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LA LETTERA DEL TIFOSO: "Il senso del calcio per la vita" di Andrea

di Redazione MilanNews

Nietzschianamente parlando, in me convivono una componente apollinea e una dionisiaca e sono pari. Esattamente pari, in dignità, valore e grado. Cinquanta e cinquanta. Non c’è nessuna delle due che prevalga sull’altra, sono in perfetto equilibrio. Questo fa della mia vita un’avventura molto emozionante, per quanto a volte un po’ stancante.

In questo momento la componente apollinea mi sta dicendo che il calcio è solo uno stupido gioco, mi sussurra che dovrei guardare le partite con distacco e spirito sportivo, con un decubertiniano aplomb. Perdi una partita? Pazienza. Il giorno dopo ti congratuli con quel migliaio di scimmie malcontate, che fanno il tifo per un diverso colore e ti sputazzano in faccia ogni sorta di bestemmia. 

Fai un bel sorriso e te ne esci in rima, una ballata, in ottenari: 

“Quale gioia in questa sera, 

Compiacermi ora m’è d’uopo, 

La sportività più vera, 

Farà ancor di questo giuoco, 

Una splendida occasione

Per sorridere a un amico, 

Anche se per me è un coglione, 

Io lo penso e non lo dico”. 

Qualcosa del genere. Sarebbe giusto così. La vita è altro. La vita è ricca di affetti e di situazioni in cui godiamo di ampio arbitrio e di interesse diretto. E poi dovrei aver ormai imparato, come Santiago ne “Il vecchio e il mare”, l’umiltà. Dovrei avere ormai il suo coraggio e la sua capacità di lasciarmi alle spalle gli odiosi rivali con un sorriso e un sorso di vino. Dovrei aver imparato a dormire beato, sognando i leoni.  

Ma poi c’è la parte dionisiaca, che rende ventidue giovani, spesso non esattamente iscritti a circoli d’intellettuali, che inseguono un pallone in mutande, una delle più deliranti occasioni di infermità mentale consentite dalla legge. E questa componente mi sta dicendo: “Sì! Li becchiamo ancora e li spacchiamo male! Cosa sei diventato? Una mammoletta, che piagnucola come un Limone qualsiasi, invece di sbavare al solo pensiero di asfaltarli ancora?”. 

È vero, ma c’è un “però”… Io non sarei in campo e l’osservazione inerme, l’accettazione di una predestinazione inappellabile, mi spremerebbe il cuore come l’attesa di una sentenza che fa tremare i polsi. 

Ora, unendo le due cose, io da un lato sono un inappuntabile imprenditore e manager di mezza età, che vorrebbe condurre una vita tranquilla, un dottor Jackyll con la cravatta di seta, un Algernoon rispettabile e pacato. Ma in me ci sono un Mister Hyde, un Bunbury, un Hulk… e hanno tutti la maglia rossonera. 

Tutti noi abbiamo un piccolo mondo, spesso segreto, in cui il nitrato e la glicerina sono ben separati e stabili, ma c’è per tutti un punto di contatto, un innesco instabile, un pericoloso confine. 

Il calcio è il mio, in un certo senso, attiva un congegno che mi toglie l’equilibrio. Quindi quando penso che a quarantacinque anni potrei dover rivivere quel calvario che ho già vissuto quando le mie coronarie reggevano ancora bene, io sto male nel profondo, vado in fibrillazione atriale e mi preparo alla trasformazione. 

Poi, comunque vada, io manterrò la mia dignitosa eleganza o un ferale contegno. Sarò vivo e starò bene, ma passare le colonne d’Ercole di questo orribile gioco, dopo così tanti anni, mi fa terribilmente paura. 

Ercole Savignano, mio carissimo amico trapassato di tante notti insonni, amava ripetere: “Il momento poi viene, senza un ripensamento, e compiango coloro a cui non tocca un tal momento…”. Se deve venire che venga, ma stavolta non sono sicuro di reggere. Non c’è più mio padre, meravigliosa colonna che mi dava sicurezza e sapeva disinnescare ogni mia atroce passione. Non c’è più quel fisico da ventenne che poteva sopportare qualunque insulto e nefandezza. Sono nel mezzo del cammin di nostra vita, a patto che di semifinali di Champions contro quelli col colore sbagliato vicino al nero ne facciano ancora poche, possibilmente zero. 

Sono una persona seria, a modo, saprò come comportarmi, ma non ditemi che non si deve soffrire, perché altrimenti cosa viviamo a fare? 

In fisica si hanno equilibrio stabile, quando l'energia potenziale è minima, e instabile quando l'energia potenziale è massima. E io ne ho tanta di energia, ne ho sempre avuta tanta, ci sono caduto dentro da piccolo, come Obelix. C’è un tempo per tutto e questo è il tempo di mettere via le paure per quel che non possiamo controllare e buttarci nella mischia senza riserve. Solo così si gode appieno, il resto sarà apollineo contorno. 

Ci sono interisti tra le persone cui voglio bene e ci sono tanti milanisti che non sopporto. Ma qui non si fanno prigionieri, adesso è il momento di avere coraggio, ancora di più perché non ci si può far niente se non tifare. E se si perde si accetterà la sconfitta con la sua scia nauseabonda, ma se si vince si volerà su vette mai toccate e, per favore, siate signori nella vittoria. Non vogliamo essere come quelli che non sopportiamo. 

Per prima cosa c’è da affrontare il Napoli più forte di sempre e per qualcuno potrebbe essere un’ottima scusa. Se si perde non si rischiano le coronarie in quel che non può essere nominato. Non per me… Sto per andare a San Siro e qui si fa la Champions o si scompare. Siate con me, fratelli rossoneri, perché la storia siamo noi. 
 

Andrea Bricchi


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