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Le stelle in 5 punti

di Claudio Sottile

Squalifiche ed infortuni hanno depennato, con forza, la voce fantasia dal modulo rossonero. E allora, la battaglia sarà lì nel mezzo. Nel posticipo serale contro la Lazio, che potrebbe valere un nuovo ed insperato meno uno dalla capolista Inter, andranno a scontrarsi nel vivo della manovra Mathieu Flamini, passaporto francese con chiare discendenze al di qua delle Alpi, e Christian Brocchi, al Milan per ben sei stagioni, dopo una trafila tutta brianzola.

Due medianacci, di quelli che ti francobollano per spedirti in panchina con un fallo o una marcatura snervante al limite dello stalking, della serie “prendilo e non mollarlo anche se va in bagno”.

Poco reclamizzati sulle copertine patinate calcistiche, e ignorati ripetutamente dalle Nazionali, recuperano con la “bar” condicio, perché il tifoso riconosce sempre, a qualsiasi latitudine, la maglia sudata.

Portano tanta acqua, prendono tanti gialli, vantano tanti lividi: vanno bene samba e tango per la cicala, ma se la formica non sgobba c’è poco da ballare.


MATHIEU FLAMINI
Corsa: in un Milan logoro, spossato e con qualche rughetta qua e lì a detta dei critici, dimostra che la carta d’identità indicante, alla data di nascita, l’anno 1984, non è proprio un optional. Questo, però, non basta per spiegare il kilometraggio registrato in ogni partita dal "cagnaccio" di Marsiglia, che abbina alla verde età anche una capacità aerobica da primato, che gli valgono sovente le prime posizioni nei test del discusso MilanLab. Dà veramente l’anima per la maglia, perché può e perché vuole, deve essere fortemente uno dei pilastri sui quali formare il nuovo corso milanista, VOTO 9.

Resistenza: sembra quasi dispiacergli ogni volta che riecheggia nelle sue orecchie il triplice fischio finale, perché fino all’allenamento successivo deve smettere di correre. Alla forza martellante abbina, anche a partita ampiamente inoltrata, una lucidità costante, che gli hanno fatto conquistare un posto speciale nell’hit parade degli afecionados rossoneri, impressionati dal suo incessante trottolare, VOTO 9,5.

Visione di gioco: nessuno strizza il naso se dal suo piede non sgorgano copiosi arabeschi, tuttavia Mathieu è molto migliorato da quando, lo scorso campionato, sbarcò a Malpensa come parametro zero dell’Arsenal. Non più semplice portatore di palla al servizio del fosforo orange-carioca, sta prendendo sempre maggiore coscienza dei propri mezzi, tanto da allargare il campo con buona precisione, prendendosi anche il rischio del lancio lungo o del filtrante ficcante, VOTO 7.

Tecnica: circondato da professori egregi, non potrà che annotare e riportare diligentemente in campo quanto visto da quasi due anni a questa parte. Era elementare nel tocco, è visibilmente migliorato negli ultimi tempi, tanto che compagni e pubblico lo invitano alla conclusione dalla distanza, con la quale ha segnato il suo primo gol milanista, nell’ultimo ottavo di Coppa Italia contro il Novara, e sette reti nell’esperienza targata Gunners, VOTO 7.

Contrasto: le prende e le da, le prende e le da, le prende e le da. Potremmo continuare all’infinito, proprio come senza soluzione di continuità il numero cinque milanista incassa e restituisce colpi, comunque, “onesti”. Il gioco del calcio è uno sport di contatto, e se si cerca di prendere il pallone, finendo col colpire arti vari ed eventuali, il dolo proprio non può esserci. Non a caso, le spesso ciniche e implacabili curve avversarie, non gli dedicano nessun “trattamento” particolare, riconoscendo la sua mera trance agonistica, VOTO 9,5.

VOTO TOTALE 42

CHRISTIAN BROCCHI

Corsa: ha un motore di 34 anni, reduce da tante battaglie, da Busto Arsizio a Bruxelles, e lo sprint non può essere per forza di cose quello dei giorni a ridosso dell’uscita dal concessionario. Christian è un combattente, un cuore rossonero senza la particella ex, perché resterà sempre legato ad un ambiente che l’ha portato, più volte, sul tetto più alto abitabile da un calciatore. E nell’ultima gara della Lazio contro il Siena, ha infiammato l’Olimpico con una rincorsa di 30 metri per fermare Maccarone, semplicemente volitivo, VOTO 8.

Resistenza: non si possono più pretendere 40 partite a stagione, sarebbe sbagliato oltre che dannoso. L’ex numero 32 del Milan, quando è chiamato in causa, offre ancora la solita dose di dinamismo e di tenacia che nel cerchio di centrocampo fanno sempre comodo, soprattutto in una Lazio impelagata com’è nei bassifondi della graduatoria, dove servono tante unghie e tantissimi denti, VOTO 8.

Visione di gioco: nella stagione rossonera 2006/2007, quella delle penalizzazioni e di un Milan che veleggiava in inverno grigio, ed anonimo, nella seconda metà della classifica, iniziò ad improvvisarsi playmaker pur di aiutare una squadra frastornata e spaesata da troppe vicende extra campo. Commovente nella sfortunata gara interna contro la Roma, quando segnò con una staffilata da fuori area, esultando battendosi la mano sul petto con un fare trascinante e liberatorio; non di certo un rifinitore, ma un onesto combattente dell’arte pedatoria, VOTO 7,5.

Tecnica: quando la ruota gira come si deve, vedi annata culminata nel trionfo di Manchester, l’abbiamo visto esibirsi in tunnel e colpi di tacco, come un Rivaldo dell’epoca qualsiasi. Fu il vero alfiere della splendida cavalcata di Coppa Italia, con quella finale d’andata in casa della Roma, finita di diritto nella biblioteca a colori del tifo milanista, è lui il primo ad abbracciare Sheva dopo l’1 a 4 finale. Ottimo nella conclusione secca dalla distanza, non un gran dribblomane, ma va bene così, VOTO 7,5.

Contrasto: semplificando in maniera spicciola, potremmo definirlo un Gattuso meno tosto con piedi leggermente più sgrezzati. Un mediano, uno scudiero al servizio del regista di turno, e se le geometrie reggono è perché il capomastro c’ha messo tanto tanto cemento. Era uno dei fedelissimi di Ancelotti, pretoriano prezioso in tutti i trionfi del Milan recente; abile nel tackle, affondato con quei tipici calzettoni abbassati e piegati dentro i parastinchi, VOTO 7,5.

VOTO TOTALE 38,5


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