...Nell'inferno di San SIro il diavolo cerca l'ennesima impresa
di Emiliano Cuppone
La partita più attesa di questo inizio di stagione si avvicina, a Milanello possono avvertire l’odore degli uomini di Guardiola, Ibra sente il “nemico” avvicinarsi, il popolo rossonero scalpita all’idea di una partita tanto spettacolare.
Milan-Barcellona nella Scala del Calcio è la partita che i supporters del diavolo aspettano sin dai sorteggi di fine agosto. I quasi sessantamila abbonamenti alla Champions dicono tanto, le limitazioni all’acquisto degli ultimi tagliandi, riservati ai fedelissimi del diavolo, dice il resto. San Siro sarà stracolmo, come si diceva una volta sarà gremito in ogni ordine di posto e l’atmosfera sarà di quelle speciali.
Allegri è ancora alle prese con gli ultimi dubbi di formazione, indeciso se puntare sulla voglia di riscatto di Alexandre Pato o sulla corsa incessante e l’affidabilità di Robinho; se mettere in campo i muscoli dell’ormai insostituibile Nocerino o affidarsi alla classe ed all’esperienza di Clarence Seedorf.
Guardiola, dal canto suo, deve fare i conti con le assenze pesanti dei due esterni bassi, Dani Alves ed Adriano, oltreché con quella pesantissima del tuttofare Iniesta, vero motore del centrocampo blaugrana.
La sfida sarà ad armi “pari”, si giocherà in 11 contro 11, Allegri l’ha ripetuto all’infinito, quasi come se non tema l’imponenza del gioco dei catalani, quasi come se non si spaventasse di fronte alla dilagante classe di Leo Messi, come se fosse pienamente fiducioso nei propri mezzi e confidasse nell’orgoglio dei suoi.
La partita d’andata aveva detto che il Milan è capace di contenere gli assalti dei ragazzi guidati dal filosofo, e che è capace di fare male a quell’armata invincibile con le ripartenze degli avanti e con la forza fisica. In quella partita mancava Ibrahimovic, non c’era Robinho, Boateng aveva dovuto abbandonare il campo dopo pochi minuti, Nocerino ed Aquilani non erano ancora inseriti a dovere nei meccanismi rossoneri. Il Milan che affrontò quella sfida viveva un momento complicato, il gioco latitava, le gambe sembravano pesanti, i risultati non arrivavano, le critiche iniziavano a fioccare.
Il Milan che dopodomani affronterà il Barcellona arriva da 6 risultati utili consecutivi in campionato, 5 vittorie ed un pareggio immeritato con la Fiorentina sabato scorso. La squadra sembra aver ritrovato la verve nel gioco, ed una consapevolezza offensiva che con Allegri non si era mai vista. La difesa ha ritrovato solidità, vive delle giocate di Thiago Silva e Nesta, si affida alle folate di Abate sempre più continue ed affinate, si regge sulla sagacia tattica di Aquilani, perno della manovra ed abile intenditore. Si appoggia sulle spalle forti di Zlatan Ibrahimovic, sui piedi fatati dello svedese, si aggrappa alla sua voglia di riscatto contro quell’ambiente che l’ha “sputato” perché poco duttile e plasmabile dal filosofo catalano che ha incantato il mondo del calcio, ma che non ha conquistato per niente il burbero di Malmoe.
C’è chi ha parlato di lezione di calcio inferta dal Barcellona con riguardo alla sfida d’andata, chi ha indicato al Milan come squadra aggrappata al catenaccio ed a qualche preghiera verso la porta di Victor Valdes. Il Milan che affronta oggi il Barcellona, con la qualificazione in tasca e la voglia di stupire tutti, sembra avere molte più chance, sembra aver trovato molta più confidenza con il campo e fiducia nei propri mezzi. Il diavolo sarà sorretto da 80 mila sognatori che vorrebbero mettere sotto quella squadra che ha “osato” minare la leadership storica del Milan di Sacchi, sarà nel proprio habitat, un inferno di cori ed affetto a tinte rossonere.
Tante volte abbiamo sentito parlare di quella finale del 1989 che si giocò al Camp Nou, abbiamo sentito ripetere ai protagonisti di allora che il Milan non avrebbe mai potuto perdere contro lo Steaua, perché il calore dei quasi 90 mila giunti in Spagna dava loro una sorta di invulnerabilità. Il Barcellona non è certo lo Steaua Bucarest, il valore della sfida non è certo lo stesso ed in palio non c’è nulla più che l’onore. Ciò che si spera, però, è che San Siro sappia essere ancora l’uomo in più, che la voglia di riscatto sappia fare la differenza ancora una volta, che il Milan sappia ribaltare i pronostici, come accaduto circa 4 anni fa contro quel Manchester United stellare che uscì a testa china dalla Scala del Calcio, con il capo bagnato da una pioggia fitta che profumava di grande impresa.
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