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Tra l'acuto di Pato e l'assolo in extremis di Thiago Silva c'è tanto Barcellona

di Giulia Polloli

Un pareggio che vale quanto una vittoria. Almeno per il morale, almeno per poter dire di non essere tornati dal Camp Nou senza un punto, pesante come un macigno. Perché Pato è talmente veloce nell’andare a rete che quasi non sembra possibile che la partita sia iniziata da pochi secondi e Thiago è talmente provvidenziale da girare di testa il corner di Seedorf che fa dimenticare la partita vera, quella giocata per oltre novanta minuti quasi completamente di marca blaugrana.
Un Milan che nel primo tempo sembrava poter reggere il ritmo dei ragazzi terribili di Guardiola: organizzati al millimetro, precisi nei passaggi, si trovano a occhi chiusi, giocano ad una velocità disarmante, arrivano nella metà campo del Milan e non la abbandonano più. Qualche azione ben orchestrata l’ha fatta anche il Milan, soprattutto coi duetti tra Pato e Boateng nel primo quarto d’ora. Poi sul taccuino solo Barcellona.
Hanno ragione a chiamarli “extraterrestri”, il pallone tra i loro piedi sembra dotato di movenze ultraterrene. Il Milan a volte sembra immobile rispetto all’intensità di gioco dei padroni di casa che non lasciano uno spazio alle manovre rossonere. Allegri perde Boateng, colpito al fianco e al suo posto entra Ambrosini, capitano coraggioso di mille battaglie che però è forse ancora più disorientato dei suoi compagni già abituati alla guerriglia in atto.
Nemmeno l’esperienza di Seedorf riesce a districare i rossoneri dalla tela costruita da Messi e compagni. Proprio Messi, la pulce, veloce come un proiettile, dopo aver preso un palo su calcio di punizione a girare sopra la barriera, riesce a beffare Abate proprio nell’ultimo centimetro disponibile di campo e inventa il cross per Pedro che di fronte ad Abbiati in corsa mette in rete.
Il pareggio mette ancor più in difficoltà il Milan, completamente in balìa del gioco avversario. I reparti sono ammassati, senza idea, senza possibilità di cambiare ritmo, imbavagliati in ogni respiro che si trasforma in rantolo.
Nella ripresa le cose non vanno meglio. Il Barcellona aumenta, per quanto sia ancora possibile, il possesso palla, il ritmo di gara, la precisione negli schemi. Una squadra che diventa quasi fastidioso veder giocare, tanto è precisa e impeccabile. A dirla tutta, uno spettacolo vero, già davanti alla tv, figuriamoci per i tifosi sugli spalti.
Ma il Milan è duro a morire. Sembra voler difendere il pareggio, risultato che portarselo a Milano non spiacerebbe a nessuno, ma fa i conti senza Villa. La sua punizione dopo cinque minuti di gioco si infrange dietro la barriera, che pur saltando non disturba la traiettoria della sfera con Abbiati in volo che, però, non arriva ad evitare il gol.
Cassano, poco sfruttato, lascia il campo ad Emanuelson, la cui velocità potrebbe dar fastidio alla manovra blaugrana. Entra anche Aquilani a cercare di cambiare i ritmi, ma sui tabellini rimane come non pervenuto.
Il Milan sembra destinato a soccombere. Privo di Ibrahimovic, di Robinho, di Gattuso, il Diavolo soffre oltremodo. Non ci sono alternative. Qualcuno comincia anche a ripetere l’adagio che nei giorni scorsi ha fatto da sottofondo all’attesa gara: Pippo Inzaghi sarebbe stato utile, forse a ben vedere, indispensabile. Ma qualcosa spiazza tutti: ultimo giro di orologio e Clarence Seedorf sulla bandierina. L’area di Valdes si colora di bianco, rosso e nero. Scocca il corner che sospende ogni respiro: l’urlo liberatorio! Thiago Silva imperioso svetta su tutti e con la forza della tenacia disperata gonfia la rete.
Improvvisamente ci si dimentica del monologo a cui abbiamo assistito, in spagnolo stretto e incomprensibile. Improvvisamente si dimenticano le geometrie tattiche di Messi e compagni, improvvisamente ci si dimentica dell’”invidia” provata all’entrata sul campo di Fabregas, che sembrava destinato a vestire rossonero. Si abbandonano i passi drammatici del tango e si apre alla samba, si dimenticano i colori blaugrana e i titoli di coda sono su sfondo verdeoro. Pato e Thiago improvvisano passi di danza, la felicità torna sui volti di tutti, gli abbracci sembrano quelli di una vittoria. Un punto che premia la tenacia e il non aver mai smesso di credere a quello che, viste le azioni in campo, si ricorderà come un miracolo calcistico.
Un punto che deve ridare morale, ma che soprattutto deve far riflettere Allegri e ragazzi. Il Barcellona insegna che il calcio deve essere tecnica, tattica, ma soprattutto divertimento e voglia di vincere. Senza paura, senza mai abbassare la concentrazione, senza mai dare nulla per scontato.


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