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Tevez: ora è gioco a due. Tra volontà del calciatore e voglia del City di liberarsene a titolo definitivo

di Giulia Polloli

Ora è tutto chiaro. Dopo aver letto la biografia di Ibrahimovic quasi tutta d’un fiato, ora tutto torna. La sua voglia di vincere, il suo continuo cambiar maglia, il suo carattere combattivo, la sua voglia di perfezione e pure i suoi mal di pancia. Zlatan è un uomo libero, abituato a vivere l vita con passione e prendendola letteralmente a calci. Non si stanca mai di cercare il miglior risultato possibile perché così fanno i migliori.
E la cosa che lo rende davvero grande è che obbliga chi gli sta intorno ad agire come lui, alla ricerca della perfezione. Altrimenti sono dolori, sguardi al vetriolo, parole di quasi disgusto.
Allo stesso modo capisco la sua esultanza più ricorrente, quella a braccia aperte verso il pubblico, a dimostrazione di un ego che ha bisogno di continui consensi, di applausi a scena aperta, carburante vitale per una fuoriserie che viaggia veloce e che ha bisogno di continuare a correre.
E se Zlatan ha promesso fedeltà alla maglia rossonera, senza troppe smancerie, come fece in altre occasioni, evidentemente il carburante rossonero è quello che meglio si adegua alle sue prestazioni.
Anche se la squadra scesa sul campo del Bologna ha evidenziato un momento non proprio felice di forma. Fermati su un pesante pareggio in termini di obiettivi pre-natalizi, i rossoneri sembra si siano complicati da sé la prestazione contro di Vaio e compagni.
A dire il vero qualche appunto va fatto anche alla direzione di gara, ma la giacchetta nera ha già fatto il suo mea culpa al termine della partita. Errare è umano. E’ perseverare che rende diabolici!
Le colpe di quello che non è un semplice pareggio, ma che in casa Milan viene vissuto quasi come una sconfitta, peraltro da archiviare per ritornare determinati sui nuovi obiettivi, vengono distribuite a fiocchi sull’intera squadra. Eppure è stato Marco Amelia a voler alleggerire il fardello ai suoi compagni prendendosi ogni responsabilità: se avesse parato il tiro di Diamanti, il Milan forse avrebbe raccontato un’altra storia. Forse. Quindi, apprezziamo il gesto, l’assunzione di colpa, ma il portiere rossonero non ha la matematica certezza che in fin dei conti i padroni di casa, forse più pimpanti dei rossoneri, non avrebbero trovato un’altra occasione per ribadire il pareggio e festeggiare il punto guadagnato.
Quello che fa specie è che tutti si aspettavano un Milan talmente più forte dell’avversario, da non mettere nemmeno in conto l’ipotesi di poter perdere punti a Bologna.
Nell’analisi della gara spicca su tutte la prestazione negativa di Pato. Per lui i giudizi più pesanti del post partita, nelle immancabili chiacchiere tra addetti ai lavori e non. Dal brasiliano ci si aspetta sempre molto, viste le caratteristiche che l’hanno portato ad essere una pedina definita fondamentale ed incedibile, nello scacchiere di Allegri. Poco lucido, quasi un elemento estraneo nel complesso di una squadra che comunque ha messo in scena una prestazione opaca. Insieme a lui anche la difesa, con la coppia centrale Yepes e Thiago Silva ai minimi storici. Un guizzo di Seedorf e l’onnipresente Ibrahimovic hanno regalato qualche gioia ai tifosi, ma poco altro. E allora è normale vedere nel mercato la luce alla fine di un tunnel peraltro non così buio. Le trattative per Tevez, complicate dall’inserimento degli sceicchi del PSG che sembrano far felice la dirigenza del City, pronta a liberarsi di lui  per il miglior offerente, diventano l’ancora di salvezza psicologica a cui aggrapparsi per ritrovare le migliori prestazioni anche del papero rossonero. Per ora la scossa non sembra aver dato i risultati sperati, Galliani e il Milan rimangono fermi sui loro passi, che comprendono il prestito del giocatore, talento puro, dal carattere difficile, senza quel diritto di riscatto che al momento sembra essere troppo oneroso per le casse di via Turati. Tevez però vuole il Milan, la squadra che più gli permetterebbe di redimersi, in primis come uomo. E non finisce qui. La partita contro il Bologna fa suonare i campanelli d’allarme anche per il reparto arretrato. Amelia non è Abbiati, la fascia sinistra ha bisogno di un giocatore in grado di dare continuità al gioco di Allegri, un po’ come sta facendo Abate dalla parte opposta. E anche la mediana, in prospettiva, deve rinforzarsi perché sebbene Seedorf abbia vestito elegantemente la fascia da capitano e suggellato la prestazione con un gol da manuale, anch’egli non è eterno. Dal Brasile Braida lancia segnali di fumo: il Milan sembra essere entrato di fatto nella trattativa per Juan Jesus, fino ad ora uno dei pupilli della sola Inter. Gli occhi in Europa rimangono puntati su Eriksen, ma non si disdegna la possibilità di riportare Didac Vilà in rossonero, dopo l’esperienza all’Espanyol che l’ha fatto maturare più di quanto già non fosse al suo arrivo a Milanello. Sull’asse Galliani - Preziosi invece, dopo l’ipotesi di scambio tra Merkel ed El Shaarawi sembra non muoversi ancora nulla. Intanto il Milan in attesa del Siena di Sannino, si allena a S.Siro, sotto gli occhi del settore giovanile rossonero, convocato nella scala del calcio per la festa di fine anno.


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