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Morata e la depressione: "Prima dell'Europeo non ero nemmeno sicuro di poter tornare a giocare una partita. La cosa migliore era lasciare la Spagna"

di Lorenzo De Angelis

Tornato in Spagna per rispondere alla convocazione del CT de la Fuente per i prossimi impegni in Nations League dei campioni d'Europa, l'attaccante del Milan Alvaro Morata ha rilasciato un'intervista al programma radiofonico Herrera en Cope, condotto dall’omonimo giornalista nell’emittente cattolica, dove si è lasciato completamente andare parlando della sua lunga storia con la depressione

La cosa migliore era lasciare la Spagna
"Quando passi per momenti veramente duri, con depressione e attacchi di panico, è uguale che lavoro fai o la situazione che vivi. Devi lottare contro quest’altra persona che hai dentro di te tutti i giorni e tutte le notti. Per me la cosa migliore era lasciare la Spagna, non ce la facevo più”. 

Morata e l'aiuto di Koke e Simeone
"Sono stato malissimo. Pensavo che non sarei più riuscito neanche a mettermi le scarpe e a scendere in campo. Però grazie a tante persone come Koke, Simeone, Miguel Angel Gil, il mio psichiatra, il mio mental coach ce l’ho fatta. Noi siamo ciò che si vede alla tele o sui social, però a volte la vita reale è molto diversa. Devi dare una certa immagine perché è il tuo lavoro, ma sono stato malissimo. Sono esploso e a un certo punto non riuscivo neanche ad allacciarmi le scarpe. E quando lo facevo tornavo di corsa a casa perché mi si seccava la gola e mi si annebbiava la vista”. 

I dubbi e l'idea del ritiro
"Appena tre mesi prima dell’Europeo non ero nemmeno sicuro di poter tornare a giocare una partita. Non sapevo ciò che mi succedeva, è stato un momento delicato e complicato, perché ti rendi conto che ciò che più ti piace nella vita diventa ciò che più odi”. 

Morata ed i figli
“Ogni volta che uscivo con loro succedeva qualcosa. Senza cattiveria, magari con la gente per cose successe in partite precedenti. E così alla fine anche loro non volevano più uscire con me e fare cose che fanno normalmente genitori e figli. È arrivato un momento che mi dicevano tante di quelle cose brutte davanti ai miei figli che non volevo più uscire con loro, mi vergognavo. Ero una specie di scherzo facile, un bersaglio indifeso per far ridere chi ti sta vicino”. 

L'addio all'Atletico Madrid
"All’inizio pensavo di restare all’Atletico, avevo una gran voglia. Mi sono reso conto che le cose non andavano quando in una intervista ho detto che non sapevo se sarei rimasto in nazionale per questione d’età e di altre cose extra calcio. È successo un casino e li ho pensato che in Italia sarebbe andata diversamente”.


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