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Corsi e ricorsi storici: domenica il Bologna, ma poi a S.Siro il Cagliari. L'ex di Allegri potrebbe chiudere un ciclo, iniziato dall'esonero e terminato sugli scudi

di Giulia Polloli

Tutto torna, dicevano gli antichi greci relativamente alla ciclicità del tempo. E dando uno sguardo al calendario delle prossime partite, quelle ultime quattro gare che separano il Milan da un titolo che da troppo manca nelle bacheche di via Turati, balza agli occhi una strana presenza: dopo Bologna e Roma ecco spuntare il Cagliari. Circa un anno fa Allegri (era il 13 aprile) venne esonerato da Cellino e un anno dopo, lo stesso Allegri potrebbe trovare proprio la sua ex squadra nel giorno della festa scudetto a S.Siro. Seppur la scaramanzia calcistica impone di non pronunciare prima del tempo quella parola, complici gli anticipi di Inter e Napoli gli uomini di Allegri potrebbero trovarsi avvantaggiati nella gestione della delicata partita contro il Bologna domenica a S.Siro e potrebbero, il condizionale è d’obbligo, potersi ritrovare con gli allori in testa già alla fine dei prossimi novanta minuti.
Ma il calcio insegna a non dar mai nulla per scontato. La partita di Brescia ne è stato un esempio lampante, una squadra che aveva forse molte più motivazioni nelle gambe è quasi riuscita a piazzare il colpo gobbo alla capolista, non fosse stato per quel volo plastico di Abbiati su Diamanti che ha suggellato la vittoria, concretizzata dalla prodezza di Robinho, che dopo aver sbagliato sotto porta innumerevoli occasioni, è riuscito a far cancellare dai teorici delle pagelle le note di demerito, trasformando la sua prestazione in quella tipica dell’eroe.
Un Milan che ha giocato una partita che è sembrata divisa in due tronconi: un primo tempo tutto all’attacco, in cui non si possono enumerare le occasioni da gol create e fallite dai rossoneri, in cui però nemmeno Yepes e Thiago Silva si sono trovati protagonisti perché dalle loro il traffico era comunque rallentato. Un secondo tempo con il Brescia più dinamico e alla ricerca di quei preziosi tre punti per la classifica, domato però da Van Bommel e compagni. Domenica però l’olandese sarà squalificato, così come Ibrahimovic che sta scontando la dura condanna a suo carico, pronto a tornare in campo e suggellare con l’ennesima prestazione un’annata davvero straordinaria.
Il lavoro di Allegri è stato egregio proprio nella gestione di queste forti individualità, che con il suo paziente lavoro ha trasformato in un gruppo che ormai si muove all’unisono, il vero segreto per poter arrivare in testa al nostro campionato. Un Milan dalle molte sfaccettature, un Milan che è riuscito a far di necessità virtù proprio grazie ai grandi campioni chiamati anche a snaturarsi pur di prender parte alla sinfonia scritta dal suo direttore. Un gruppo che ha dimostrato di poter lavorare duramente, come ad esempio hanno fatto Nesta, Inzaghi e Pato, che si sono scambiati colomba e uova a Milanello pur di poter essere presenti domenica nella partita che profuma di scudetto.
E se per Pato e Nesta un rientro è addirittura prevedibile, lo stesso non si può ancora ipotizzare per Filippo Inzaghi, l’idolo della curva che l’immaginario collettivo sembra voler vedere in campo nella giornata dell’ipotetico tricolore a suggellare magari con un suo gol ed un suo urlo sotto la curva il miracolo sportivo di cui è protagonista indiscusso ormai da anni.
Un infortunio che l’ha portato via al Milan, ma anche ai suoi tifosi e al suo lavoro certosino per mesi, una prognosi che parlava di stagione finita, ma che la sua caparbia volontà sembra aver accorciato di quasi due mesi, scalpitante e pronto al rientro prima della chiusura dei giochi.
Un idolo, un giocatore simbolo che ha insegnato a molti suoi compagni che il duro lavoro porta sempre a grandi risultati. Uno dei senatori rossoneri, ma forse l’unico per cui ancora no si parla di addio.
Perché oltre alle congetture festaiole della prossima domenica, è il mercato a rendersi ogni giorno più protagonista della storia rossonera. Le vicende di Ganso e Taiwo hanno ormai occupato le colonne dei giornali. Addirittura per entrambi i giocatori si parlava di affare fatto, salvo poi essere smentiti, con non troppa convinzione a dire il vero, da controdichiarazioni che lasciano il tempo che trovano. Intanto da Brasile Ronaldo chiama ancora a gran voce Seedorf, ma io sostengo (e sosterrò fino a che avrò voce) che il Professore rossonero non è ancora pronto per volare oltreoceano, perché il campione che c’è in lui non ha ancora gettato la spugna e sarebbe un peccato non avere a disposizione il suo intuito sopraffino, le sue movenze eleganti e le sue giocate da manuale che, guarda il caso, sono state determinanti soprattutto quest’anno, soprattutto nelle partite in cui tutto sembrava dato per perduto. E anche se l’assenza di Pirlo è stata ben tamponata dall’arrivo di Van Bommel, non posso pensare che il suo estro possa andare a favorire le dirette avversarie rossonere nella corsa al prossimo titolo.
Certo è che per rinnovare, per cambiare, per diventare competitivi in Europa, prossimo vero obiettivo rossonero, bisogna investire su forze nuove e ciò comporta lo sfoltimento di un organico che ha un’età media e un costo medio soprattutto, al di sopra di molti altri. Un organico che sia sempre più compatto, che possa lavorare come un unico organismo a prescindere dalle pedine che lo compongono.
E chiudo con l’eterno dilemma, che da qualche mese a questa parte sembra attanagliare due fazioni: Ibra o non Ibra? Questo però non è il problema, questo è il vantaggio. Ibrahimovic è del Milan, ma il Milan non è Ibradipendente. Ibrahimovic è l’arma in più e non un vessillo solo da mostrare agli occhi del nemico. Ibrahimovic è il proiettile assassino che ha fatto soccombere molte avversarie, ma al contempo è un elemento di fanteria che marcia insieme ai compagni chiusi in un gruppo protetto dagli scudi. Ibrahimovic è stato il più grande acquisto del Milan, il “signor scudetto” si è dimostrato ancora una volta all’altezza della sua nomea. Bisogna solo dunque riuscire a cambiarne il nomignolo, per farlo correre ancora più convinto anche verso i nuovi lidi europei.
 


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