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Baresi ricorda: "Berlusconi è stato come un padre, ha realizzato i miei sogni. Rivera? Il mio primo capitano"

di Lorenzo De Angelis

Nel giorno di San Valentino La Gazzetta dello Sport ha voluto intervistare colui il quale ha affidato il cuore, vita e carriera al Milan, non facendo mai pesare questa scelta: Franco Baresi

Restano anche due soprannomi: “Piscinin” e “Kaiser Franz”, in omaggio a Beckenbauer . Piscinin, che usava anche Brera, le piace anche a 64 anni?
"Massì, mi ricorda una delle persone a cui sono più legato: Paolo Mariconti, il massaggiatore che per me è stato una figura molto importante. Fu lui a inventare quel soprannome, così milanese, quando ero ancora un ragazzo e giocavo già con i grandi in prima squadra. Ero il Piccolino della squadra".

Il Piscinin è diventato padre di famiglia in rossonero. Si è scritto di offerte di altre squadre rifiutate, soprattutto negli anni della B, ma qual è stato il momento in cui siete stati più vicini a lasciarvi?
"Da calciatore, mai. Credo che davvero non ci sia stato un momento da possibile addio. Restare al Milan è stata una scelta di vita. C’è stata quell’esperienza da dirigente in Inghilterra, quando avevo smesso...».

Nel 2002, al Fulham di Al Fayed: 81 giorni da direttore tecnico, poi l’addio.
"In fondo fu soltanto un mese: prima della fine di agosto, ero già tornato a Milano. Avevo capito che non era il posto per me e non ho neanche iniziato a lavorare. Il cordone ombelicale con il Milan non si è mai rotto".

E alla fine, il dirigente lo ha fatto per il Milan.
"Con Fondazione Milan ho conosciuto la povertà, in Kenya, in Marocco. In Libano mi sono messo a giocare per la strada con i bambini. Sono emozioni che mi hanno completato".

Conclusione facile: Baresi non sa stare senza il Milan?
"C’è sempre stato un rapporto di stima tra me e il Milan, tra alti e bassi. Il mio pensiero è sempre stato per la squadra e il club, mai per me stesso, ma mi è sempre tornato indietro tutto. Ho avuto la fortuna di incontrare le persone giuste al momento giusto".

Berlusconi, ad esempio.
"È stato come un padre e ha realizzato i miei sogni. Ritirare il numero 6 quando ho smesso è stata una cosa enorme".

Gianni Rivera.
"Il mio primo capitano. Lo avevo visto giocare, da vicino, nelle mie domeniche da raccattapalle allo stadio. All’inizio faticavo a dargli del “tu”, mi sembrava un personaggio lontano, ma la realtà è che mi ha protetto molto. Rivera e Bigon più degli altri mi stavano vicino tutti i giorni, mi tutelavano".

I ragazzi di oggi come guardano Franco Baresi?
"Ah, non lo so, andrebbe chiesto a loro. Io però vedo che i calciatori del Milan mi guardano sempre con grande rispetto. Sono stato in tournée con la squadra, la scorsa estate in New Jersey , e si vede che sanno chi sono, che cosa ho fatto per il club. Dare consigli ai ventenni di oggi non è semplice, abbiamo riferimenti diversi vediamo cose diverse".


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