Stadio vuoto, nemmeno la musichetta della Champions riesce ad accendere il sacro fuoco. Ma è davvero finito così, il Milan?
Stadio vuoto, fischi sparsi sugli spalti, quella musichetta che doveva esaltare i cuori serve solo a ribadire la nostalgia degli anni passati. Il Milan di quest’anno, il Milan di questa sera è solo l’ombra di quello che ha scritto la storia nella competizione europea. Può starci, dice qualcuno, che ci sia un anno di rifondazione, di rinnovamento. Giustissimo, ma bisogna allora ammettere di voler semplicemente galleggiare in campionato e sperare nella sorte in Champions per poter riacquistare la fiducia dei tifosi. I proclami di vittoria, di sforzi, di esoneri e litigi non hanno più presa sui supporters, non destano nemmeno la curiosità di poter andare allo stadio per vedere con i propri occhi se davvero ciò che raccontano è tanto triste.
Tristezza, già. Solo questo rimane, condita con qualche sprazzo fugace di bel gioco, o forse semplicemente di intuito personale di guizzo felino, di talento che ancora non ha perso la fiducia e vuole esplodere. El Shaarawy ha regalato un’emozione importante nel piattume della gara, perché se il Milan ha fatto ciò che poteva, per fortuna l’Anderlecht non si è accanito sui rossoneri. Non è tutto da buttare quello visto durante il martedì di coppa, da qui bisogna lavorare, riorganizzare, ridimensionare. Al momento dell’ingresso in campo delle squadre, sempre con quella musichetta come sottofondo, si staglia la figura di Abbiati tra tutti, gladiatore e memoria di una delle squadre più forti al mondo, della più titolata. I volti dei suoi compagni a seguire lasciano un senso di irrealizzato, di incomparabile. Pensando alle storiche notti di Champions con i Nesta,i Thiago Silva, i Gattuso, i Seedorf, i Pirlo anche che, solo a vederli inquadrati nel maxischermo incutevano timore riverenziale, Antonini e Bonera, il giovane De Sciglio e De Jong ci fanno capire che l’aria è davvero cambiata.
Ma attenzione: non sto e non voglio assolutamente svalutare i giocatori che vestono la gloriosa maglia rossonera. Sono certa della loro voglia di andare su quel campo e dimostrare tutto il loro valore, sono certa che nelle loro gambe ci sono colpi che possono descrivere azioni epiche, sono assolutamente convinta che nel loro cuore ci sia una grande voglia di riscatto e rivalsa dopo le brutte prestazioni nazionali, ma i loro occhi tradiscono emozione e convinzione e il campo non tradirà i loro sguardi, ahimè.
E quindi cosa dobbiamo fare noi che amiamo alla follia questa squadra, rincorrere i fischi che si sollevano alla fine del primo tempo? Cercare di capire se le passeggiate di Allegri davanti alla panchina sono solo frutto di una scarica di nervosa adrenalina oppure se possono portare qualche svolta imponderata nella gestione di questo gruppo?
Le dinamiche dirigenziali sembrano volere un fronte assolutamente spaccato circa la questione allenatore. Da una parte i delatori di Allegri, pronti a mandarlo in pensione anzitempo, forse però poco lucidi per capire che chiunque su quella panchina con la moria di campioni che ha colpito i rossoneri, farebbe fatica a vincere l’amichevole in famiglia. Dall’altra invece i sostenitori del tecnico toscano, pronti però a contestare da qui alla prossima finestra di mercato le scelte societarie.
Io credo che nel Milan sia rimasto lo spirito sacro della grande epopea rossonera. Ci sono uomini che possono cambiare le partite, ci sono talenti che se davvero credessero completamente nelle possibilità di questa squadra forse tornerebbero a dipingere traiettorie imprendibili anche sul campo. E’ ora che i leader di questa squadra si carichino il disastro sulle spalle, è ora che il Milan visto sin qui possa ardere come l’araba fenice per poi rinascere dalle proprie ceneri. Ci sono talento e qualità in questo gruppo, ci sono giocatori che al loro arrivo hanno baciato l’erba di Milanello, ci sono giovani talenti da far emergere. Semplicemente lasciamo lavorare nella tranquillità anche Allegri e smettiamo di proclamare che il Milan vuole competere tra le grandi su tutti i fronti. Il Milan può competere con chiunque se ritrova la sua anima, se torna a scrivere pagine di calcio innovativo. E se nella partita contro l’Anderlecht qualcosa dovesse essere foriero di buona sorte, allora rifugiamoci nella mera statistica che ci racconta che ogni volta che i rossoneri hanno incrociato le armi con quest’avversario, poi hanno vinto il titolo. I conti non tornano ora, ma non è detto che ci possa essere qualche sorpresa in corsa. Il Diavolo difficilmente si arrende al primo rifiuto, è tentatore, continuerà a perseguitare chiunque voglia mettersi sulla sua strada.