. Ecco le dichiarazioni del centrocampista rossonero.

Su giocare a San Siro: “Uno stadio fantastico. Giocarci da avversario è stato impressionante, ma da quando sono al Milan è diventato ancora più importante per me. Calcare il prato della ‘Scala del calcio’, che ha visto le prodezze di campioni come Van Basten, Maldini e Kakà, è uno stimolo e un onore”.

Sull'indossare la maglia del Milan: “Un grande privilegio, ma anche una grande responsabilità. Vestire questa maglia è il sogno di ogni ragazzo e la storia di questa club ci impone di dare il meglio di noi stessi per migliorare ogni giorno. La scorsa stagione è stata sfortunata e difficile, oggi l’unico obiettivo deve essere lavorare per tornare nelle posizioni che più ci competono”.

Sulla squadra che gli è rimasta più nel cuore: “Sicuramente il Genoa mi ha dato tanto ed è la società che mi ha fatto fare il vero salto di qualità sia a livello personale che calcistico”.

Sulle motivazioni e ambizioni: “Il Milan è una grandissima squadra e sono fiero di farne parte, ma questo non mi basta: non mi sento arrivato e non lo sarò mai, anche perché in rossonero non basta semplicemente approdare. Devi dimostrare di essere fra i migliori. Sono stato sfortunato per via di qualche infortunio, ma il mio intento è quello di far vedere le doti che ho. Basta guardarsi indietro, bisogna costruirsi il proprio futuro. Arrivare in Serie A è stato il massimo, non voglio fermarmi e voglio vivere nuove emozioni da poter raccontare un giorno ai miei figli”.

Sugli allenatori della sua carriera: “De Canio e Del Neri mi hanno aiutato molto a crescere, però quello con cui ho avuto il rapporto più bello è Gasperini, che in particolare mi ha trasmesso la cultura del lavoro, l’attenzione ai dettagli e lo spirito di sacrificio”.

Sul perchè ha scelto il numero 91: “Il mio anno di nascita. Quando sono arrivato qui il mio numero preferito era occupato e allora ho optato per questo. Pregi e difetti? Non spetta a me dirli”.

Sul ruolo di centrocampista: “Il mio primo allenatore, quando ero bambino, mi schierò lì ed è un ruolo che mi diverte perché serve fare sia la fase offensiva che quella difensiva. Mi piace molto l’idea di intercettare i palloni e far ripartire la squadra: mi fa sentire utile al gruppo e mi dà carica”.

Sul calciatore a cui si ispira: “Nel mio ruolo ho sempre apprezzato Seedorf, un giocatore di classe e spessore. In generale, però, mi piace guardare i grandi match e le grandi squadre in giro per il mondo, così da prendere spunti”.

Su quale sia la sua città del cuore: “Roma per me significa casa, ha un valore affettivo speciale: lì sono cresciuto, ci vive la mia famiglia e ci sono i miei amici d’infanzia. Lecce e Genoa sono molto diverse, Milano è bellissima perché offre parecchie opportunità di qualsiasi tipo”.

Su chi sia il compagno e l’avversario più forte con cui ha giocato: “Come compagno dico Francesco Totti, una leggenda del calcio italiano, come avversario quello che mi ha più impressionista è stato Pirlo, per intelligenza tattica, inventiva e tocco di palla”.


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