Galliani o non Galliani? Berlusconi blinda il dilemma. Allegri e Spalletti alla ricerca di consacrazione, per la svolta di carriera
La panchina di Allegri sembra ormai aver trovato il giusto equilibrio, le gambe traballanti sono state messe in sicurezza dai gol di El Shaarawy prima e da una rivoluzione tattica poi, quella che tanto era stata consigliata da Galliani, estimatore del gioco offensivo e spensierato. Un equilibrio legato ai risultati, da riconsiderare domenica dopo domenica, ma tutto sembra essere meno traballante. Ora però è proprio lo scranno su cui siede Galliani ad essere oggetto di attacchi destabilizzanti. O almeno queste sono le voci, fondate o meno, che si rincorrono nei corridoi del calcio rossonero.
Che sia stato lui l’esecutore del mercato rossonero di metà estate è un dato di fatto, a lui dunque vengono imputate le colpe della fuga di talenti per rimpinguare le piangenti casse rossonere, pronte a chiudersi dopo aver messo al sicuro anche l’ultimo euro. Esecutore e non ideatore, comparsa e non “deus ex machina” delle scelte che hanno, di fatto, indebolito il Milan. Eppure è lui ora a doversi sedere sul banco degli imputati, in attesa di giudizio, senza possibilità di analizzare in toto le mosse lunghe un quarto di secolo.
Il calcio è così, si cercano continuamente capri espiatori per cercare di sedare gli animi o magari nel tentativo di far ritrovare interesse verso una squadra che ha perso appeal agli occhi dei tifosi. Lo spettacolo di un S.Siro deserto nelle notti di Champions è qualche cosa che ferisce in profondità chi ama questo sport. Il campanello d’allarme sta già suonando ora, a pochi giorni dal derby meneghino, perché sono ancora troppi i biglietti invenduti, sintomo di una crisi che ha messo in ginocchio il nostro paese che quindi non trova più nemmeno nel calcio la valvola di sfogo “a buon mercato” con cui distrarsi.
Un circolo vizioso da cui difficilmente si può uscire, se la squadra non tornerà a far battere i cuori rossoneri, lo stadio potrebbe svuotarsi sempre più, soprattutto nelle fredde notti invernali. Possiamo però imputare questa colpa al solo Galliani? Possiamo sperare in un cambio di rotta con la sua uscita di scena? Io credo di no. Se il buon Adriano dovesse lasciare via Turati il Milan perderebbe l’ennesimo cavallo vincente. Il presidente lo blinda allora, chiudendo le fessure agli spifferi, dichiarando che Galliani e Allegri hanno la sua fiducia. Ipse dixit.
Ma viriamo verso San Pietroburgo dove stasera il Milan giocherà la sua seconda gara di Champions. Allegri contro Spalletti, in un accostamento di nomi a cui ci eravamo abituati tempo fa quando ancora si pensava che il tecnico dello Zenit potesse sedersi sulla panchina rossonera. Ipotesi mai del tutto tramontata, perché Spalletti piaceva al Milan da prima che Allegri arrivasse a Milanello. La partita è per entrambi fondamentale, quasi decisiva sul fronte morale, come fosse la consacrazione definitiva del proprio stile di calcio. Allegri si affida all’ormai noto 4-2 e fantasia, ma alcuni interpreti sono in dubbio. Ci sarà Montolivo, grande assente nella prima gara e desideroso di lasciare il segno in Europa. Accanto a lui uno tra il capitano, Ambrosini e De Jong. Davanti è l’occasione d’oro per Pazzini, schierato come unica punta e supportato da un tridente di qualità. Montolivo è pronto a scommettere su questo Milan così come fece sulla nazionale di Prandelli. Il suo paragone non è casuale, prima dell’Europeo su Prandelli e i suoi uomini erano pronte a scaricarsi nuvole nere di critiche, poi però la squadra dimostrò il suo valore. La speranza è che lo stesso accada al Milan, boccheggiante in campionato ma da sempre con una marcia in più quando parte quella musica in Europa. Il palcoscenico è quello giusto, le motivazioni vanno oltre il lecito. Gli uomini di Allegri hanno la possibilità di rendere altisonanti nomi che per molti sarebbero da mettere nel dimenticatoio. A voi la palla ragazzi. Dimostrate il vostro valore.