"Sì, sono Superman, ma ho un cuore grande"
"๐ฆì, ๐๐ผ๐ป๐ผ ๐ฆ๐๐ฝ๐ฒ๐ฟ๐บ๐ฎ๐ป, ๐บ๐ฎ ๐ต๐ผ ๐๐ป ๐ฐ๐๐ผ๐ฟ๐ฒ ๐ด๐ฟ๐ฎ๐ป๐ฑ๐ฒ"
Il 23 maggio 2022 scattavo a Zlatan Ibrahimovic queste due foto che, a mio parere, lo ritraggono abbastanza fedelmente sia dal punto di vista di uomo che di calciatore.
Ibra è stato per anni il grande egoista, l'assolutista, l'accentratore, il campione che preferiva sé stesso alla squadra. L'Ibra che ho avuto il privilegio di conoscere io per quanto possibile dal vivo è, in realtà, un Ibra bellissimo - come l'aggettivo che una anziana gli riportò tra gli scaffali di un supermercato - capace di essere uomo squadra, capace di amare e di farsi amare, capace di assumersi le responsabilità che, solitamente, non vengono date ad un calciatore, ma che, forse, solo lui, tra i calciatori, poteva prendersi.
Personalità clamorosa, talento incredibile, forza mentale debordante: Ibra è stato padre dei ragazzi del Milan e li ha portati - come aveva promesso - dal sesto posto allo Scudetto, con qualità umane che in tanti, di sicuro, non gli appioppavano, ma che, di certo, ha dimostrato pienamente negli ultimi quattro anni.
Ieri ha pianto. Perché anche Ibrahimovic, che è un uomo, può piangere. E non è mica un segno di debolezza del grande Ibra che piange, ma la definitiva conferma che anche Superman ha un cuore grande così.
GraZie, Zlatan.