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Un amico mi ha scritto un messaggio che mi ha fatto rabbrividire: "Mi stanno risucchiando la passione". Vi ci ritrovate, vero?

di Antonello Gioia

È sempre difficile scrivere un articolo dopo una sconfitta pesante. Certo, l'orario non aiuta (con le partite serali, l'una di notte diventa habitat ormai definito per queste righe), ma le difficoltà arrivano perché da un paio di stagioni abbondanti (prima con Stefano Pioli e ora con Paulo Fonseca) vorrei dire tante cose, ma c'è sempre l'imbarazzo - letteralmente! - della scelta e non so sempre bene da dove cominciare. 

Anche stanotte, dopo Fiorentina-Milan, il mood era lo stesso. Mi è venuto in soccorso un messaggio di un mio carissimo amico che è talmente vero, talmente riassuntivo, talmente esaustivo di tutto, sia delle cause che delle conseguenze, sia delle emozioni che delle reazioni, che ho deciso di renderlo pubblico: "Mi stanno risucchiando la passione". 

Vi ci ritrovate, vero?

Personalmente, credo sia la definizione migliore possibile per qualificare quanto si è visto ieri sera a Firenze, quanto si è visto a Leverkusen, in questi primi quattro mesi di Fonseca e, in generale, quanto si vede nella gestione tutta del Milan targato RedBird

Partiamo dal tema più vicino nel tempo e dal motivo primo per cui questo articolo esiste ogni mattina: il commento a Fiorentina-Milan. Che poi sarà breve, tanto son sempre le stesse cose. Basterebbe andarsi a rileggere il commento post Leverkusen, in cui veniva sottolineato l'atteggiamento scandaloso, remissivo, passivo di molti calciatori del Milan, ripetuto - con l'aggravante del nervosismo - anche a Firenze. E all'atteggiamento negativo si aggiunge poi il gioco scadente: in conferenza, Fonseca ne parla come se si dovesse raggiungere il Sacro Graal, quando il Milan non sembra avere neanche un paio di scarpe per iniziare il cammino della ricerca.

Ma poi tutte queste situazioni arrivano da lontano. Arrivano da una scelta rischiossima della dirigenza che, pur di non mettersi in casa un profilo forte, ha preferito affidare il Milan ad un allenatore bravo sì, serio sì, persona squisita sì, ma che non aveva e non ha lo status e il curriculum per allenare il Milan. Anzi, mi correggo: questo Milan.

E qui arriviamo al terzo punto, gravissimo. Perché per allenare questo Milan sembra proprio necessario un sergente di ferro, uno che metta in testa ai presunti fenomeni della rosa - a cominciare da Theo Hernandez, che, anche a Leverkusen, in un paio di occasioni aveva preferito sperare che il pallone uscisse dal campo sulla linea dell'area piuttosto che rincorrerlo per essere sicuro - che sono al Milan per vincere e non per fare le passerelle con Off White, la Puma e i prodotti targati Yankees.

Perché il risultato di tutto ciò è la disaffezione, il disinnamoramento, la passione risucchiata. Non vale la pena, in fondo, soffrire così tanto per un Milan - non come club, sia chiaro, ma come chi lo sta rappresentando sul campo e fuori in questo momento - che non merita passione incondizionata. Addirittura in tanti scrivono che non gli viene neanche più di esultare ai gol del Milan.

Si può sbagliare.

Si può pensare - anche se è gravissimo - che un allenatore non sia così importante per una squadra con le ambizioni del club rossonero.
Si può pensare - anche se è gravissimo - che Emerson Royal a 15 milioni sia una buona idea.
Si può pensare - anche se è gravissimo - che l'attaccante di riserva della settima classificata in Serie A della passata stagione possa serenamente fare il titolare del Milan. 
Si può perdere - anche se è gravissimo - quattro partite su nove totali, vincendo solo il derby e contro le piccole Venezia e Lecce.

Tutto si può fare, se lo si fa con l'atteggiamento giusto, almeno. In caso contrario, nessuno è minimamente giustificabile. E i tifosi, il cui umore è legittimamente ballerino, sono gli unici che decidono chi perdonare e chi no, a chi legarsi e a chi no, quando amare e quando no.

Perché il Milan, checché se ne dica, è di chi lo ama davvero.


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