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Panucci: "Capello un super professionista, abbiamo sempre avuto un rapporto vero"

di Federico Calabrese

Christian Panucci, intervistato dall'edizione odierna del Corriere della Sera, ha parlato così del suo rapporto con Fabio Capello: "Fabio è un super professionista, non regala niente. Mi ha voluto, ovunque ha allenato, come giocatore e come assistente nella Nazionale russa. Abbiamo sempre avuto un rapporto vero, schietto".

Gli infortuni in Nazionale sono colpa dei club. Allegri, adesso fantasia e coraggio. Quanto costa e quanto pesa la maglia. Con la Fiorentina cori, bandiere e striscioni. Autogol di Teocoli

Qualche sera fa mi sono trovato a discutere con Claudio Brachino, negli studi di Sportitalia, dopo che lui aveva lanciato un monito: "Bisogna porre un freno, bisogna mettere dei limiti al calcio", parlando di amministrazione, delle troppe partite, di Milan-Como a Perth. Sono sbottato: "Quali freni? Quali limiti? Gli argini sono stati mandati in frantumi da anni, ormai è tardi". Ha replicato: "Allora il calcio è destinato a finire". Ho sorriso: "Questo lo sento dire da quando sono ragazzino". 

Nel 1975 Beppe Savoldi passò dal Bologna al Napoli per 2 miliardi tra contanti e giocatori a conguaglio. Poi i 2 stranieri, poi 3, poi le frontiere aperte, poi gli spendaccioni Berlusconi e Moratti, poi i russi, gli arabi, i magnati, ora i Fondi stranieri, i diritti tv inglesi, il fairplay che una barzelletta al quadrato in campo e nei bilanci: da 50 anni il calcio deve finire, da 50 anni va a catafascio, da 50 anni non cambia nulla e il carrozzone va avanti. Nessuno interviene, nessuno fa niente, si chiude un occhio o entrambi per salvare società (brand) che dovrebbero essere radiati per i loro indebitamenti assurdi. 

La gestione dei giocatori da parte dei CT e delle Federazioni, quando sono di scena le Nazionali, è cosa autonoma e soggettiva. Solo qualche mese fa Pulisic e l'allenatore Pochettino erano andati in rotta di collisione, proprio per la condizione del rossonero (per inciso il miglior calciatore statunitense di sempre) e il suo utilizzo, adesso lo stop arriva a causa di una partita assolutamente platonica, inutile degli USA contro l'Australia. Adesso tornano acciaccati anche Leao, Saelemaekers e Rabiot. 

A parte la percentuale di sfiga, i piagnistei e le imprecazioni non hanno cittadinanza: fino a quando i dirigenti dei club, le Leghe, i tesserati - quindi allenatori e giocatori stessi - e i loro sindacati, non costringeranno tutti a sedersi a un tavolo sul quale picchiare i pugni, per ridimensionare calendari, impegni, gestione finanziaria e regolamento, tutto andrà avanti così. Coppe, coppette, campionati, Conference, tournée, amichevoli, traslochi in corsa: certo che i giocatori si fanno male, certo che ne risentono. Stare zitti tra un evento e l'altro, accettare tutto senza battere ciglio, rende tutti colpevoli dello scempio: oggi gli infortuni, da domani ancora il VAR, le regole, le simulazioni, i debiti, le plusvalenze... Prendete, incartate e portate a casa.

Fatto sta che adesso Allegri deve puntare sul coraggio e sulla fantasia. Fino ad oggi la rinascita del Milan è passata per la sua esperienza, il suo pragmatismo, la sua concretezza: una formazione titolare, un modulo, un'idea di squadra precisa, amalgamata, equilibrata. Temprata. Adesso bisogna rimescolare le carte dal centrocampo all'attacco. Non sappiamo a che punto sia Akethame, Allegri lo sa. Non sappiamo come stiano Leao e Nkunku, Allegri lo sa. Non sappiamo se sia meglio Ricci o Loftus-Cheek, Allegri lo sa. Anche alla Fiorentina mancherà l'asso di briscola, Moise Kean: pochi hanno avuto sconti. 

I media hanno dato ampio risalto ai conti, agli sponsor, al valore della maglia del Milan. La gestione virtuosa (in un mondo normale sarebbe appunto una gestione normale) è un pregio in questo far-west, ma la maglia oltre a un valore ha anche un peso. Le tracce di milanismo perduto che si riaffacciano in questi mesi, diventano impronte sul cammino della storia con il ritorno della Curva Sud a San Siro, arricchita da bandiere e striscioni oltre che dai canti e dai cori. Per sapere dove andare, bisogna sapere da dove si arriva: questo è il valore, questo è il peso di una maglia. 

Teo Teocoli ha detto in una recente intervista che lo scudetto del 2022 "fu rubacchiato, incise l'autogol di Radu in Bologna-Inter". Non è una novità: da 3 o 4 anni i trofei nazionali e internazionali non sono vinti da altre squadre, ma persi dai nerazzurri. Che lo dica un milanista (Teo non è l'unico, ma sono rimasti in pochi grazie al cielo) fa più specie, perché i milanisti sono abituati a soffrire e poi a godere e quando godono, riscattano le sofferenze appunto. Quindi sanno perfettamente quali sono i loro meriti e quali i demeriti degli altri: lo scudetto del 2022 fu una delle vittorie più belle, magiche e inattese che io ricordi. Consacrato da 2 secondi posti, da una sfilza di record e da una semifinale di Champions. Quindi, bentornato a San Siro, Stefano Pioli: ci hai regalato i momenti più belli degli ultimi 14 anni, anche se qualche milanista non se n'è accorto e quindi non se l'è goduta.


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