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IL 2011 DI GATTUSO - L'anno del riscatto: dallo scudetto al nervo cranico, tutte battaglie già vinte

di Salvatore Trovato

Molti lo avevano già fatto fuori, etichettandolo come bollito. Da cedere, dunque, possibilmente al più presto e al miglior offerente, provando a ricavarne qualcosa. Il suo destino sembrava ormai segnato, soprattutto con Leonardo in pancina, che lo aveva relegato al ruolo di riserva, sminuendo la sua storia, infischiandosene del blasone, del carisma.
Ma ci ha pensato mister Allegri a rispolverare il buon Gennaro Gattuso, rigenerando corpo e spirito del combattente rossonero. E nell’ultimo Milan scudettato, Rino ha svolto un ruolo da assoluto protagonista.
Tornato in trincea, in quel centrocampo tutto muscoli e grinta, che sembrava quasi costruito a sua immagine e somiglianza, Gattuso ha ripreso da dove aveva lasciato, prima dell’accantonamento: corsa, fiato, continuità di prestazioni, tutta la migliore argenteria messa in bella mostra e, soprattutto, sempre e solo al servizio della squadra.
Un gol pesantissimo, quasi storico, realizzato il 5 marzo in casa della Juventus: "Una ciofeca" (così ha definito il suo tiro) che ha inchiodato l’amico Gigi Buffon e che ha permesso al Milan, il suo Milan, di sbancare l’Olimpico di Torino.
Un Gattuso d’assalto, dunque, capace di bissare la gioia anche contro il Cagliari, nella festa Scudetto a San Siro. Una stagione per lui esaltante, quasi di rivincita, offuscata solo da un brutto gesto commesso in Champions: era febbraio, il Milan ospitava in casa il Tottenham per l’andata degli ottavi di Champions League e Rino, sia durante che al termine del match, si scontrò con Joe Jordan, collaboratore di Harry Redknapp, rifilandogli anche una semi-testata. Tante polemiche, una maxi squalifica (ben cinque giornate), poi il chiarimento: "Mi è partita l’ignoranza, non lo rifarei", ha spiegato il numero otto rossonero, "Nessun problema, tutto passato", la replica dello Squalo. Insomma, scontro tra duri, o meglio, tra uomini veri, di calcio, che ha forse sollevato un inutile polverone, tra l'altro eccessivamente gonfiato da critica e media.
Altro giro, altra carica di ipocrisia. Gattuso, in estasi per la vittoria dello Scudetto, festeggia a Roma intonando cori non certo affettuosi all’indirizzo di Leonardo. Anche qui, via con la sagra del buonismo, della moralità, del falso perbenismo. Una bella rivincita, quella dell’ex nazionale azzurro, stampata in faccia all’uomo, quell’uomo, che stava per porre fine alla sua storia rossonera. L’ignoranza, stavolta, non è certo scattata a Righio.
"Ho scelto pensando alla famiglia e al Milan, che è casa mia. Ha vinto il cuore". Eccola la storia che prosegue, più che mai solida, più che mai viva. Gattuso, questa estate, rifiuta le lusinghe dell'Anzhi, pronto a ricoprirlo d’oro, e decide di restare a Milano, preferendo il cuore al portafoglio. Ancora un altro anno insieme, poi, al termine del contratto, si vedrà.
Si ricomincia da Campioni d’Italia, lui che lo è stato anche del Mondo, sia con la nazionale che con il club, e due volte d’Europa. Soprattutto, si ricomincia con la solita voglia, la stessa che gli ha permesso di arrivare alla soglia dei trentaquattro anni con un carico di motivazioni grosso così.
Si parte con la Lazio, si finisce nella sala conferenze di Milanello, con un paio di vistosissimi occhiali e una promessa precisa: "Tornerò, anche stavolta". La paralisi del sesto nervo cranico, infatti, che gli ha rovinato questa ultima parte di 2011, non ha scalfito minimamente la sua anima da combattente. Rino è abituato a lottare, il calore della sua terra d’origine lo ha reso più forte, forgiandolo come si deve. Ora sta per vincere l’ennesima battaglia, senza esclusione di colpi: è in vantaggio, dopo aver inseguito a lungo, e non si fermerà prima di aver raggiunto l’obiettivo. Ciao Gennà, arrivederci al 2012.
 


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