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Maldini e suo papà Cesare: "Difficile fare paragoni tra ere diverse. Quando mi allenava..."

di Enrico Ferrazzi

Paolo Maldini, ospite all’AKOS podcast by Luca Gemignani, ha parlato così del suo rapporto con suo papà Cesare, altra leggenda del Milan

Quando tuo papà allenava fuori lo avete seguito oppure avete continuato a vivere a Milano? “No, no, lui si è sempre spostato in maniera autonoma. Noi siamo sei fratelli, ho tre sorelle e due fratelli, eravamo tutti abbastanza piccoli. La carriera di allenatore è fatta di momenti, magari ti prendono a Parma e dopo sei mesi ti mandano via, non hai la certezza di rimanere e lungo e non conviene spostare la famiglia. Tra l’altro tutti andavamo a scuola e avevamo le nostre attività pomeridiane”.

Quali sono le caratteristiche positive di tuo padre calciatore che ti porti dietro rispetto al calcio che hai vissuto tu? “Mio papà non l’ho mai visto giocare, l’ho visto dai filmati. Ha smesso nel ‘66/67 e io sono nato nel ’68. Quando si fanno paragoni tra le varie ere è difficile secondo me riuscire ad inserire un ragazzo che gioca negli anni 2000 negli anni ’60, e viceversa. Ho avuto la fortuna di iniziare negli anni ’80, dove c’era un certo tipo di educazione e di valori, che poi mi sono portato avanti per tutta la carriera. Poi la conoscenza della specificità della tecnica, della tattica e della preparazione fisica ha avuto negli anni un’evoluzione enorme. Grazie a Dio ho avuto grandissimo allenatori e preparatori che hanno aperto un pochino la strada anche ad una sorta di professionismo un pochino più di alto livello nel mondo del calcio. Nei primi anni non c’erano tanti video, l’unica possibilità era quella di essere trasmesso live sulla Rai o di giocare nella partita del mercoledì sera di Coppa dei Campioni. Non c’era internet, non c’era la possibilità di conoscere le caratteristiche degli avversari se non attraverso degli uomini della società che andavano a vedere le partite. Ma erano tutte cose raccontate. C’era meno conoscenza e meno strumenti per rendere quel tipo di sport più professionale come conoscenza”.

Sulla figura del padre allenatore: “La cosa magari più fastidiosa era soprattutto quando uno è un ragazzo, quando andavo a giocare nei vari campi dell’hinterland milanese sinceramente sentivo quello che dicevano, quello ti dà fastidio. A me non fregava niente, io volevo giocare e divertirmi ma avevo già una pressione che non doveva esserci sinceramente. Poi lì dipende sempre dal tuo carattere puoi reagire in maniera positiva che ti impegni ancora di più o puoi anche mollare, sinceramente dipende molto molto da te. Quello sicuramente influisce sul tuo carattere perché ti fa diventare magari più riservato perché devi sei sempre attento a quello che gli altri dicono… poi grazie a Dio col tempo questa cosa passa. Io sono andato in U21 quando c’era mio papà, ma la gente non dice che mi aveva già chiamato Vicini nell’U21 quella di Vialli e Mancini. La stessa cosa in Nazionale, mio papà è arrivato in Nazionale quando io ero già capitano ed era già 10 anni che ci giocavo, quindi questa cosa era più giornalistica che basata su fatti reali”.
 


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