Raiola torna a lavorare per il Milan, mentre Ibra e la giustizia sportiva dovrebbero dare l'esempio
Le buone notizie sono che Mino Raiola è tornato a lavorare per il Milan. “Avrò un attaccante da portare in rossonero”, ha fatto sapere il procuratore di Zlatan Ibrahimovic. Raiola si muove, si insinua, svelto e agile, cosa che in realtà la sua stazza non gli consentirebbe. Invece lui è rapido e concreto. Quando sa, parla. Altrimenti tace. Dovrebbe imparare da lui Ibra. Stare zitti e giocare. Nel suo caso, poi, sarebbe meraviglioso visto che è anche in grado di fare la differenza. Aronica provoca? Ibra lo dribbla, lo salta e segna. Semplicemente perché uno è un campione e l’altro no. Semplicemente perché questa sarebbe la giusta risposta da dare. E, invece, ancora una volta, lo svedese ci è ricascato. Ha sbagliato, perché ha voluto difendere Nocerino, il suo compagno di squadra, ma ora quella stessa squadra dovrà fare a meno di lui. A Ibra sono state comminate tre giornate di squalifica e salterà, dunque, la trasferta a Udine, quella a Cesena e la sfida casalinga contro la Juventus. “Ho fatto una cavolata”. In queste parole si racchiude tutto il brutto gesto dell’attaccante rossonero che ancora una volta non è un esempio per le nuove generazioni. A proposito, io ho la grande fortuna di poter allenare dei bambini del 2004 in una Scuola Calcio di Milano. Questi bambini, durante gli allenamenti, parlavano e discutevano della manata di Ibra e capivano quanto sia stata stupida. “Ecco perché non potrà giocare per un po’”, dicevano in coro. Peccato, però, che non riuscissero a spiegarsi come mai Aronica, invece, non sia stato punito. Questi bambini in tv hanno visto lo schiaffo rifilato a Nocerino dal difensore del Napoli e la loro domanda è stata: “Ma se uno risponde a una manata non è fallo?”. Inviterei volentieri il signor Tosel a un allenamento al centro sportivo Masseroni di Milano per spiegare a questi bambini come mai Ibra debba stare fuori tre giornate e Aronica no. Io, francamente, non sapevo cosa rispondere. Anche perché è stata una scelta della Procura federale che non ha inteso trasmettere le immagini per la prova tv al giudice sportivo. E tantomeno lo stesso giudice sportivo si è premurato di chiederne visione. Tutto questo è ingiusto e lo è soprattutto agli occhi di bambini che ancora vivono la vita senza pregiudizi e stereotipi. Se Zlatan Ibrahimovic non sarà mai un esempio del calciatore modello di cui seguire le orme, almeno facciamo in modo che la giustizia possa diventare una strada da perseguire e non da condannare. Altrimenti si finisce con il dare ragione allo svedese e questo sarebbe l’errore più grande.