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Criscitiello: "Silvio, le parole che non ti ho detto..."

di Antonio Vitiello
Fonte: di Michele Criscitiello per TMW

Se ne sono andati davvero. Il Milan, in un colpo solo, perde mezza difesa (Nesta e Thiago Silva) e tutto l'attacco: Zlatan Ibrahimovic, capocannoniere dell'ultimo campionato. Silvio Berlusconi mi e ci aveva convinti, quella sera, quando tolse dal mercato Thiago ed intervenne in diretta a Sportitalia per far sapere a tutti che alla fine era prevalso il "vecchio cuore rossonero". Poi ci ha pensato, o meglio ripensato, e ha ritenuto opportuno (giustamente) che a prevalere fosse il "nuovo portafogli rossonero" che non è proprio come quello degli anni '80. Ed è di questo che i tifosi del Milan devono preoccuparsi, più che delle cessioni di oggi. Dovrebbero preoccuparsi dei bilanci di domani. Il Cavaliere non ha più 50 anni e ad oggi non sembra esserci un erede-leader che non lo faccia rimpiangere. "Le parole che non ti ho detto" ... questo ci manca da quell'intervista di Berlusconi che avrebbe fatto meglio a tenere aperta una porticina ai francesi, perché quando sul tavolo ci sono così tanti soldi è meglio non riempirsi la bocca di promesse inutili. Promesse che i tifosi non dimenticano ma, così come siamo certi che il Milan ne uscirà con le ossa rotte in difesa, dove in una sessione di mercato non puoi sostituire con nessuno Thiago Silva e Nesta, in attacco Galliani troverà la soluzione, anzi le soluzioni. Se arriverà Tevez, oppure Dzeko, con le conferme di Pato, Cassano e El Shaarawy e la posizione di Robinho da chiare (Santos, o Malaga. Nel caso dentro un nuovo attaccante, ma comunitario), i tifosi saranno felici e contenti. Tanti saluti a Zlatan che doveva vincere tutto e, invece, ha vinto poco o nulla. Thiago Silva, però, non lo sostituisci. La difesa con Acerbi, Mexes, Yepes, Antonini, Abate e forse Astori o chi per esso è messa molto male, anche perché Abbiati non è Handanovic, quel portiere che serviva all'altra squadra di Milano. Su TuttoMercatoWeb parliamo spesso degli agenti, dei Direttori Sportivi e dei Presidenti. Oggi c'è una figura che ricopre tutti e tre i ruoli: Mino Raiola. E' come se in una pizzeria il proprietario facesse da pizzaiolo, cameriere e cassiere. Il paragone non è casuale. Mino arriva dalla strada e, come spesso accade, sulla strada si fa più esperienza che sui banchi da dove si esce con 110 e lode. Raiola parla la lingua del calcio e dei calciatori. Lo offendono perché sottrae i suoi gioielli alle grandi squadre ma i tifosi non hanno capito che i Direttori sono i primi alleati di Raiola. Lo offendono perché non cammina in giacca e cravatta e perché a volte il suo congiuntivo si confonde con il condizionale. Quel qualcuno non ha capito che Raiola di professione non fa il filosofo ma l'agente dei calciatori; è unico nel suo mestiere. Trova la squadra giusta, conosce i tempi delle operazioni, un contabile e fiscalista dei contratti. Fesso non lo fai. E' il numero 1 in Europa, forse al mondo. Ricco, potente, non bello e senza veline. Un fenomeno! Non ha abbassato la testa a Barcellona, si mise in fila per conoscere il Moggi che comandava il mondo, è diventato da subito alleato di Galliani ed a Parigi l'unico che ha visto la Torre Eiffel è stato lui.


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